3 Marzo 2016
Metro

La maternità non è in vendita

di Luisa Muraro

 

Surrogata o utero in affitto o gestazione per altri… Capisco quelli che sono stufi di tanto discutere, ma gli sviluppi della tecnoscienza e del mercato globale spingono le cose in avanti, non sappiamo dove. Non è la paura del peggio che mi spinge a parlare.

Un argomento per non parlarne più, dice: ormai è cosa fatta, pensiamo alle persone piccole che sono già arrivate al mondo per questa strada. Sì, io ci penso. Io e tutti ci auguriamo che crescano bene e siano felici. Ci auguriamo pure che, venuto il momento, siano capaci di capire e perdonare la madre naturale e i due che, per chiamarsi padre e madre, hanno tolto a quella donna il titolo di madre e il frutto del suo corpo fecondo.

È stata pagata per questo, lei era d’accordo (si suppone ragionevolmente che lo fosse…). Non basta? No, purtroppo no, perché quello che ha fatto e disfatto, insieme agli aspiranti genitori, appartiene alla sfera dell’indisponibile. Questo è il punto in questione, da guadagnare perché è un punto di civiltà.

Quello che la madre rinunciataria ha fatto (liberamente, supponiamo) insieme ai due che la pagano, non è qualcosa che, se ci sono i mezzi tecnici, se ci sono i soldi, se la legge lo consente, sarebbe a loro discrezione fare o non fare. La libertà liberista di mercato lo consente, non la civiltà umana che parla di diritti, doveri, responsabilità e rispetto delle persone, Siamo cioè in un’altra sfera, fuori dal materialmente possibile/impossibile della tecnica, e fuori dal proibito/obbligatorio/indifferente della legge. Siamo nella sfera dell’umano dove le cose prendono senso e valore, oppure lo perdono. Tra quello di cui possiamo disporre e il non disponibile, c’è un’invisibile barriera per proteggere l’essere umano in quanto destinato alla felicità.

Quando una donna ha accettato di diventare madre, ha una libertà che va sommamente rispettata, anche dalla legge, perché lei sta contraendo un impegno relazionale con un nuovo essere umano. Se non si sente la forza di starci, può tirarsi indietro. Ma nessuno interferisca in quel rapporto con autoritarismi, con leggi o altro, meno che mai con un contratto commerciale.

 

(Metro, 3 marzo 2016)

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