12 Gennaio 2013
il manifesto

Madame Bovary e il femminicidio

Sarantis Thanopulos

La campagna di denuncia del femminicidio non sembra ottenere i risultati sperati presso l’opinione pubblica, pur trovando molto spazio nei media. Di questa denuncia gli esperti del crimine contestano, dati alla mano, il fondamento statistico: nel passato il numero delle donne uccise era relativamente più alto rispetto a oggi. La costanza di un fenomeno distruttivo all’interno di un clima socioculturale rivoluzionato da tanti punti di vista è, nondimeno, molto allarmante. L’emancipazione femminile non riesce a intaccare il nucleo oscuro della violenza contro le donne: l’estinzione del desiderio. Il delitto passionale è un’eccezione. Messa bene a fuoco l’uccisione della donna esibisce tutta la mancanza di passione con cui si compie. La potenzialità omicida si espande nell’assassino come un cancro dell’anima fino a raggiungere il punto critico del non ritorno (lo stalking può esserne la manifestazione esteriore ma non ha valore di predizione). Per comprendere questo processo occorre partire dalla consapevolezza che ciò che è distrutto non è la donna come persona in sé ma, in modo impersonale, il desiderio femminile. Madame Bovary è il personaggio letterario che narra con precisione, al tempo stesso sofferente e spietata, una distruzione progressiva della femminilità a cui l’ambiente circostante partecipa in modo tanto inconsapevole quanto decisivo. Emma muore inaccessibile e inespressa perché gli uomini che l’hanno avuta hanno indietreggiato di fronte al suo desiderio preferendo chiuderla (ammansirla) nei loro stereotipi difensivi: l’idealizzazione, la seduzione, l’inganno. La sua domanda di desiderio cadde nel vuoto e lei reagì trasformandola in domanda di godimento sfrenato, assoluto che alla fine ha rivelato la sua essenza mistica. In prossimità della morte quando il prete le avvicinò il crocifisso lei «premendo le labbra sul corpo dell’Uomo-Dio depose con tutta la sua forza languente il più gran bacio d’amore che avesse mai dato». La spiritualizzazione della domanda di desiderio sottende tutte le forme di lussuria che, al di là delle apparenze, disincarnano il piacere profondo e tendono a sfociare nell’anoressia di vita. La disincarnazione del piacere alloggia in vicinanza della morte. Flaubert indugia nella descrizione delle convulsioni di morte di Emma mentre tace sulle sue convulsioni d’amore. In realtà descrivendo le prime rende indirettamente il significato delle seconde: il suicidio, per «avvelenamento», della passione amorosa che si verifica tutte le volte che la componente femminile dell’eros nella donna e nell’uomo, il lasciarsi andare senza riserve nell’incontro con l’altro, è rigettata. La passione cede il suo posto alla manipolazione fredda dell’incontro che dietro la frenesia dei movimenti irrigidisce gli amanti nella loro posizione di manichini. Quando la femminilità desiderante è morta nella relazione erotica, può apparire ineludibile (non solo per l’assassino) ucciderla fisicamente nella donna che la ospita, per liberarsi per sempre del desiderio di vederla tornare viva nel mondo esterno e di sentirla risorgere internamente come parte di sé. Flaubert disse: «Madame Bovary sono io». Scrittore tragico (isterico) si identifica, lui uomo, con la passione della sua eroina, ne descrive la caduta come proprio fallimento. Il femminicidio è la spia di un fallimento dell’eros che riguarda tutti anche se è doloroso riconoscerlo.

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