22 Maggio 2015

SULLA PROPOSTA DI LEGGE: “Disposizioni penali in tema di abuso delle relazioni familiari o di affido”

di Manuela Ulivi

“Disposizioni penali in tema di abuso delle relazioni familiari o di affido” sostenuta dall’on. Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker, con l’associazione Doppia Difesa, che vorrebbe introdurre un nuovo reato, di abuso delle relazioni familiari o di affido, attraverso l’art. 572 bis c.p. con il quale: «[…] è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque, nell’ambito delle relazioni familiari o di affido, compiendo su minori infra quattordicenni ripetute attività denigratorie ai danni del genitore ovvero limitandone con altri artifizi irregolari contatti con il medesimo minore, intenzionalmente impedisce l’esercizio della potestà genitoriale».

La proposta di legge, così come formulata, riporta una visione arretrata e superata delle relazioni familiari. Dall’entrata in vigore della legge 219 del 10/12/2012 (Parificazione dei figli naturali e legittimi) nel nostro ordinamento è stato introdotto il concetto di “responsabilità” genitoriale, con la conseguente abolizione della parola “potestà” da tutto il quadro normativo in materia familiare.

Intorno al concetto di potestà si radicava una cultura che fondava l’intervento dei genitori sui figli come un metodo di imposizione di una visione del mondo, attraverso modelli e modalità educative che quel genitore riteneva corretti per la crescita e l’istruzione del proprio figlio. Tanti danni e tanti contrasti familiari tutto ciò ha provocato, ma soprattutto è stata sostenuta una scorretta visione dell’impegno e della “missione” di essere madri e padri. Molte coppie di genitori se ne sono infatti discostate percorrendo una più ragionevole strada di “tenere conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli” (art. 147 c.c.).

Il concetto di responsabilità, più coerente con i sentimenti e gli usi attuali, comporta il farsi carico delle esigenze materiali e affettive dei figli, rimanendogli a fianco o allontanandosene per lasciare loro spazi di autonomia e possibilità di socializzazione esterna, in modo adeguato e coerente alla crescita e alle loro necessità.

Dalla riforma del diritto di famiglia che nel 1975 ha abolito la “potestà maritale” a quella sulla parificazione dei figli naturali a quelli legittimi, con l’introduzione dell’unico concetto di “figlio” senza aggettivi e la conseguente affermazione della responsabilità, sostituita alla potestà, molto è stato fatto e tanti sono stati i passi positivi per lasciare alla famiglia, cioè alle madri e padri che la compongono con i figli, la possibilità di vivere nell’armonia e nello sviluppo sereno delle relazioni più delicate e intime delle donne e degli uomini.

La proposta di legge pare voler rompere tutto questo per introdurre sanzioni penali sui comportamenti di ciascun componente del nucleo familiare che dovesse compiere “attività denigratorie” impedendo l’esercizio della oramai abolita “potestà genitoriale”. Si parla di “abuso delle relazioni familiari o di affido”. Certi comportamenti, giustamente da riprovarsi, si rinvengono nelle situazioni in cui i genitori si separano o instaurano gravi conflitti ai danni dei loro figli.

Ma siamo proprio sicuri che questo debba risolversi con un intervento punitivo dello Stato?

Quante strumentalizzazioni e iniziative pretestuose si possono avviare quando una coppia non va più d’accordo?

Si è tenuto conto del “mobbing giudiziario” e della possibilità per il genitore più facoltoso di mettere in scacco l’altro per imporre il proprio modo di gestire la potestà genitoriale?

Potestà, appunto, nel senso di potere e dominio sulle cose, come sulle persone, e non responsabilità nel senso di gestione critica e ricadente in primo luogo su chi la esercita e non sull’altro!

Intervenire in modo autoritario in situazioni così delicate è quanto di più deleterio si possa pensare di fare. Parlare poi di alienazione parentale com’è stato fatto dalle sostenitrici di questa proposta è molto grave.

Conosciamo i danni che determinate impostazioni ideologiche e prevenute hanno fatto e stanno ancora facendo sui figli, soprattutto se inferiori ai dodici anni e non in grado o impossibilitati ad esprimere in modo libero e sincero i loro sentimenti.

Abbiamo amare esperienze di:

  • affidi condivisi gestiti come arma di ricatto sull’altro, del tipo «ricordati che sono io che devo decidere»; oppure «sappi che non puoi fare questo se io non voglio»;
  • minacce esercitate anche solo per dare un senso all’iscrizione ad un corso sportivo o per l’accesso ad una visita sanitaria;

 

tutto in virtù di un diritto potestativo che oggi non esiste più e non di una responsabilità da gestire insieme, comprendendo e mediando le decisioni per assumerle e non per paralizzare l’altro genitore e così le scelte da fare per i figli.

Senza parlare poi delle condizioni di quelle donne, che le proponenti della raccolta di firme per questa legge hanno dichiarato da molti anni di voler difendere: le donne che hanno subito violenza dai loro partner.

Sanno le proponenti che sono proprio questi partner, il più delle volte, a reclamare una potestà, ergo dominio, che non possono più agire dal momento in cui le donne hanno scelto di interrompere la relazione allontanandosi da loro?

Sanno che i figli diventano spesso, tristemente, gli strumenti indiretti dello sfogo e della rabbia di questi uomini verso le scelte di autonomia di quelle donne?

«Tu vai dove vuoi ma non fai quello che ti pare, perché i figli sono anche MIEI!».

I figli li mettiamo al mondo perché siano di tutti, crescano cittadini equilibrati e responsabili, possibilmente fuori da guerre giudiziarie.

Vediamo di evitare di fomentare malamente queste guerre.

 

(libreriadelledonne.it 22/05/2015)

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