23 Settembre 2016
marinaterragni.it

La baby-prostituta e Hannah Arendt: una sentenza storica

di Marina Terragni

Cliente condannato a risarcire baby-squillo con 30 libri scritti da donne. Perché la grandezza femminile vale molto più dei soldi.

 

Vorrei proprio essere lì a vederlo, il puttaniere che con la sua carta di credito va in libreria a cercare Emily Dickinson, Virginia Woolf, Luce Irigaray, Hannah Arendt e tutte le altre autrici dei libri che gli toccherà comprare per risarcire la ragazzina di 15 anni di cui ha abusato in quanto “cliente”.

La sentenza della giudice Paola Di Nicola sul giro di baby-prostituzione dei Parioli lancia violentemente un sasso: 2 anni senza condizionale per questo gentiluomo, e quanto ai danni morali –erano stati richiesti 20 mila euro- 30 saggi di pensatrici per risarcire la ragazza.

Vero: come dice Adriana Cavarero, tra le autrici in elenco (“Nonostante Platone”) quei libri dovrebbe leggerseli lui. Ma in questo caso si userebbero quei libri come condanna: a misurarsi con il pensiero femminile -si può ritenere una condanna lo splendore di una poesia di Dickinson?- e non invece come risarcimento alla ragazza. E un risarcimento che trova la forza di sottrarsi alla misura simbolica unica dei soldi per indicare ben altra ricchezza: quella della consapevolezza e dell’appartenenza alla genealogia femminile.

La giudice, in parole povere, non ha usato Arendt e Aleramo come una condanna: la condanna, per lui, è doversi misurare con questa grandezza femminile, che si fa guadagno per lei. Un sorprendente doppio risultato.

Tantomeno ne andrebbe fatta questione di “dignità”: si tratta di mostrare la sapienza e la signoria delle donne, il massimo della loro grandezza, e non il minimo vitale della non-indegnità.

Quei 20 mila euro, se concessi, non avrebbero fatto altro che ribadire che è sempre e comunque questione di soldi: soldi di uomini, per avere i quali la ragazzina si prostituiva; soldi di uomini, che dovrebbero compensare l’orribile sfruttamento, e che invece paradossalmente prolungherebbero l’esperienza prostitutiva.

La mossa della giudice –un a-lato spiazzante rispetto ai precedenti e ai codici- fa irrompere un altro simbolico, un altro linguaggio, un altro modo di vedere le cose. Un precedente che fa ben più che giurisprudenza.

Di primo acchito forse la ragazza rimarrà delusa, e al suo sfruttatore magari non spiacerà risparmiare qualche migliaio di euro. Ma quelle donne sapienti che irrompono nel bel mezzo di una relazione degradante non potranno che lasciare un segno incancellabile.

Qui chi è Paola Di Nicola.

(marinaterragni.it, 23/9/2016)

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