8 Maggio 2010

Introduzione all’incontro cone le autrici di “La deportazione femminile. Da Kharkov a Pesaro. Una storia in relazione”

Circolo della rosa 8 maggio 2010

Introduzione all’incontro a cura di Laura Minguzzi

Questo incontro è dedicato a Irene Kriwcenko e alla discussione con le autrici, ospiti del Circolo, del libro La deportazione femminile, Da Kharkov a Pesaro, una storia in relazione. Le autrici sono Maria Grazia Battistoni, Rita Giomprini, Anna Paola Moretti, Mirella Moretti.

La prefazione è curata da Daniela Padoan, nostra ospite. Il libro è stato pubblicato da Iscop, Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino. Un libro sulla memoria, ci sono bellissime foto, una sorta di album di famiglia di Irene Kriwcenko, della città ucraina di Kharkov, sua città natale, che si trova nel nord-ovest dell’ Ukraina, ai confini con la Russia e la Bielorussia. Foto degli anni 40, tempo dell‘occupazione nazista e foto attuali fatte da una delle autrici, Mirella Moretti. Foto della città di Magdeburgo, del ponte sul fiume Elba, della fabbrica dove Irene ha lavorato, come lavoratrice coatta per i nazisti a Buckau nel Magdeburgo, ex DDR.

Mappe del suo peregrinare, dalla’Ucraina alla Germania e finalmente ad Aqualagna, quando dopo avere conosciuto Ivan, nell’ospedale del campo di lavoro, si sono sposati e si è trasferita in Italia e ha vissuto una nuova vita, in una famiglia italiana, la sua e quella di Ivan. Un libro ben scritto e di questo vorrei felicitarmi con le autrici, un felice esito di scrittura, di piacevole lettura, nonostante l’argomento, ben strutturato, e si sente, amato e a lungo covato con amore e cura per le parole, per i luoghi e per le protagoniste e i protagonisti, per la più parte donne, lavoratrici coatte dell’Est. Come indica anche il bollino Ost in copertina Ostarbeiter.

In viaggio con la storia è il titolo della nostra serata e infatti il mio interesse per questo libro nasce dalla mia storia personale, dai miei studi e dal mio amore per la lingua russa, per la storia del mondo, oramai ex-comunista, di cui l’Ucraina fa parte. Questa estate ho fatto un viaggio per conoscere in carne e ossa alcune donne di Kharkov, per l’appunto, la stessa città di Irene, una magica coincidenza, conosciute attraverso il sito della Libreria con cui sono tuttora in relazione virtuale attraverso il loro sito di storia delle donne.

Nel numero 92 di Via Dogana racconto, nell’articolo dal titolo Ritorno nel mondo ex-comunista, questa mia esperienza di scambio e di ricerca con giovani e meno giovani donne ucraine di oggi.

Nel libro che avete scritto si sente il vostro coinvolgimento nel racconto delle peripezie di Irene, il nucleo vitale, il cuore pulsante della storia, e anche del libro che salta all’occhio anche per la vostra scelta di un carattere di stampa diverso. Prima e dopo questo centro pulsante c’è un immenso e prezioso lavoro di ricerca storica da parte del gruppo di ricerca che ha scelto di mettere in luce la differenza femminile nella deportazione e nei campi di lavoro e di concentramento. Tante sono oggi le testimonianze in commercio, i dati, le statistiche. Ma il taglio di questo lavoro è originale e merita una attenta lettura e un confronto, anche per capire come le nostre ricercatrici per passione hanno affrontato le complesse questioni del rapporto fra memoria, storia e storiografia. Quest’ultima continua ad essere improntata a criteri oggettivi. Noi, del gruppo di storia vivente da anni lavoriamo su questo, cioè sul partire da sé e non pensare solo a sé e qualche guadagno di libertà e visibilità l’abbiamo portato a casa, soprattutto negli ultimi anni, da quando ci siamo messe in gioco in primis nella ricerca e abbiamo posto in primo piano la nostra libertà, come garanzia di una narrazione storica libera, non oggettiva e non manipolabile.

Il cambiamento entra nella narrazione storica e viceversa, le vicende delle donne e degli uomini di cui sto narrando come un effetto boomerang modificano il mio sguardo. E’ un movimento che fa cadere i ruoli fissi, prestabiliti: da una parte la testimone, la testimonianza e dall’altra la ricercatrice, la storica. Mi pare che nell’introduzione Padoan, parli di questo.

Irene aveva necessità di raccontare la sua storia, un bisogno irrinunciabile dell’anima e Anna Paola, Mirella, Maria Grazia, Rita hanno raccolto questo anelito, hanno deciso di conoscerla, voluto incontrarla, hanno rischiato lo scambio, la messa in parole dei suoi ricordi. Una grande disponibilità all’ascolto e al lavoro di verifica, di discussione, di confronto fra di loro e di nuovi orizzonti che si aprono e altri che si richiudono. Porte che si aprono e altre che si chiudono. Altri contatti, altre relazioni, altri dubbi e problemi. Per me il motore primo che rende viva la storia è la relazione politica e io ho sentito che nel vostro libro Irene è il motore primo che rende interessante e viva la storia della deportazione femminile. Le invenzioni, le astuzie messe in atto per salvarsi (si inventa una madre tedesca), attraverso la lingua quella tedesca, la russa, l’ucraina, a seconda delle situazioni, le amicizie femminili, il lavoro, rendono conto di un desiderio di libertà femminile che è sia un rischio che un guadagno allo stesso tempo. Per esempio il conflitto col marito ad Acqualagna, quando decide di andare a lavorare all’università di Ancona, come insegnante, traduttrice, per amore verso la lingua russa, per le soddisfazioni che questo le dava e per il bisogno di non rimuovere, di non cancellare il suo passato, la sua storia è una sfida al contesto ristretto e provinciale degli anni ‘60, che obtorto collo accettava e spesso ostacolava sia l’emancipazione che la liberta femminile.

Lui ha cercato di ostacolarla e voleva che dimenticasse la lingua russa, il suo passato.. E Irene non è tenera col marito un ex- ufficiale dell‘IMI (Internati militari italiani) lavoratore coatto dopo l’8 settembre 43, quando dice che loro erano trattati meglio.

Domande poste alle autrici: Cosa ha prodotto in voi l’incontro fra la soggettività di Irene e il vostro desiderio di ascoltare la sua storia e inserirla in un orizzonte grande? Qual è la motivazione che vi ha spinto a fare questa ricerca e qual è il guadagno di libertà che ne è venuto a voi? Di solito la storiografia sta dalla parte del potere e si rafforzano a vicenda mentre chi ama la storia e narra la memoria sta dalla parte di chi fa politica e non ha potere, semmai desiderio di protagonismo..
Di come hanno lavorato, delle difficoltà, dei piaceri e dei guadagni. Donne presenti nella storia, e presenti anche nella storiografia. Per questo occorrono mediazioni. E qui vorrei da subito avanzare un interrogativo. Potrebbe essere il vostro approccio, la storia in relazione, una mediazione efficace per interrompere, ribaltare la modalità ripetitiva con cui oggi si comunica, si racconta il periodo storico che voi trattare e il tema della deportazione femminile?

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