26 Febbraio 2019

Le Città Vicine a convegno a Milano

di Katia Ricci

 

Report dell’incontro nazionale delle Città Vicine alla Libreria delle donne, Milano 17 febbraio 2019

Nella lettera di invito, si dice che prende «l’avvio dalle esperienze e riflessioni pubblicate nel recente numero speciale della rivista “A&P Autogestione e Politica Prima” della MAG di Verona dal titolo Le Città all’opera, dedicato all’omonimo convegno promosso dalle Città Vicine e da Ada teoria femminista lo scorso febbraio a Napoli nei locali di Santa Fede liberata-Bene Comune e della Casa delle donne per la Restituzione-Bene Comune».

L’incontro molto partecipato ha focalizzato la discussione su alcuni temi in particolare: cambiare lo stile di vita verso una maggiore sobrietà e “povertà”; l’importanza di parlare con e ascoltare per innescare trasformazioni e suscitare empatia anche in chi si mostra intollerante verso i migranti; modificare il linguaggio e cercare parole nuove per uscire da forme di odio e di chiusura, usando anche i linguaggi dell’arte; non enfatizzare il tema dei migranti per non prestare il fianco a paure e intolleranze; ripensare la cittadinanza alla luce della differenza sessuale, dei movimenti dei popoli e dell’invecchiamento della popolazione; necessità di fare politica per accorciare le disuguaglianze e lo squilibrio economico, temi abbandonati dalla sinistra. E se il capitalismo ha vinto, imponendosi anche con la dittatura e gli eserciti, bisogna continuare con la buona politica delle donne con piccoli passi, ma grandi vedute.


Gli interventi

Nella sua introduzione, dopo i saluti di apertura di Laura Minguzzi, Maria Castiglioni mette l’accento sulla necessità di aprire varchi fisici e relazionali all’interno delle città perché fondamentale è la fiducia. Nel convegno di Napoli di febbraio del 2018 ha individuato alcuni varchi aperti in città: i beni comuni, le pratiche artistiche e l’attenzione ai nuovi linguaggi, i legami tra donne che creano cambiamento nelle città e conclude con una citazione di Maria Concetta Sala: «Ho accettato di essere sola davanti al mio destino e non riesco ad aprire varchi se non mi adopero per avere relazioni sensate».

Franca Fortunato nella sua introduzione ha ripercorso la storia delle Città Vicine, nate nel 2000, in un incontro stanziale ad Adelfia (Scoglitti-Ragusa), per iniziativa di Città Felice di Catania. Le Città Vicine – il cui logo è dell’artista Donatella Franchi – sono partite dal Sud e, in questi quasi vent’anni, si sono estese al nord fino all’Europa e oltre, mantenendo una delle caratteristiche fondamentali, quella di tenere insieme donne che fanno lavoro di relazione nella città e donne che lavorano direttamente sulla città, stando in prossimità di vicinanza a tutto quello che accade e si muove nelle città, per capirne e coglierne i mutamenti e interrogarne le pratiche. Lungo il percorso si è guardato a città lontane, divenute vicine per affinità di linguaggi, pratiche e progetti politici, come la città di Barcellona e la sua sindaca Ada Colau che parla di città e femminismo, di rifondare l’Europa a partire dalle città; si è guardato a come la presenza delle e dei migranti stava cambiando il volto delle città e alle buone pratiche di convivenza come a Riace. Le Città Vicine hanno creato spazi di riflessione, di scambi di esperienze di donne e di alcuni uomini che nel quotidiano esprimono cura e amore per i contesti, per i territori, per le città e si mettono in gioco e tessono il volto di un’altra Europa da quella dei muri, delle frontiere, dell’austerità e della finanza. Hanno sempre tenuto insieme i binomi città e femminismo, arte e politica, si sono avventurate a ripensare l’economia, a riflettere sul rapporto tra “politica prima” e “politica seconda”, tra “politica della partecipazione” e “politica dell’esserci in prima persona”, sull’autorità femminile al governo delle città. Il lungo percorso delle Città Vicine è testimoniato dai documenti e dagli scritti contenuti sul blog e all’interno del sito “Donne e conoscenza storica” curato da Donatella Massara, e nelle numerose pubblicazioni, libri e atti dei convegni, pubblicati nella rivista della Mag “Autogestione e Politica prima”. Si è deciso di realizzare un Almanacco che raccolga tutta le storia delle Città Vicine, in occasione del ventesimo dalla loro nascita. Il progetto sarà discusso in un incontro di vacanza politica da programmare per questa estate in Calabria o altrove.

Bianca Bottero rileva come anche Milano, città indubbiamente tra i primi posti della vivibilità, presenta delle criticità avendo basato le sue fortune sullo sfruttamento del suolo e sull’autocentramento, impoverendo l’interland. Legge, poi, un documento inviato dagli urbanisti Giorgio Pizziolo e Rita Micarelli.

Katia Ricci ricorda che uno dei temi di cui le Città vicine si sono occupate fin dall’inizio è la creatività e l’arte. Da alcuni anni, insieme alla Merlettaia di Foggia sono state organizzate mostre itineranti di mail art su Immagina che il lavoro, Lampedusa porta della vita, Kintsugi (arte del riparare), Concepire l’infinito e l’ultima (in mostra durante il convegno), Ci deve essere un luogo in comune… tratto da un passo del libro di Antonietta Potente Come un pesce che sta nel mare (ed. Paoline, 2017). Tanti gli interrogativi, le immagini nelle cartoline: il mondo, il mare, il deserto, il ventre di donna, luogo della vita per antonomasia, luoghi nati da donne che elaborano pensieri e linguaggi, che tengono conto della differenza e della singolarità in relazione. Non ci sono luoghi lontani in cui occorre andare, non bisogna necessariamente spingersi lontano per essere se stesse/i e trovare il proprio posto, come ricordano Adele Longo, riproponendo poesie di Emily Dickinson, Vittoria Di Candia, Clelia Iuliani, Donatella Franchi che nella sua cartolina riporta la fotografia di una delle madri di Plaza de Mayo che cucina con addosso un grembiule con il volto del Che, perché la politica è vita vissuta ed è attenzione al quotidiano. Stessa idea della politica nelle cartoline di Cornelia Rosiello, Antonietta Lelario, che mette l’accento sulle pratiche politiche delle donne, come fanno anche Anna Di Salvo, Donata Glori, Clelia Mori e Pina Nuzzo che fa riferimento alla coraggiosa denuncia di Rachel Moran, autrice di Stupro a pagamento. Opere che contengono una posizione politica netta e radicale di un femminismo militante. Per molte e molti il luogo in comune è nella nascita che è l’origine comune, nel legame con la natura, nell’attenzione all’ambiente e nella necessità dell’incontro e di stare nelle relazioni.

Per Stefania Tarantino la situazione del mondo è cambiata dal convegno di Napoli e si è imposta la lingua della forza e della chiusura. Nota che le Città Vicine mettono al centro la fragilità che non è una debolezza, anzi è una forza perché è importante il legame di fiducia anche con chi è lontano per sconfiggere l’attuale narrazione “tossica” degli eventi. È necessario riprendere il discorso di Virginia Woolf nelle Tre ghinee e modificare il modo di vivere, basandolo sulla povertà, che non significa miseria, ma ciò che basta, ricerca dell’essenziale, anche nel pensiero che sia legato alla quotidianità. In un periodo in cui c’è una perdita dell’empatia vivere in povertà significa ricerca “del più profondo”.

All’origine delle città vicine, ricorda Clara Jourdan, c’è una proposta politica di vicinanza tra città a partire dalle relazioni tra donne che le abitano, una mediazione femminile che cambia lo sguardo sulle altre città oltre che sulla propria.

Sandra Bonfiglioli illustra le pratiche del LabMi, pratiche della vita quotidiana in città raccontata da 15 donne alle partecipanti al laboratorio che hanno riflettuto insieme su che cosa si mette in gioco in città nella vita quotidiana di ciascuna.

Pinuccia Barbieri, che abita in una zona pre-periferica, sottolinea la necessità dell’impegno anche individuale e racconta dell’azione che sta svolgendo per recuperare uno spazio degradato ma privato, un’ex tipografia, perché possa diventare una zona verde restituita alla città.

Sull’impegno individuale si è soffermata Marirì Martinengo che grazie alle Città Vicine ha capito che quello che ha fatto a Savona, sua città d’origine, vale a dire la creazione di una biblioteca, è un lavoro politico e non sentimentale.

Anna Di Salvo si dice d’accordo a nominare d’ora in poi “politica” delle Città Vicine, come aveva suggerito Clara Jourdan, invece che “rete”. Pensa sia venuto il tempo di lavorare insieme a tematiche comuni e progetti condivisi pur nel rispetto delle reciproche peculiarità, per esempio l’immigrazione perché attraversa molte/i delle Città Vicine, cercando mediazioni con gli uomini e le donne che rifiutano la presenza dei /delle migranti. È una questione spinosa e bisogna intensificare l’ascolto delle ragioni dell’altra/o e trovare soluzioni e parole che favoriscano la comunicazione e lo scambio per dare corso a una nuova visione di cittadinanza e a un nuovo senso del vivere la città legato alla differenza femminile.

Elisabetta Cibelli riflette sul clima di intolleranza e sullo scritto di Luisa Muraro su Simplicio. Come poter intercettare la sofferenza in chi sostiene certe posizioni intolleranti e come suscitare la loro comprensione? Gli uomini sono usciti dal patriarcato quando hanno capito che c’era una perdita di realtà e di soggettività, dunque è necessario lavorare su questo anche per avvicinare gli intolleranti alla realtà dei migranti. Riporta l’esempio di una donna rifugiata che ha accompagnato in ospedale, dove un medico si è mostrato in un primo momento saccente, non volendo riconoscere la violenza subita dalla donna, ma quando lei gli ha raccontato la condizione della donna, dentro di lui è avvenuto un cambiamento. Non riconoscere la violenza è un’ulteriore violenza fatta non solo a quella donna, ma a tutte. È opportuno lavorare su come innescare una trasformazione nell’altro anche quando è addirittura un nemico. E conclude: «O guadagniamo tutte o nessuna».

Mirella Clausi, riprendendo l’intervento di Elisabetta, osserva come solo i corpi riescono a parlare veramente. Riguardo agli stranieri in città che arrivano per turismo o migrazione, nota che si dà al turismo un’accezione positiva e alla migrazione una negativa, giudizio che si potrebbe capovolgere: ci sono, infatti, città diventate dei ghetti per turisti oltre che per i migranti. Il turismo ha degli aspetti sicuramente positivi, ma omologa le città e provoca una perdita delle relazioni. I migranti possono essere una risorsa, ma se li si ghettizza, si provoca un aumento della delinquenza, come si vede a Catania che è cambiata per quanto riguarda l’accoglienza. Di qui la necessità di collegarsi con altre e altri delle varie associazioni, ma c’è difficoltà a mantenersi integre nella politica delle donne. Nota, però, che avviene qualche cambiamento positivo grazie alle pratiche dell’ascolto, del manifestare affettività e dell’appoggiare il desiderio altrui.

Ada Maria Rossano lamenta la mancanza delle e dei giovani e fa riferimento a quanto sta accadendo in Belgio, in Svizzera e in altre parti dell’Europa del Nord, dove stanno scioperando per l’ambiente, cosa di cui si parla poco.

Per Luisa Muraro il tema dell’emigrazione ha subito un’enfasi e questo porta all’incitamento del razzismo. In realtà l’ostilità xenofoba è verso i poveri, atteggiamento che si può modificare. Suggerisce di non insistere sulla migrazione, ma di spostarsi su altri temi e questioni.

Adriana Sbrogiò racconta che il sindaco di Spinea, dopo aver ascoltato Anna Di Salvo sul tema della cura delle città, ha costituito un gruppo di donne e uomini sulla cura della città. Racconta della costituzione presso la biblioteca del Comune di una sezione riservata ai materiali dell’associazione Identità e differenza di Spinea.

Interviene Diana De Marchi del Comune di Milano, presentando il “modello Milano” che tiene insieme la crescita e l’accoglienza e informando che è stato istituito un registro per chi ha perso il permesso umanitario, in modo da dare loro legalità. Il clima di odio tuttavia esiste e chiede, perciò, di unirsi tra tutti coloro che vogliono reagire al linguaggio di odio e all’indifferenza.

Rahel, che lavora nell’associazione “Cambio passo” che si occupa dei rifugiati, dice che per il colore della sua pelle viene sempre presentata come rappresentante della comunità straniera, lei che è romana di nascita. C’è un problema che riguarda il linguaggio, infatti lei, per esempio, viene classificata come esponente della seconda generazione, pur non essendo immigrata. C’è una povertà di linguaggio che rende difficile l’accoglienza. Invita a individuare ciò che è essenziale, perché ci sono troppe parole sul fenomeno della migrazione e c’è un eccesso di chiacchiere che provoca risposte reattive, a lavorare sul linguaggio, a mischiarci ad altri, e a condividere e convivere. Il termine “migrante” è sbagliato perché serve a indicare una condizione eterna, mentre molti sono residenti e soprattutto non si può parlare in assenza dei protagonisti. Rispetto alla proposta di usare le caserme dismesse per ospitare temporaneamente i migranti, dice di essere contraria perché la temporaneità aggiunge senso di precarietà, invece c’è necessità di una risposta di stabilità.

Giusi Milazzo di Catania ringrazia la MAG per aver pubblicato gli atti del convegno di Napoli di cui riprende due temi. Ridiscutere l’idea di appartenenza alla città e al luogo, sforzandosi di evitare il senso di appartenenza e l’idea di cittadinanza. Ciò che è fondamentale è la relazione e la politica delle donne. Altro tema è quello dei beni comuni: a Catania il progetto di predisporre un luogo per le donne maltrattate e sfrattate si sta concretizzando insieme con altre associazioni secondo l’esempio dei beni comuni. Il progetto è di riutilizzare la zona di un ospedale dismesso per accogliere attività sociali per donne, ma anche per sanità rivolta al sociale e laboratori vari.

Anna Potito racconta che Foggia nelle cronache nazionali è una città terribile per il ghetto di Rignano, dove i lavoratori stranieri vogliono stare anche se viene smantellato periodicamente e ricorda che anche a Saluzzo accadono episodi affini, come testimoniato da GianPiero Bernard. Nel nostro territorio avvengono anche cose buone che non vengono menzionate, per esempio in paesi dell’Appennino come Bovino, Monteleone si sono create situazioni simili a Riace. Quasi di fronte al ghetto di Rignano c’è Casa Sankara, sorto su un terreno pubblico dove famiglie senegalesi hanno costruito un villaggio, cambiando anche coltivazione dal pomodoro alla canapa. Nel centro di accoglienza di Emmaus per sole donne alcune ragazze che vi erano ospitate hanno cominciato a lavorare presso famiglie della città, creando integrazione e scambio. Ci sono medici che hanno costituito una rete di sostegno e di aiuto a persone in difficoltà economiche oltre che ai migranti. Il problema è la povertà. Anche a Foggia c’è il progetto di fare un registro per quanti non hanno il permesso umanitario.

Laura Minguzzi sottolinea l’importanza di modificare il linguaggio e invita a dare voce a chi non ce l’ha. Anche lei ha un senso di perdita di realtà quando esce di casa a Rogoredo e si trova tra i senza tetto. Il nodo irrisolto è anche il nostro, dice, dobbiamo risolverlo. E si chiede: “Voglio la realtà o i soldi?” Questo il problema che si è posta quando è andata via di casa e a Bologna ha scelto la libertà, rifiutando l’agiatezza e affrontando il rischio di vivere.

Carla Maragliano dell’associazione delle Giardiniere parla di un conflitto sorto all’interno del gruppo, perché nonostante una lunga pratica di relazione, si reagisce a volte secondo schemi soliti. Il conflitto è nelle relazioni e non ci si deve scandalizzare perché può essere un arricchimento, quindi non va né evitato né applicato lo schema “io vinco e tu perdi” né va vissuto come un attacco personale, ma tematizzato.

Giordana Masotto sottolinea l’importanza della contrattazione, fondamentale dell’agire insieme come riconoscimento della differenza, per potersi riconoscere come soggetti e per poter agire in comune. Ripensare la cittadinanza è una chiave unificante dei rivolgimenti che stanno accadendo. Una cittadinanza attraversata dalla differenza sessuale, dai movimenti di popolazione, dalla crisi della democrazia rappresentativa. C’è un invecchiamento della popolazione che richiede l’esigenza di ripensare le vite che invecchiano e per questo è necessario impegnarsi nel cambio di civiltà.

Per Simonetta Patanè il tema fondamentale è la convivenza tra le differenze, per cui bisogna lavorare in quanto ci sono molti movimenti che hanno un linguaggio antagonista. Ritiene che seppure le pratiche delle donne stanno passando, quando si raccontano si cade nella povertà di linguaggio. È dunque necessario lavorare sul linguaggio, condividere, convivere e modificarsi, individuando ciò che è essenziale oggi.

Anna Di Salvo si dice d’accordo nel non mettere al centro la questione dei migranti e nel riflettere su come interviene la politica delle donne. Quando sorgono conflitti si deve andare alla contrattazione per una nuova convivenza nelle città. Considera importante il discorso sul linguaggio di Rachel che esorta a non usare la parola “migrante”. Parla di autocoscienza abitativa e che prima della cittadinanza c’è la cittadinanza interiore.

Laura Minguzzi sottolinea che prima della cittadinanza c’è la coscienza dell’abitare qui e ora, coscienza che ha attivato nel LabMi raccontando la sua vita quotidiana nei vari quartieri dove ha abitato a Milano. Qui ha conosciuto situazioni molto diverse, da un aspetto internazionale alla vita in un quartiere virtuale dove abita ora. E riporta esperienze molto interessanti di condivisione che sono alla base della nuova cittadinanza.

Per Stefania Tarantino il neoliberalismo non è solo economico, è un sistema vincente che investe anche le soggettività. Non riconosce più il volto di città accoglienti come Catania e Napoli, città che ha subito una mutazione antropologica fin dal 2006 perché il prestigio, il potere e il denaro costituiscono un modello vincente. Per raggiungerlo vengono usati anche mezzi cruenti, la mafia oggi è penetrata anche al nord. Tutti i mostri che S. Weil aveva individuati oggi sono imperanti. Anche il vicino di casa ha assunto un atteggiamento da camorrista. La politica delle città vicine deve agire su questo immaginario, mettendo in campo la fragilità, nel senso weiliano del termine, che riguarda tutti e la povertà. C’è una triade costituita da camorra, fascismo e neoliberalismo. La degradazione non riguarda solo i migranti ma anche noi, c’è uno sradicamento spirituale da parte di tutte, che comporta una perdita di realtà. Non bisogna lasciare la parola sulle donne né alla tecnologia né alle forme di bullismo e di odio.

Clelia Mori è stata colpita dai riferimenti al corpo e all’arte nel racconto del percorso delle Città vicine, per cui illustra il suo lavoro sulle tute bianche a cui sono state costrette le operaie di Melfi che si macchiavano di sangue mestruale e che sono diventate un’opera d’arte esposte prima a Mestre e poi a Foggia. Di qui una riflessione sul sangue mestruale che è sangue di vita.

Maria Castiglioni, riferendosi al mito di Didone, come racconta Elena Ferrante nella Frantumaglia, fondatrice di città, ricorda le mosse simboliche messe in atto da Didone per fondare la città. Didone prendeva dal culto di Era nel mondo greco il rito dell’immersione della statua per togliere la “lordura del coito”. Ancora oggi nel Kossovo c’è la tradizione di ritornare a casa della madre per tre notti per ripurificarsi. È un’interruzione del mondo patriarcale. Didone fugge da Tiro con la sorella e per costruire Cartagine secondo il mito riesce ad allargare lo spazio che le era stato dato, pari alla pelle di un bue, tagliandola a striscioline. Dilatare e inventare lo spazio è una pratica anche delle Giardiniere. Un’altra pratica delle Giardiniere è parlare con tutti, approfittando del fatto che l’istituzione ha delle porosità. Ricorrono anche ad azioni illegittime, ma lecite, come entrare in spazi vietati.

Per Emilia Costa la città non può vivere senza rapporti in entrata e in uscita con il territorio. Una delle donne che ha parlato nel LabMi ha raccontato della campagna e del rapporto che ha stabilito con l’agricoltura. Attraverso di lei ha capito la necessità di interessarsi della bioagricoltura e di diversificare le colture dei semi del pomodoro e del grano.

Maria Bottero parla della superiorità della donna che consiste nella gestazione e nel mettere al mondo la vita. Il senso mitico profondo della fecondità si lega alla natura. Femminismo ed ecologia sono nate insieme negli anni ’70, per cui è fondamentale riparlare della natura e dell’ambiente.

Marisa Guarneri sente incombente la variabile tempo, per cui se l’istituzione, con cui per la sua attività politica è entrata in relazione, non è porosa e non è disponibile, bisogna fare buchi, altrimenti nell’attesa vincono gli altri. Nei progetti con le istituzioni bisogna guadagnarci qualcosa non solo la relazione con le donne, non solo la soddisfazione personale. Lei ha guadagnato delle amiche. Nella politica si dice attaccata alla pratica delle relazioni e all’affidamento.

Luciana Tavernini si riallaccia al concetto di cittadinanza e parla della sua esperienza: quello che oggi succede con i migranti lei lo ha vissuto, perché è figlia di un profugo e lei stessa migrante, anche se non si è mai percepita così, perché si è sempre sentita cittadina del mondo senza barriere. Che cosa cambia pensarsi cittadina del mondo, che cos’è l’essenziale, la povertà? «Mio figlio, per esempio, dice, si veste al mercatino, ma ha comprato il biglietto di viaggio in Sudamerica alla suocera perché fosse vicina alla figlia che partoriva». In certi momenti è necessario spostarsi e oggi vietare alle persone di spostarsi crea un grande dolore. Non devono esserci barriere perché ne va la salute del mondo.

Loredana Aldegheri nota come il governo attuale ha atteggiamenti di chiusura, anche se lei non ha avuto atteggiamenti negativi nei confronti del governo perché i 5 S rappresentano la parte che è in difficoltà economica, la Lega rappresentava il pezzo di società del Nord più povera simbolicamente, anche se oggi è vicina alla borghesia, insomma gli elettori sono la parte più debole della società. E hanno scelto la via più sbrigativa per risolvere i loro problemi. Sappiamo però che le vie sbrigative non portano a niente. Se questo è vero, c’è una responsabilità di tutte di trovare parole semplici che possano arrivare a queste persone per salvarsi insieme. Altro punto importante è il dato economico: il liberismo ha fallito sulla promessa di benessere per tutti, perché i ricchi sono pochi e i poveri crescono sempre di più e ci sono su questo dati allarmanti. Si è prodotta una diseguaglianza impressionante che la sinistra non combatte più. Noi che apparteniamo alla classe media possiamo fare una scelta di sobrietà, ma dobbiamo ridiscutere i paradigmi del sistema economico.

Luisa Muraro interviene dicendo che il liberismo ha vinto, i movimenti operai sono stati sconfitti, perciò dobbiamo ragionare su altre politiche e sul senso della giustizia. Noi donne abbiamo la forza di non lasciarci sconfiggere.

Lia Cigarini sottolinea l’importanza di nominare le pratiche in modo chiaro, per esempio dire la pratica dell’ascolto anche di quelli che hanno paura e che non riescono ad uscire da soli dalle loro paure, ma possono farlo attraverso la pratica delle relazioni, non accusandoli di fascismo e razzismo, ma provando a parlare con loro. Il migrante è il capro espiatorio della disperazione dei più deboli e dei più poveri. È anche necessario insistere su una politica più efficace della democrazia rappresentativa e trovare parole semplici con cui continuare a “martellare”.

Luisa Muraro ricorda che gli economisti nella crisi del 2008 hanno detto di non essere in grado di concepire alternative perché tutto dipende dalla politica, ma la politica è debole. Il capitalismo ha impiegato secoli per creare il suo sistema, il comunismo è partito di slancio ma ha fallito, noi dobbiamo continuare a fare buona politica come stiamo facendo, ma il “mostro” non si distrugge, anzi noi lo nutriamo e lo sosteniamo altrimenti siamo rovinati e, comunque, quello che trasforma la storia non sono i progetti demiurgici che si sono rivelati avventure rischiose, l’importante è muoversi, perciò bisogna muovere piccoli passi e avere grandi vedute, come dice Teresa D’Avila.

Simonetta Patanè si dice in disaccordo perché come facciamo buona politica possiamo fare buona economia: la politica non deve essere separata dall’ecologia e dall’economia, ma tenere insieme tutti gli aspetti che stanno insieme nelle nostre vite. A Napoli si è parlato della città metropolitana che unifica tutti i territori che hanno percorsi interrotti da discariche, case abbandonate ecc. Occuparsi di migranti significa anche trovare posti di lavoro. L’orientamento verso una nuova civiltà è già politica, la risoluzione dei problemi sta insieme a un orientamento del mondo. Ci sono soluzioni alternative in tutto il mondo, sono magari granelli di sabbia, che però possono interrompere i grandi meccanismi quindi non siamo di fronte al mostro impotenti, ma dobbiamo sottrarre energia, intelligenza.

Filippa Di Marzo pensa che uno dei motori che trasforma è l’economia, le sembra che nelle parole di Luisa Muraro ci sia un senso di impotenza. O la politica delle donne è capace di indicare alternative, o non è possibile trasformare nulla.

Conclude Anna Di Salvo, ringraziando la Libreria delle donne e il Circolo dalla rosa per l’organizzazione e l’ospitalità, saluta le/gli intervenute/i, suggerisce la sospensione momentanea di ogni giudizio e di voler permanere in una pausa di ascolto e di riflessione in merito a quanto è stato detto ed è avvenuto durante il convegno. Infine riferisce di un progetto in fieri condiviso con Elisa Varela Rodriguez dell’Università di Girona (Catalogna), riguardo a un convegno delle Città Vicine da tenersi all’Università di Girona, e di un invito della filosofa Maria Concetta Sala della Biblioteca UDI delle donne di Palermo a presentare in un incontro allargato, da tenersi alla Casa Mediterranea, il numero speciale della rivista A.P. della MAG di Verona Le Città all’opera.

Ringraziamo Stefania Giannotti, Nanni Di Salle e Blanca Jaime per l’ottimo buffet speciale studiato per la giornata, per amore della politica delle Città Vicine e per le donne tutte.

I video integrali del convegno sono pubblicati qui:

https://www.youtube.com/watch?v=9MFI0ue8D3k

https://www.youtube.com/watch?v=I8XH48kbrag


(www.libreriadelledonne.it, 26 febbraio 2019)

Print Friendly, PDF & Email