27 Maggio 2016

Una vetrina speciale

Una lettera di Cristina Tirinzoni dalla Svizzera

Care donne della libreria delle donne,

anche se il mio Italiano non è perfetto, vorrei farvi sapere le mie impressioni e pensieri di ieri sera [si riferisce all’incontro con le artiste che hanno partecipato al progetto “La quarta vetrina” e altre, coordinato da Francesca Pasini il 25/5/2016, NdR ].

Prima di tutto: grazie mille per vostre attività! Di nuovo una serata molto interessante, la discussione dell’arte femminile e/o maschile, ma prima di tutto la discussione di Francesca Pasini sull’argomento dello sguardo e anche sul suo intervento di star attenta al linguaggio femminile.

Lo sguardo: per me è abbastanza inequivocabile l’argomento dello sguardo insieme alle opere dietro/addietro o nella vetrina: siccome è una vetrina speciale dove sono state create da dentro le opere di diverse artiste, c’è questo sguardo da due lati: uno delle persone che passano e che vedono l’opera, ma non solo vedono l’opera, vedono anche la trasparenza della vetrina e può essere che guardano oltre, nello spazio dove era sviluppato questo lavoro e da dentro si può forse vedere questo sguardo, può essere che questo sguardo è pieno di interrogativi siccome si chiede che cosa è, cosa accade dietro questa vetrina. E da dentro lo sguardo è tutto diverso siccome le persone che guardano l’opera da dentro sono più fisse sull’opera. Ma anche lì lo sguardo può andare oltre, la vetrina è trasparente, lo sguardo può perdersi nello spazio fuori… (la mia impressone può essere limitata siccome non ho visto le altre vetrine).

Linguaggio femminile: mi sembra molto importante che Francesca ha puntato sul fatto che soprattutto come donne dobbiamo distinguere entro femminile e maschile nel contesto per esempio di parlare delle professioni, ma anche in altre circonstanze.

Nel 1986 sono stata eletta come delegata del partito verde in Svizzera in un parlamento di una città nel cantone di Zurigo. Siccome il gruppo parlamentare verde non era numeroso, ad ogni riunione ho dovuto parlare su qualunque tema che era trattato in parlamento. L’anno prima del quale ero stata eletta, hanno rielaborato il regolamento comunale e lì era scritta la frase trita che per semplificare utilizzano solo la versione maschile, ma le femmine sono incluse.

Al primo discorso nel parlamento, mia introduzione era che mi riferivo a questo nuovo regolamento e mi permettevo per semplificare parlare solo nella versione femminile, però i maschi sono inclusi. Prima di parlare sul tema, abbiamo dovuto salutare il parlamento nel senso di dire: buongiorno signor presidente/signora presidente, buongiorno colleghi. Il mio saluto e i miei discorsi erano esenti da sostantivi maschili: alla fine della prima riunione che durava 4 ore e io ho dovuto parlare 3 volte, un collega del partito cristiano mi disse che io provocavo gli uomini, e un collega del partito verde mi diceva che non mi ascoltava siccome i miei discorsi contenevano solo la versione femminile.

Solo le colleghe e i colleghi del partito socialdemocratico mi sono congratulati e io ho continuato a parlare nella versione femminile.

Grazie, a presto.

Cristina (della Svizzera)

26 maggio 2016

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