21 Febbraio 2020

Togliete quella firma collettiva

di Laura Colombo e Laura Milani


Ogni donna prende la parola per sé, secondo il proprio sentire e le proprie convinzioni, che nascono dallo scambio politico con altre – principalmente. È una pratica femminista radicale, che mette al centro la soggettività. Chi mette il proprio nome su documenti e iniziative può, se lo ritiene opportuno, nominare anche il luogo in cui svolge la sua riflessione e la sua azione politica, la Libreria delle donne di Milano nel nostro caso. Questo non significa l’adesione di tutta la “Libreria” (un noi – o voi, tutto da spiegare) a iniziative o dichiarazioni pensate e formulate da altre. Supporre che la firma di una o più donne comporti automaticamente l’assenso del soggetto collettivo “Libreria”, significa cancellare la presa di parola come pratica che dà forza alla singola e anima alla pluralità.

Ultimamente è comparsa una firma che vogliamo rettificare: riguarda la Declaration on Women’s Sex-Based Rights, in cui compare il nome collettivo della Libreria. Nel sito www.libreriadelledonne.it era stata segnalata l’adesione di una donna della Libreria, insieme alle motivazioni che l’avevano portata a firmarla. Altre donne della Libreria, singolarmente, hanno sottoscritto la Declaration, altre no, non condividendola nell’insieme. Noi che scriviamo, per esempio. 

Ci chiediamo perché e come mai sia stata usata la firma collettiva della Libreria, e chiediamo che venga tolta. Riteniamo che le singole firmatarie, così come le volontarie del gruppo Women’s Human Rights Campaign (WHRC), non abbiano intenzionalmente fatto questa mossa. Dobbiamo però tener conto che la campagna si svolge in rete, e il medium non è indifferente, di più, probabilmente il perché degli inciampi sulla rete sta proprio nelle sue regole, spiegate bene da Shoshana Zuboff nel libro Il capitalismo della sorveglianza. Sono regole predatorie, che legittimano appropriazioni indebite e fake news, termini inglesi che descrivono l’universo della falsità, della manipolazione, della guerra fatta a colpi di attacchi personali e della completa fiducia accordata da chi legge, che non ne mette in dubbio l’autenticità. Non facciamoci ingannare.  

Di autenticità ha vissuto Carla Lonzi e a noi l’ha consegnata come idea radicale, che necessariamente passa dal piano della teoria a quella dell’esistenza, del nostro “qui e ora”. È da questo punto di autenticità che vogliamo partire, per dare un taglio a imbrogli, imposture, malintesi e falsità, come è la vicenda della firma collettiva.


(www.libreriadelledonne.it, 21/02/2020)

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