5 Giugno 2015
Il Quotidiano del Sud

Le dimissioni di Elisabetta Tripodi

di Franca Fortunato

 

Elisabetta Tripodi, suo malgrado, ha chiuso prima della scadenza il suo mandato di sindaca di Rosarno perché “tradita” da una donna a causa – come lei ha dichiarato – di “malumori legati a un parere di difformità edilizia emesso dal Comune, destinatario il marito”. Conosco bene l’esperienza amministrativa di Elisabetta per averne scritto più volte su questo giornale e non solo. Condivido con lei una relazione politica avviata con l’incontro del gennaio 2014, organizzato come Gruppo donne di Catanzaro e rete delle Città Vicine sulle “Pratiche di buon governo”, con amministratrici e amministratori tra cui Annamaria Cardamone, Maria Carmela Lanzetta e Wanda Ferro, a cui ha partecipato anche l’ex direttore del Quotidiano della Calabria, Matteo Cosenza.

La notizia delle dimissioni forzate di Elisabetta e della sua Giunta, con il conseguente scioglimento anticipato del Consiglio comunale, mi ha molto rattristata ma non mi ha preso di sorpresa. Mi ha rattristata perché è stata una donna, l’unica consigliera di maggioranza, a decretarne la fine, mettendosi d’accordo con quell’opposizione che sin dal suo insediamento ha lavorato per fare dimettere Elisabetta, così come era avvenuto vent’anni prima con Angela La Rosa, eletta sindaca dopo il primo scioglimento per mafia nel 1988 e fatta dimettere dopo sette mesi con minacce e intimidazioni. Minacce e intimidazioni che Elisabetta ha conosciuto bene in questi anni, ma che non l’hanno fermata, neppure quando è stata costretta ad accettare la scorta, che ha sconvolto la sua vita. La forza di questa donna è stata la consapevolezza, sin dal momento in cui ha accettato di candidarsi, di farlo per portare avanti non il desiderio del suo “partito”, ma il suo desiderio, la sua grande ambizione di fare di Rosarno un paese di cui essere orgogliose e orgogliosi. E c’è riuscita. Si dimette da Signora e noi donne di Calabria dobbiamo esserle grate per quello che ha “sopportato” e saputo fare da donna libera e cosciente. Che le condizioni di perduranza della giunta fossero precarie lei lo sapeva e anch’io, per questo non mi sono sorpresa alla notizia delle sue dimissioni. Dimissioni che a noi donne lasciano aperta una questione che ci riguarda, la qualità delle relazioni tra donne, dentro e fuori le istituzioni.

[…]

Le donne di Rosarno, nonostante la paura, l’hanno fortemente voluta come sindaca e l’hanno sempre sostenuta, anche quelle che non l’avevano votata, che, col tempo, hanno imparato ad apprezzarla e ammirarla per il suo coraggio e per quello che stava facendo per Rosarno. In questi giorni alcuni commentatori hanno parlato di sconfitta di Elisabetta perché anche lei – come i suoi predecessori – non ha portato a termine la legislatura. A costoro vorrei semplicemente fare notare che fare sciogliere un consiglio comunale perché la sindaca e la sua giunta hanno lavorato bene, anzi benissimo, non è la stessa cosa che scioglierlo per infiltrazioni mafiose, come è avvenuto a Rosarno dal 2003 al 2010. Elisabetta non è una sconfitta ma una vincente, una gran Signora. Al di là delle scelte che lei farà a partire dal suo desiderio, resta il fatto che nessun uomo e nessuna donna, nemmeno quelle che l’hanno tradita, potrà mai cancellare la sua esperienza e altre, che verranno dopo di lei, potranno sempre dire “una donna l’ha fatto prima di me, anch’io lo posso fare”. Rosarno dopo Elisabetta non sarà mai più il paese notoriamente conosciuto per la presenza della ’ndrangheta e la mala politica. A lei va tutta la mia riconoscenza per aver saputo affermare e difendere l’orgoglio di essere una donna libera in questa terra, come hanno fatto anche Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciolla, Lea Garofalo, Anna Maria Scarfone e le tante che in Calabria hanno lottato e lottano per la loro libertà e per quella delle proprie simili. Grazie Elisabetta, a nome anche delle donne della rete delle Città Vicine. La nostra relazione resta preziosa per me e tutte noi.

 

(Il Quotidiano del Sud, 3 giugno 2015)

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