4 Agosto 2013
la Repubblica

Sì a un governo di cambiamento siamo in 50, decida la maggioranza

t. ci.

ROMA – Concreta, Alessandra Bencini arriva subito al cuore del problema: «Noi senatori siamo quelli che facciamo la differenza». Perché è proprio lì, fra i banchi grillini di Palazzo Madama, che potrebbe nascere un esecutivo diverso da quello tenuto in vita dalle larghe intese: «Se è possibile un governo di cambiamento? Per me sì, ma io valgo uno ed eventualmente deve discuterne l’ assemblea. Siamo in cinquanta e vince la maggioranza». Senatrice Bencini, in una mail Riccardo Nuti ragiona di un mini programma di governo. Per superare le larghe intese e cambiare la legge elettorale con il Pd. «Anche secondo me si può fare. Se dovessimo mai arrivare a questo afflato, dovremmo dare prova di essere volenterosi nel perseguire l’ obiettivo. In modo da verificare, inoltre, se sono gli altri che vogliono tarparci le ali. Ciò detto, secondo me al Pd non conviene. E neanche al Pdl. A entrambi i partiti conviene andare avanti così». Eppure dopo la condanna di Berlusconi sembra uno scenario possibile. «Nell’ eventualità in cui dovessero interpellarci e ci venga chiesto di impegnarci – e per ora è fantapolitica – vorrei che ci chiedessero e accettassero almeno alcuni nominativi di ministri a cinquestelle». Attivisti o anche altre personalità giudicate valide dal M5S? «Penso a personalità autorevoli per i ministeri». Quanti fra i suoi colleghi del Senato sono pronti a ragionare come lei di questo governo del cambiamento? «Non so, forse siamo metà e metà. Ma certo credo ci siano molti delusi per il fatto che tutto il lavoro che abbiamo fatto non è stato considerato. Qui cassano ogni nostra proposta senza neanche leggerla. Tutto il lavoro finisce per essere buttato via. È una cosa che ti demoralizza, per cui magari c’ è chi vuole mettersi in appoggio. Così forse ci ascoltano». Resta l’ ormai annoso problema della fiducia. Il Movimento cinque stelle non intende concederla a nessuno. È possibile trovare una soluzione? «Non lo so, spererei di sì per riuscire a dare le risposte che servono. Noi all’ inizio avevamo tanto da imparare, ma dopo sei mesi siamo migliorati e stiamo iniziando a capire. Però, certo, negli altri partiti c’ è gente che è lì da vent’ anni e conosce tutti i trucchi e i trucchetti…». Dopo l’ apertura di Nuti è arrivata, puntuale, la smentita. Non è la prima volta che accade. Temete di essere “contaminati” anche discutendo di intese con altri partiti? «Non riesco a capire questa cosa del dire e poi non dire. Sono una persona molto semplice e pragmatica, non comprendo certi giochi. Prendo atto, semplicemente. E poi non so a chi rivolgermi, a chi chiedere per la strategia. Rimango ad ascoltare quello che il gruppo ha da dire. Poi, certo, dico anche la mia». Lo fece anchea inizio legislatura. Quando, unica tra tutti i senatori, chiese di mettere ai voti la possibilità di ragionare con Bersani. Alcuni mesi dopo il confronto potrebbe riproporsi. «Se anche si tornasse a parlarne dopo sei mesi, forse lo si farebbe con maggiore cognizione di causa. Ed è meglio così». Non faccia professione di modestia. Forse aveva visto lontano. «No, guardi, dico davvero: non siamo sprovveduti come sei mesi fa. Con il senno del poi è andata bene così. Le cose hanno i loro tempi. E io, che a casa sono una “belva” che va sedata (ride, ndr) al lavoro e in politica invece non accelero mai».

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