30 Maggio 2015
Il Quotidiano del Sud

«SERAPHINE DE SENLIS – artista senza rivali»

di Franca Fortunato


Séraphine de Senlis – Artista senza rivali è il titolo dell’ultimo libro di Katia Ricci, pittrice e critica d’arte di origini foggiane. L’autrice, attraverso lo sguardo di chi cerca nell’altra «qualcosa di sé e del suo essere donna», ricostruisce la vicenda esistenziale e artistica di una delle più grandi pittrici parigine vissute nella prima metà del novecento, «periodo (..) delle avanguardie artistiche, che hanno completamente rivoluzionato la concezione dell’arte.» Séraphine Louis, nota come Séraphine de Senlis, artista autodidatta, orfana, cameriera, a suo modo mistica, si sottrae, però, ad ogni genere e corrente «anche se, per i temi trattati, le sue opere possono rientrare nel cosiddetto genere della natura morta». È l’amore per la natura, infatti, per i fiori, gli alberi, le piante, i frutti, a vivere nelle opere di Séraphine, nata e cresciuta in campagna, dove poté liberamente godere della bellezza del creato, del sole e del verde intorno a sé. «Tra i campi e i boschi si sentiva appagata con la stessa sensazione che provava in chiesa, guardando i quadri che raffiguravano la Vergine, la madre buona, calorosa e accogliente» che la ispirava, come lei stessa testimoniava.

Per vent’anni visse in convento dove «le preghiere, i canti religiosi, le immagini sacre, i colori delle vetrate, le vesti preziose delle immagini della Vergine» le offrirono quell’«atmosfera magica» che, insieme alla natura, fu la fonte di ispirazione e di nutrimento della sua opera. A lei toccò una vita dura, complessa, tragica, finita in un manicomio, ma allo stesso tempo esaltante. Artista autodidatta, raggiunse il successo e la fama grazie all’incontro con il «mecenate e critico d’arte, il tedesco Wilhelm Udhe» che, insieme alla sorella Anne-Marie, vide in lei una grande artista da sostenere, apprezzare e fare conoscere. L’autrice nel corso del libro, corredato dalle figure delle opere di Séraphine, ci porta, con grande competenza, dentro le creazioni dell’artista parigina, rivelandoci la «ricerca di identità femminile di chi, seppur confusamente, non si accontentava e non si identificava nella condizione in cui la società del tempo l’aveva confinata». L’eccellenza di Séraphine, infatti, – come ci dice l’autrice – non consiste solo nella qualità artistica delle sue opere, incredibile se si pensa che fu un’autodidatta, ma nel suo desiderio di essere e diventare la donna che voleva, artista e libera di coltivare il suo sogno, il suo desiderio enorme, la sua passione totalizzante: esprimere il suo io creativo, con la convinzione di avere un’ispirazione divina. È questo che fa di lei, come di ogni donna, una donna e un’artista libera e grande, e perciò non compresa dai suoi concittadini. Per Séraphine la spinta a dipingere era di natura spirituale, l’arte era un modo per esprimere i colori della sua anima, la propria necessità: dipingere per essere. Il vestirsi in modo eccentrico, l’avere comportamenti inusuali, il creare il contatto con la natura e, poi, il dipingere, erano per lei i modi per segnalare il proprio essere, la propria soggettività, l’enorme potenziale creativo che sentiva dentro di sé. Katia Ricci, con grande capacità linguistica e simbolica, riesce a farci vedere e incontrare Séraphine mentre cammina per le strade della sua città; mentre di notte, durante la bella stagione, dipinge davanti alla finestra aperta della casa in cui abitava e canta con voce acuta e stridula canti religiosi; mentre cammina incessante senza meta, ingiuriando i passanti e lanciando maledizioni, quando, ormai, la sua stravaganza è divenuta follia e tutti la evitano e la chiamano “Séraphine la pazza”. Morirà l’11 dicembre del 1942 in manicomio, dove non creò più nulla perché “troppo vecchia”, come lei soleva dire.

 

“Séraphine de Senlis” di Katia Ricci, editrice Luciana Tufani               pgg. 94 € 14,00

 

(Il Quotridiano del Sud, 30 maggio 2015)

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