18 Marzo 2016

Pappa e neorealismo…non è ora di cambiare?

di Anna Di Salvo

 

 

Dico subito a Stefania Giannotti che il taglio messosi in funzione per lei è stato abbastanza analogo a quello che, nell’immediatezza della fruizione dell’opera, si è messo in funzione per tanti/e che abbiamo preso visione del film «Fuocoammare» di Gianfranco Rosi (del resto era quello il taglio che il regista ci portava a esercitare…), soprattutto per quelli e quelle come lei e me, cresciute a pappa e neorealismo rosselliniano e desichiano negli anni ’60… Così come forte e comune per i più è stato l’impatto emozionale con tutta l’opera in sé, tanto per i preziosismi estetici, così come per i simbolismi e le sintesi visive che hanno catturato e gratificato non poco, soprattutto quelli/e in grado di rispondere a simili richiami artistici, echi e sollecitazioni culturali… Richiami e sollecitazioni che subito dopo il primo impatto però, alla luce dei nostri percorsi e saperi di donne, della fiamma che ci ruggisce dentro e che chiamiamo “differenza sessuale” e sulla scia dell’arte filmica sessuata nella quale ci hanno co-in-volte le nostre madri registe, da Alice Guy a Chantal Akermann sino Margarethe Von Trotta e tante altre, scia nella quale riconosco muoversi le registe Pina Mandolfo e Maria GraziaLo Cicero con «Orizzonti mediterranei» e altri loro film, non poteva non esplodere la mia critica femminista a «Fuocoammare» e la mia presa di distanza da quella visione unicamente omosessuale maschile di Lampedusa che Rosi ci offre!

Quello che avevo da dire in merito alle donne e agli uomini di Lampedusa e che Rosi ha scelto di non mettere in luce nel suo film, tranne solamente quelle otto presenze, l’ho già detto nel mio precedente scritto che continuo a sottoscrivere e amen… Ci tengo comunque a precisare per chi non ha visto o vedrà quel film, che il popolo di Lampedusa (se Rosi è stato per un anno a Lampedusa, noi donne e uomini de Le Città Vicine ci rechiamo là da oltre sei anni e abbiamo la pretesa di conoscere bene la situazione…) non approva l’invasione di zone militarizzate invase da radar, apparecchiature, mezzi, e uomini e donne militari delle varie armi e formazioni, presenti in carne e ossa nell’isola, e non sta affatto al fianco della marina militare che, come in molte/i ben sappiamo, non solca il Mediterraneo e il Canale di Sicilia solo per soccorrere i migranti, in quanto per quello bastava il lavoro operoso della Guardia Costiera, ma è là per scopi bellici riguardanti eventuali attacchi, difesa e controllo militarizzato dell’arrivo, dello smistamento e spesso rimpatrio dei e delle migranti. E a pensarci bene, ho apprezzato sì una scena di Fuocoammare, nella quale a mio avviso Rosi fa una critica al processo di militarizzazione dell’isola: quella in cui il bambino giocando a mare con la barca, rischia di rimanere incastrato tra imbarcazioni militari e le vedette della flotta della Guardia costiera ancorate al Porto vecchio.

Saluto la cara Stefania, ringraziandola per avermi consentito di chiarire spero meglio quanto affermato nel mio precedente scritto, e aggiungo che parlando in merito a Fuocoammare, con Rossella Sferlazzo che ha creato insieme ad altre il coordinamento “Mamme di Lampedusa”, sono venuta a sapere che il bambino protagonista del film nella verità non è affatto orfano di madre (nel film vediamo solo il padre e la vecchia nonna, mentre la madre è stata cancellata…). E che lui, Rosi, il regista, è risultato inviso, perché troppo scontroso, a quella popolazione che nel suo film non ha fatto vedere, tranne quelli/e che con la loro bonarietà hanno testimoniato che il “buon selvaggio” esiste ancora… nelle zone di confine.

Bene, continuino gli uomini a mostrare nei loro linguaggi filmici o attraverso altre espressioni, i contenuti e gli aspetti del vivente e del mondo che vogliono trasmettere e mettere a sistema, a partire dal loro sé maschile… Ma noi donne che tanto li accogliamo e li giustifichiamo – e l’analisi del film e del sentire del regista che ne fa Stefania Giannotti ne è la dimostrazione – oggi abbiamo acquisito altre chiavi interpretative e strumenti che ci fanno dire e mostrare che c’è un’altra verità… quella verità che oltre che a noi di sicuro giova anche a loro, ai cosiddetti “ben posizionati uomini”, che al momento sentono traballare i loro incerti piedistalli.

 

 

(www.libreriadelledonne.it, 18 Marzo 2018)

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