20 Maggio 2015
il Manifesto

Liliana Rampello e la geografia di «Ragione e sentimento»

Festivaletteratura. «Sei romanzi perfetti» di Liliana Rampello. Al centro non c’è solo la trama, ma la relazione fra i due sessi

di Alessandra Pigliaru

«Joyce accanto a lei è più inno­cente dell’erba. / Mi mette in imba­razzo lo sco­prire / una zitella inglese della media classe / descri­vere gli effetti amo­rosi del ’contante’, / rive­lare fran­ca­mente e con tale sobrietà / le basi eco­no­mi­che della società».La signo­rina di cui sta par­lando il grande poeta Wystan H. Auden è Jane Austen, impec­ca­bile e sem­pre appro­priata per Edith Whar­ton, e la più grande scrit­trice di tutti i tempi secondo Tomasi di Lam­pe­dusa. Sul suo genio molto è stato scritto ma l’ultimo volume di Liliana Ram­pello Sei romanzi per­fetti. Sag­gio su Jane Austen (Il Sag­gia­tore, pp. 208, euro 18) risponde a una let­tura ine­dita che si muove all’interno della cri­tica let­te­ra­ria con libertà e gra­zia. Letti lungo i tre capi­toli da cui è com­po­sto il volume, i romanzi dipa­nano e mol­ti­pli­cano l’incanto delle pagine di Austen.
A pun­tel­lare l’arco del primo capi­tolo sono Eli­nor e Marianne Dash­wood (le sorelle di Ragione e sen­ti­mento) e Anne Elliot (pro­ta­go­ni­sta di Per­sua­sione). Attra­verso di loro, che emi­nen­te­mente rap­pre­sen­tano l’avvio e il com­pi­mento della costru­zione dei per­so­naggi, l’attenzione è sulla nascita di un impre­vi­sto romanzo di for­ma­zione che, da Austen in avanti, muta in tra­sfor­ma­zione del sé. L’impianto non è quello clas­sico per­ché non c’è l’avventura di un «io» che si sco­pre indi­vi­duo, accade qual­cosa di diverso: la com­parsa sot­tile ed esatta della rela­zione, cioè dello scam­bio sim­bo­lico -e dun­que tra­sfor­ma­tivo – tra i sessi. Il mono­logo viene scal­zato a favore del dia­logo e della con­ver­sa­zione che mostra uno degli ele­menti deci­sivi della scrit­tura di Austen: lo sguardo impa­vido e moderno sugli uomini, che si sot­trae dalla com­ple­men­ta­rietà per rac­con­tare il con­flitto e la dif­fe­renza tra uomini e donne.
Se i tre piani su cui si svi­lup­pano le inten­zioni cri­ti­che di Ram­pello sono per­so­nag­gio, trama e spa­zio, si capirà bene come nel secondo capi­tolo – dedi­cato a Orgo­glio e pre­giu­di­zio e Man­sfield Park – la con­ver­sa­zione sia nomi­nata come azione che va a creare una geo­gra­fia delle pas­sioni, misu­rate o dif­fi­cil­mente gover­na­bili. La pas­sione dell’intelligenza è tut­ta­via quella pre­fe­rita sia dalla scrit­tura di Austen sia da ciò che l’autrice offre in dono alle pro­prie crea­ture fem­mi­nili. Non sono eroine nel senso clas­sico del ter­mine, non sono per­fette e non nutrono idee onni­po­tenti di sé. Non si cre­dono fon­da­tive di alcun­ché eppure lo sono.
Austen inventa la sua nar­ra­zione del mondo, in una trama genea­lo­gica – come già aveva notato Vir­gi­nia Woolf – che non risponde a un pre­ciso plot, piut­to­sto a un intrec­cio che si annoda e snoda lungo le con­ver­sa­zioni, pro­fonda cono­sci­trice com’era del tea­tro, in par­ti­co­lare sha­ke­spea­riano. Nella scrit­tura di Jane Austen, straor­di­na­ria per saga­cia, leg­ge­rezza e costru­zione, la con­ver­sa­zione apre così la trama stessa, mostrando pro­ta­go­ni­ste e pro­ta­go­ni­sti in preda a un desi­de­rio di feli­cità, tema cen­trale di ogni sto­ria auste­niana e che spesso viene con­fuso con la solu­zione matri­mo­niale. Altro desi­de­rio è quello della verità che incon­tro­ver­ti­bil­mente rap­pre­senta anche l’intenzione di Austen; Liliana Ram­pello chiosa infatti sul «dire ine­vi­ta­bile di verità, di una incor­rotta respon­sa­bi­lità verso il lin­guag­gio, in virtù di una piena con­sa­pe­vo­lezza delle ragioni della pro­pria arte, cui non verrà mai meno, come tutti i grandi e veri arti­sti».
Gli ultimi due romanzi ana­liz­zati sono Emma L’abbazia di Nor­than­ger. Lo spa­zio, quelle miglia che sepa­rano Emma dai suoi affetti cor­ri­spon­dono a una pre­cisa scena dell’economia sociale che la scrit­trice sapeva maneg­giare benis­simo. La gran­dezza di tenere il desi­de­rio tra le pro­prie mani e di tra­sfe­rirlo alle pro­ta­go­ni­ste dei suoi romanzi implica un ulte­riore spo­sta­mento di pro­spet­tiva: Austen non rac­conta l’immutabilità di un’economia dome­stica e sociale alla quale le sue ragazze vanno incon­tro sguar­nite e sole; si affac­cia invece una det­ta­gliata car­to­gra­fia morale, che va dalla dif­fe­renza di con­dotta alla sequela di espe­rienze quo­ti­diane.
Così a Eli­nor e Marianne si acco­sterà il tema della con­dotta, ad Anne quello della per­sua­sione e a cia­scuna delle altre una qua­lità che si deli­nea nell’imparare: Cathe­rine dell’Abba­zia di Nor­than­ger impara a distin­guere ciò che è reale da ciò che non lo è, Eli­za­beth di Orgo­glio e pre­giu­di­zio impara a mutare il suo senso cri­tico, Fanny di Man­sfield Park trova la pro­pria libertà attra­verso la mode­stia; Emma lavo­rerà sul buon­senso. Cia­scuna, alla fine di ogni romanzo, incon­trerà la tra­sfor­ma­zione totale di se stessa.

 

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