5 Dicembre 2018

Un divino differente

di Mira Furlani

 

Ho seguito l’incontro Donne che cambiano le chiese trasmesso in diretta streaming il 24 novembre scorso dal sito della Libreria, ora visibile in video sul sito stesso col titolo Tutto è ancora sospeso (vedi settore you tube/video). La trasmissione è cominciata con la visione di un video di Lidia Meriggi dove l’autrice fa parlare donne variamente qualificate o variamente impegnate nelle chiese.

Le questioni affrontate sono state tantissime, così pure i problemi e le esperienze messe in campo. Per me l’aspetto più interessante è stato quando si è affrontato il problema della ricerca di un divino differente dalle rappresentazioni ufficiali. L’aspetto di questo problema è stato ben messo in luce dall’intervento di Grazia Villa, avvocata, che fa parte, fra l’altro, del movimento dei gruppi donne messo in moto più di trent’anni fa da donne provenienti dalle Comunità cristiane di base (Cdb). Questo movimento, di cui anch’io faccio parte e sono una delle fondatrici, è stato nominato e raccontato nell’incontro stesso da Doranna Lupi.

In sostanza che cosa ha detto Grazia Villa? Anzitutto ha apprezzato il lavoro di Lidia Meriggi, spiegando però che si sta agendo su due piani: quello delle donne che cambiano le chiese come istituzioni e quello delle donne che stanno generando un Dio che differisce dalle rappresentazioni ufficiali. In quest’ultimo caso il concetto di differenza è fondamentale per il cambiamento.

A questo punto nella discussione si è imposta una svolta, quella di andare oltre le inevitabili contrapposizioni e posizioni che nascono dal voler cambiare le chiese, oltre anche le posizioni di quelle donne che hanno detto io sono cattolica, io sono atea, io ero cristiana poi sono diventata atea, poi sono diventata valdese, io non sono né credente né atea né agnostica… Mi pare si sia capito che questo è un modo fuorviante per esprimere il proprio bisogno di trasformazione interiore perché lascia intatto il simbolico maschile dominante, impedendo al simbolico materno di agire.

Lo stare sul piano di un Dio differente significa indirizzare la nostra ricerca su un divino aperto al simbolico materno dove lo spirituale non viene mai slegato dal materiale; significa immettersi in una dimensione spirituale di cui, nelle chiese e non solo, c’è urgentemente bisogno. Infine significa portare nel mondo parole nuove, capaci di dare “conforto, energia e quasi un reale nutrimento” (Simone Weil). Questo è quello che hanno fatto le mistiche, quello che oggi chiamiamo mistica-politica, espressione felice coniata dalla teologa missionaria Antonietta Potente. Questo è quanto hanno fatto le “quattro evangeliste” nominate da Luisa Muraro: Hadewijch di Anversa, Matilde di Magdeburgo, Margherita Porete, Angela da Foligno. Per loro Dio è madre, nutrice e amante appassionata. Anche per me il loro incontro è stato e continua a essere fonte di ispirazione per la rivelazione e incarnazione di un Dio differente, capacità che nasce principalmente dal desiderio, dall’intuito, dalla sapienza e dalla genialità femminile e che illumina quel mistero amoroso che si chiama Spirito santo.

Luisa Muraro nell’incontro Bookcity Milano, intitolato Simone Weil: un vulcano attivo ha parlato della splendida fioritura di scritture mistiche/teologiche in lingua materna e ha spiegato come l’Europa medievale ebbe questa grandezza, questa magnificenza di pensiero. Anche Simone Weil scoprì questo tesoro e si mise a scavare a mani nude per cercare di portarlo alla luce. Sono le “stanze segrete dell’Europa” dice Luisa Muraro, quelle che sono state tenute nascoste, e aggiunge: Simone Weil intuisce il contatto tra la ricerca mistica e la politica… sa da dove viene la forza di dire la verità, la parola giusta, sa stare in presenza di cose contraddittorie tra loro, senza fantasticare di superarle razionalmente, trova la forza di accettare la contraddizione tra sé e sé senza cercare illusorie vie d’uscita.

Ma a volte, dico io, la realtà domanda che facciamo pazzie, il progetto delle infermiere di prima linea, presentato a France libre da Simone Weil, era un’assurdità, ma lei lo presentò ugualmente pur non essendo una infermiera. Io non sono una teologa né una filosofa, non sono niente, tuttavia dico che il Dio differente non è un problema etimologico come quello di dire Dea al posto di Dio, il problema è di sostanza perché risponde al proprio bisogno di trasformazione interiore e al bisogno urgente per tutte le chiese, cattolica in primis, di un simbolico materno dove lo spirituale non viene mai slegato dal materiale.

 

(www.libreriadelledonne.it, 5 dicembre 2018)

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