16 Agosto 2016
www.gansossalvajes.com

Intervista a María-Milagros Rivera Garretas

per la rivista Gansos Salvajes, di Laura Martínez Hortal

 

1 – Cos’è per lei la libertà? E quali crede che siano i prossimi passi da fare sulla strada della libertà femminile?

Per me la libertà è molto più un’esperienza fisica che un diritto. È una sensazione di benessere che viene dall’esperienza che essere viva abbia un senso. Si presenta come un improvviso coincidere, in certi contesti relazionali, delle parole con le cose e con il mio corpo, con la sensazione che si uniscano i pezzi separati del mondo. È qualcosa di semplice e corrente e, al tempo stesso, di raro e prezioso, perché a una donna che ama la libertà, e che per giunta la cerca, la cultura comune fa presto ad andar stretta. Il “di più” femminile non ci sta, e allora lei ha bisogno di politica, ma non di una politica qualsiasi: della politica delle donne. Ha bisogno di fondare, di creare qualcosa in relazione con un’altra o altre.

Per questo la libertà femminile è una pratica. Comincia con il riconoscere autorità a un’altra donna, un’altra donna che la genera. L’autorità non si lascia possedere bensì, come ha scritto Lia Cigarini sulla rivista Duoda, esiste in quanto circola. È un’esperienza molto comune nel femminismo, per esempio: vai a una riunione, ci sono una o più donne che generano autorità, e quell’autorità che tu riconosci te la porti a casa e la aggiungi alla tua vita con il vissuto di felicità e benessere che ti dà il coincidere tra le parole, le cose e il tuo corpo. E si trova, in tutta la sua straordinaria grandezza e potenza, nella relazione tra madre e figlia e, in modo diverso, tra madre e figlio quando da questa impariamo a parlare. Nelle zone patriarcali del mondo, invece, l’autorità si confonde con il potere ed è per questo che da sempre le “autorità” sfilano anche armate.

 

2 – Che cos’è il femminismo della differenza?

È, appunto, la politica delle donne e della libertà femminile. Nella nostra storia occidentale (e non solo in quella occidentale, ma è quella che un po’ conosco) predomina una nozione di libertà subordinata all’individualismo. La differenza sessuale femminile, invece, si pratica sempre in relazione (“io sono diversa da…”) e ha molto a che fare con lo scegliere di essere donna, sapendo che non è una scelta (Libreria delle donne di Milano). Sembra un paradosso ed è per questo che è così fertile, interessante e vero: sono nata donna, scelgo di esserlo, scelgo di non esserlo, una volta e un’altra nella vita. Nell’intimo so che questa è verità. So che quando mi mimetizzo con l’uomo sto scegliendo di non essere donna. Il mondo è uno, i sessi sono due.

 

3 Negli ultimi anni, si sente spesso la parola empowerment quando si parla della donna e del femminile. Come merita di essere considerata questa parola e il modo in cui si usa?

L’empowerment aiuta a far bene le cose sbagliate. I patriarchi che restano in questi tempi di fine del patriarcato sono disperatamente ansiosi che noi donne li sosteniamo proprio facendo ciò che a molti di loro piace tanto: esercitare il potere. Diceva Simone Weil nel XX secolo che il potere degrada chi lo subisce, sì, ma degrada anche chi lo esercita, perché pietrifica. Acquisire potere pietrifica. Avere potere non significa poter fare quello che vuoi, bensì sottomettere altre o altri più o meno intensamente.

 

4 – Qualche giorno fa, alle feste di San Fermín abbiamo visto che cinque donne sono state violentate. Secondo lei, quali problemi sociali riflettono questi fatti allarmanti?

Non sono il riflesso di un problema sociale, ma di un gravissimo problema maschile e della mascolinità attuale. Dico che non è un problema sociale perché della società facciamo parte anche noi donne e non violentiamo nessuno. È importantissimo non permettere che vengano attribuiti alle donne problemi altrui, perché permettendolo contribuiamo a coprire crimini altrui, in questo caso i crimini di delinquenti comuni.

5 – Sotto certi aspetti non subiamo la stessa repressione di generazioni precedenti, ma mi interessa la sua opinione sull’aumento della violenza sessuale in rapporto alla generalizzazione dell’accesso a una pornografia che violenta sistematicamente le donne. Personalmente, vedo una chiara relazione tra le due cose, e lei?

Sì, c’è un rapporto tra l’aumento della violenza sessuale e la pornografia, ma è un rapporto che non si può cambiare attraverso i divieti. Bisogna intervenire prima. In primo luogo bisogna che noi donne scegliamo sempre (se è possibile) di essere e parlare come donne. Ossia, dando forza alla lingua materna e all’ordine simbolico della madre (Luisa Muraro e Comunità filosofica femminile Diotima). In secondo luogo, intervenendo sull’opinione pubblica per segnalare senza violenza che quelli che esercitano la violenza sono uomini; senza dimenticare che non tutti gli uomini sono violenti e che esserlo non li rende felici. Io sento la necessità di un grande dibattito sulla mascolinità e sto tentando di contribuire ad aprirlo sul nostro sito web, nello spazio La violencia de tantos hombres contra las mujeres (“la violenza di tanti uomini contro le donne”) http://www.ub.edu/duoda/web/es/textos/10/180/. Per dare il suo posto alla mascolinità, un posto che è parte del mondo, ma non è il mondo intero. Gli spaventosi avvenimenti degli ultimi giorni (l’assassinio e le vessazioni a Jo Cox, Baton Rouge, Nizza, la Turchia, Monaco di Baviera, oltre agli assassinii quotidiani di donne da parte dei loro partner) vengono presentati come se fossero problemi pressanti dell’umanità, mentre non lo sono. Sono problemi pressanti e gravissimi della mascolinità attuale, sia cristiana che islamica, sia occidentale che non.

 

6 – Lei è stata fondatrice del Centro di ricerca e di studi delle donne Duoda dell’Università di Barcellona e direttrice per 10 anni del master di studi sulla differenza sessuale. In cosa consiste il master e che apporto dà alle allieve?

Il master di Duoda è un’oasi nel sapere universitario. Insegna alle allieve a parlare in quanto donne, riconoscendo e praticando l’eccellenza e la libertà femminile. E a farlo senza essere contro nessuno. Questa la chiamiamo politica del simbolico e consiste nel mettere al mondo il modo femminile di vedere il mondo stesso, sia nel passato, sia nel presente. Per questo diciamo che è un rovesciamento nella propria vita (Diana Sartori) e che è una maestria di libertà, dato che interviene sulle condizioni stesse di quel sapere. Il master può essere seguito anche completamente on line o in modalità di frequenza parziale.

 

intervista a cura di Laura Martínez Hortal

 

 

traduzione di Silvia Baratella

 

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ENTREVISTA A MARÍA-MILAGROS RIVERA GARRETAS

Revista Gansos Salvajes ,

Por Laura Martínez Hortal

 

1-¿Qué es para usted la libertad? Y cuáles cree que son los siguientes pasos que corresponde dar en el camino hacia la libertad femenina? Para mí la libertad es una experiencia corporal mucho más que un derecho. Es una sensación de bienestar que viene de la vivencia de que el estar viva tiene sentido. Se presenta como una coincidencia que se da, de pronto, en ciertos contextos relacionales, entre las palabras, las cosas y mi cuerpo, con la sensación de que se juntan las piezas separadas del mundo. Es algo sencillo y corriente y, a la vez, raro y precioso, porque a una mujer que ama la libertad y, además, la busca, la cultura común se le queda pronto pequeña. El “más” femenino no cabe ahí y, entonces, ella necesita política, pero no una política cualquiera sino la política de las mujeres. Necesita fundar, crear en relación con otra u otras.

Por eso, la libertad femenina es una práctica. Empieza reconociendo autoridad a otra mujer, otra mujer que la genera. La autoridad no se deja poseer sino que, como ha escrito Lia Cigarini en la revista DUODA, existe en tanto que circula. Es una experiencia muy común en el feminismo, por ejemplo: vas a una reunión, alguna o algunas generan autoridad y, la que tú reconoces, te la llevas a casa y la incorporas a tu vida con la vivencia de felicidad y bienestar que da la coincidencia entre las palabras, las cosas, y tu cuerpo. Y se da, en toda su extraordinaria grandeza y potencia, en la relación entre madre e hija y, de modo distinto, en la relación entre madre e hijo cuando aprendemos de ella a hablar. En las zonas patriarcales del mundo, la autoridad, en cambio, se confunde con el poder y, por eso, en otros tiempos, incluso desfilaban armadas las “autoridades”.

2- ¿Qué es el feminismo de la diferencia? Es, precisamente, la política de las mujeres y de la libertad femenina. En nuestra historia occidental (y no solo en esta pero es la que conozco un poco) predomina una noción de la libertad subordinada al individualismo. La diferencia sexual femenina, en cambio, se practica siempre en relación (soy diferente de) y coincide mucho con el elegir que eres mujer, sabiendo que no es objeto de elección (Librería de mujeres de Milán). Parece una paradoja y por eso es tan fértil, interesante y verdadera: nací mujer, elijo serlo, elijo no serlo, una y otra vez en la vida. En lo íntimo de mí, sé que esto es verdad. Sé que cuando mimetizo al hombre estoy eligiendo no ser mujer. El mundo es uno, los sexos son dos.

3- En los últimos años la palabra empoderamiento se escucha mucho para hablar de la mujer y lo femenino. ¿Qué opinión le merece esa palabra y la forma en la que se usa? Empoderarse ayuda a hacer bien las cosas equivocadas. Los patriarcas que quedan en estos tiempos de final del patriarcado ansían desesperadamente que las mujeres los sostengamos precisamente haciendo lo que a muchos les gusta tanto hacer: ejercer el poder. Decía Simone Weil en el siglo XX que el poder degrada a quien lo sufre, sí, y degrada también a quien lo ejerce, porque petrifica. Empoderarse petrifica. Empoderarse no significa poder hacer lo que quieres hacer sino someter con más o menos intensidad a otras u otros.

4- Hace unos días, en las fiestas de San Fermín hemos podido ver que 5 mujeres han sido violadas. ¿Qué problemas sociales reflejan estos alarmantes hechos según su opinión? No reflejan ningún problema social sino un gravísimo problema masculino y de la masculinidad actual. No es un problema social porque las mujeres formamos parte de la sociedad y no violamos. Es importantísimo no consentir que se nos atribuyan a las mujeres problemas ajenos porque, consintiéndolo, contribuimos a encubrir delitos de otros, en este caso delitos de delincuentes comunes.

5- En algunos aspectos no tenemos la represión de generaciones anteriores pero me interesa su opinión sobre el aumento de la violencia sexual con la generalización del acceso a una pornografía que violenta sistemáticamente a las mujeres. Personalmente veo una clara relación ¿y usted? Sí, hay una relación entre el aumento de la violencia sexual y la pornografía, pero es una relación que no se cambia con prohibiciones. Hay que intervenir antes. En primer lugar, eligiendo (si es posible) siempre las mujeres el ser y hablar como mujeres. O sea, fortaleciendo la lengua materna y el orden simbólico de la madre (Luisa Muraro y Comunidad filosófica femenina Diótima). En segundo lugar, interviniendo en la opinión pública para señalar sin violencia que quienes ejercen violencia sexual son hombres; ello sin olvidar que no todos los hombres son violentos y que el serlo no le hace feliz a un hombre. Yo necesito un gran debate sobre la masculinidad y estoy intentando contribuir a plantearlo en nuestra web, en el espacio: La violencia de tantos hombres contra las mujeres http://www.ub.edu/duoda/web/es/textos/10/180/ Para poner la masculinidad en su sitio, un sitio que es una parte del mundo, no el mundo entero. Los sucesos terribles de los últimos días (asesinato y vejaciones de Jo Cox, Baton Rouge, Niza, Turquía, Munich, más los asesinatos constantes de mujeres por sus parejas hombre) son presentados en los medios de comunicación como si fueran problemas acuciantes de la humanidad, y no lo son. Son problemas acuciantes y gravísimos de la masculinidad actual, sea cristiana, sea islámica, sea occidental o no.

6- Fue fundadora del Centro de Investigación de estudios de las Mujeres Duoda de la Universidad de Barcelona y directora durante 10 años del máster de estudios de la diferencia sexual. ¿En qué consiste el máster y qué aporta a las alumnas? El máster de Duoda es un oasis en el conocimiento universitario. Enseña a las alumnas a hablar como mujeres reconociendo y practicando la excelencia y la libertad femeninas. Y a hacerlo sin ir en contra de nadie. A esto le llamamos la política de lo simbólico, que consiste en poner en el mundo las maneras femeninas de verlo, de ver el mundo, tanto en el pasado como en el presente. Por eso decimos que es una inversión en la propia vida y (Diana Sartori) que es una maestría de libertad, dado que interviene en las condiciones mismas del saber. Puede cursarse entero online o de modo semipresencial.

Laura Martínez Hortal

www.gansossalvajes.com

 

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