18 Marzo 2016

In risposta su Fuocoammare

di Pina Mandolfo

 

Gentile Stefania Giannotti,

Sono d’accordo con Anna Di Salvo.

Sono Pina Mandolfo (non Mandolfi), autrice del documentario «Orizzonti mediterranei, storie di migrazione e di violenze». Ho letto il tuo contributo sul documentario di Rosi «Fuocoammare» a seguito di quello di Anna Di Salvo. Sono d’accordo con la tua lettura sull’intensità cinematografica con cui Rosi mostra la tragedia dei naufragi e dei soccorsi. Ma sono d’accordo con la lettura di Anna Di Salvo rispetto al punto di vista strettamente maschile del film e l’analisi lucida di chi è a conoscenza della realtà lampedusana. Per raccontare la quotidianità a fronte del “non quotidiano” degli esuli è veramente riduttivo scegliere una donna nell’esercizio del più stereotipato e servile quotidiano. Ancor peggio è, narrando di esuli che fuggono dalla guerra, mostrare un bambino che immagina, già così piccolo, di guerreggiare. Gli uomini guerreggiano e sono violenti anche quando giocano da bambini o scherzano tra loro al tavolo di un bar, io non so immaginare un testo filmico che non abbia una pedagogia. E vedere un bambino che sogna un mitra nella traiettoria strabica di una fionda per me è il segno di una brutta pedagogia, così come non mi piace una anziana signora che accudisce. C’è poi un grave rimosso nel film di Rosi, che è proprio la realtà dell’isola dove lui è stato accolto e ha vissuto per un anno in funzione dell’ispirazione. Il segno maschile è anche nell’aver scelto come eroe mitico del buon isolano che accoglie e cura il medico del poliambulatorio, tacendo sull’opera dell’intero staff e soprattutto della psichiatra che accoglie gli animi “malati” di molti migranti e molte donne stuprate nel corso del viaggio, donna da lui a lungo intervistata e poi taciuta. La complicità maschile è sottile e visibile ad un occhio “vigile”. Insomma un ottimo lavoro, senza dubbio, utile a colpire lo sguardo dello spettatore e della spettatrice con l’emozione del momento. Ma un film i cui piani narrativi, il mare e l’isola, non si fondono tra loro. La spettacolarità del gesto così importante cinematograficamente non ha riscontro con il piano narrativo di tutto il film. L’epico e il reale stridono tra loro. Comunque questo è un film che divide, molti e molte lo amano, altri/e lo trovano interessante ma noioso, altri non lo apprezzano affatto. Tuttavia in un clima di grave populismo di destra che si aggira pericolosamente in occidente ha una sua funzione, così come è ben accetta la scelta politica della Berlinale.


(www.libreriadelledonne.it, 18 marzo 2016)

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