13 Giugno 2015

Non è una risposta, ma una ripresa del problema che pone Michela Barzi


La questione che solleva Michela Barzi è molto attuale, lo è da molti anni. Non è una questione effimera e tanto meno si riduce a un confronto tra Spagna e Italia, per altro interessante. È la questione dei rapporti tra movimento femminista e politica. Ecco com’è stata formulata in passato:

 

Il femminismo è intraducibile in termini politici tradizionali, benché non possa farne a meno. Articolato punto per punto in obiettivi determinati, il femminismo si traduce e si tradisce al tempo stesso. Non c’è conquista politica che non comporti il rischio di ritorcersi contro le donne, da una parte; non c’è progetto politico, dall’altra, che possa assumere l’esigenza femminista. Per questo, non c’è dubbio, il femminismo si è costituito in movimento e ha sempre molto resistito ad assumere la forma di un partito. Radicale, deve venire a patti con le riforme; postmoderno, deve utilizzare le risorse dell’organizzazione sociale moderna. In questo momento di crisi del moderno, il femminismo corre dei rischi affidandosi alla politica non meno di quelli che corre se resiste a passarci attraverso. (La crisi del moderno di Françoise Collin)

 

Il femminismo è sul filo del rasoio o lo era per colei che scrisse queste parole, a metà degli anni Ottanta, nell’introduzione di un libro sull’originalità del femminismo. Françoise Collin è morta quasi tre anni fa, era cresciuta tra Bruxelles e Parigi, ha fondato e diretto la rivista Les Cahiers du Grif . Romanziera di formazione filosofica, dopo la svolta femminista si dedicò al movimento delle donne, viaggiando nel mondo francofono, dal Canada al Libano; è conosciuta e amata anche in Spagna e Italia.


(www.libreriadelledonne.it, 13/6/2015)

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