15 Novembre 2013
donneuropa.it

Femminismo e religione: per Luisa Muraro una relazione possibile

Intervista di Marianna Cappi

 

Che cosa l’ha spinta, da non credente, allo studio delle mistiche? Che cosa può dirci ancora oggi la loro esperienza?

La distinzione così drastica tra credenti e non credenti, non mi corrisponde e siamo in molte a pensarla così, forse anche tra gli uomini. Io aspetto che sia ripensata. In generale io aspetto che tutto quello che riguarda la religione possa rinnovarsi alla luce di una ritrovata competenza femminile, nuova e antica insieme. Con il femminismo questo lavoro è cominciato ed è promettente.

Alcune di quelle “esperte” di Dio che chiamiamo mistiche, hanno potuto parlare ai loro contemporanei e hanno ricevuto un posto nella tradizione religiosa. Sono le più note, che in certi casi vuol dire note ma misconosciute o subordinate a esigenze devozionali. Altre sono state silenziate o dimenticate. Il caso di Margherita Porete morta nel 1310) è complesso: lei, condannata per eresia, era sparita dalla storia della Chiesa, mentre il suo libro, Lo specchio delle anime semplici, ritoccato e adattato, si salvò come opera di anonimo.

Oggi, ci rivolgiamo alle già note per conoscerle meglio, alle altre per cominciare ad ascoltarle. In tutte loro risuona la voce di un’autorità femminile nelle cose dello spirito. La civiltà umana, io sostengo al pari di altre e altri, ha bisogno di autorità femminile, oggi più di ieri.

Quale potrebbe essere un’azione politica efficace delle donne nella chiesa? Un confronto teorico o uno scontro con la gerarchia ecclesiastica? Insistere sugli esempi di grandezza femminile o fare azioni sovversive come le Pussy Riot in Russia?

Invece di “scontro”, che fa pensare alla guerra, io metterei “conflitto”.

Quanto alle Pussy Riot, esse hanno agito contro il potere politico di Putin e hanno usato l’edificio sacro non per profanarlo ma per dare maggiore risalto alla loro temeraria protesta. Il clero e i fedeli sono rimasti scandalizzati, ma non è detto che la Vergine Maria (alla quale le Pussy hanno chiesto di liberare la Russia da Putin) si sia sentita offesa.

Precisato questo, ecco la mia risposta. Chi vuole agire nella Chiesa per cambiarla (e non per distruggerla), uomo o donna che sia, ha una sola strada da seguire, pare a me, che è di obbedire a ciò che Dio ispira, obbedire a Dio e non agli uomini. Le alternative che tu proponi non sono veramente alternative, purché il criterio sia rispettato e non si prenda per comando divino una volontà tutta e solo propria. In effetti, che cosa vuol dire in pratica un’ispirazione divina? Non si può rispondere in generale e in astratto, ma è evidente che per le donne questo equivale a diventare indipendenti dal potere maschile. Quando e come agire, dipende da quelle che siamo e che desideriamo, da quello che crediamo giusto e vero, dalle circostanze, dai mezzi a nostra disposizione… Tutto questo, altro non è che l’agire politico, ossia un agire, nello spaziotempo che ci è dato, per guadagnare esistenza libera e convivenza pacifica rispetto al sistema dei rapporti di forza che vuole dominare il mondo intero. Con la differenza che, essendo la Chiesa una società religiosa, entra in gioco un di più, un eccesso rispetto alle misure umane.

Il suo libro Il Dio delle donne (Mondadori 2003; Il Margine 2012) ha trovato interlocutori tra gli uomini di Chiesa? Qualcuno le ha risposto?

Sì alla prima domanda, quel libro ha trovato lettori e interlocutori tra uomini di Chiesa, così come ha trovato lettrici tra le consacrate (quelle che noi chiamiamo suore), oltre che tra le comuni laiche, femministe e non. Io non mi aspetto di avere successi di massa e il libro non l’ha avuto (prova ne sia che non è stato più ristampato da Mondadori e ora lo pubblica Il Margine di Trento). Ma la risposta venuta da vere lettrici e veri lettori, mi ha ampiamente gratificata.

Lei, nella seconda domanda, sembra chiedere un’altra cosa e cioè se ho avuto risposte specifiche da parte di uomini di Chiesa (la cattolica e le altre, intendo) e questo mi dà lo spunto per precisare la mia posizione. Io non ho formulato domande in quella direzione, tranne quelle fatte in fase di ricerca trovando sempre un aiuto generoso.

Il mio scopo, in negativo, è stato di combattere i pregiudizi antireligiosi e anticlericali specialmente nel movimento delle donne. In positivo, come negli altri miei scritti, mi sono rivolta a donne e uomini (se ci sono e mi pare di sì) che desiderano che a questo mondo ci sia libertà femminile. Per me questo è il nome riassuntivo della libertà umana. Gli uomini indifferenti alla libertà delle donne o, peggio, che si credono in diritto di comandare solo perché uomini, diventano servi di un falso primato. (Qui si annida l’ambiguità del sacerdozio e della gerarchia solo maschile.) 

Detto in breve, c’è femminismo possibile all’interno della Chiesa?

Naturalmente che sì, tant’è che il femminismo è diffuso anche all’interno delle Chiese cristiane e ha dato vita a una ricca teologia femminista. Alcune Chiese ne hanno accolto qualche istanza, penso specialmente al sacerdozio femminile, che fino ad oggi è stato invece escluso da altre tra le più importanti, quella Ortodossa e quella Cattolica romana.

Indubbiamente la società religiosa di tipo gerarchico oppone al femminismo resistenze. Queste sono di natura diversa ma non maggiori di quelle che oppongono altri tipi di società, a me pare. Che ci siano resistenze, d’altra parte, è inevitabile quanto opportuno, purché non perdiamo tempo e non sprechiamo energie in polemiche impostate male, nella difesa dei privilegi e per paura dei conflitti. Che i preti s’informino meglio sul femminismo, che le suore si facciano coraggio e alzino la voce, che le femministe leggano le teologhe e imparino un po’ di religione.

Va detto, per finire, che la società religiosa offre alle donne risorse originali di libertà e di forza. Quali, per esempio? Dio, ci rispondono le mistiche e le sante. La cultura della vita interiore e la familiarità con il linguaggio simbolico, aggiungo io.

 La Chiesa, storicamente un’istituzione guidata da uomini, fa affidamento di preferenza sulle donne per la trasmissione delle pratiche religiose in famiglia. Le donne non rischiano in questo modo d’intrattenere le norme patriarcali?

È ben vero, l’antico ufficio delle donne in ambito familiare per la continuità di usi, costumi e fede, ha comportato anche la trasmissione di norme ingiuste o di valori falsamente assoluti. Ma è inevitabile. Immersi in una civiltà (tale dobbiamo considerare il patriarcato) ne assimiliamo il buono e il cattivo; discriminarli è possibile ma solo in parte. La formazione morale e politica possono aiutarci in questa impresa. Porto un esempio: il pensiero femminista (Adrienne Rich, Nato di donna; il “Sottosopra” Più donne che uomini; Diotima, Il cielo stellato dentro di noi) ci ha insegnato ad aprire conflitti se necessario senza fare la guerra alle nostre madri.

Ci sono epoche di rottura in cui si comincia a vedere qualcosa di quello che non andava. Si cerca allora di operare dei cambiamenti. Ai nostri giorni, un’importante spaccatura che ha fatto vedere cose sbagliate e inique del passato, ha preso il nome di femminismo e, come noto, riguarda il rapporto fra donne e uomini così come la presenza delle donne nella vita pubblica. È stato come buttar giù un muro che toglieva aria e luce. Ma non è tutto rose e fiori, intorno ci sono macerie e per tante cose bisogna ricominciare da capo, per altre inventare il nuovo, per altre ancora portarle con noi, come fecero gli ebrei nella traversata del deserto.

(Intervista di Marianna Cappi a Luisa Muraro, donneuropa.it, 15novembre 2013)

 

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