13 Settembre 2012

Grazia Varisco “Se…”

 

di Jacqueline Ceresoli


Grazia Varisco presenta “Se…” al Museo della Permanente di Milano
Mostra antologica al Museo della Permanente, Milano


Un ampio excursus sull’intera attività dell’artista milanese dalla fine degli anni cinquanta ad oggi, fino alle più recenti produzioni artistiche con installazioni ambientali. Più di cinquanta le opere selezionate per questa rassegna.


“OH!”
Il mio vuoto esclamativo
quattro chiodi
tre cerchi
due gesti
un niente…
e lo stupore è intenso.”
Grazia Varisco
Jaqueline Ceresoli, storica e critica d’arte, docente e direttora artisticoa TAM scuola d’arte a Montefeltro, curatrice della mostra di Grazia Varisco “Se guardo ascolto lo spazio”, 2006, Rotonda di via Besana, Milano, scrive della mostra alla Permanente.

 

Se non andate a vedere la mostra di Grazia Varisco, una ragazza del ’37, ex allieva di Achille Funi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, che ha esordito nei primi anni’60 con il “Gruppo T”, al fianco di Anceschi, Boriani, Colombo, De Vecchi, vi perdete l’occasione di vivere un’esperienza d’instabilità percettiva, di estensione della quarta dimensione di totale immersione in uno spazio fluido, tracciato dalle ombre delle opere e da giochi di luci che si espandono nell’ambiente. L’imperdibile antologica intitolata “Se” a cura di Giorgio Verzotti, di Varisco, affettuosamente chiamata dagli amici e figli “Cagadubi ” – l’ha  rivelato in conferenza stampa-inizia sulle scale e si estende al secondo piano della Permanente, dove  potrete seguire un ordine  cronologico o tematico; tutto dipende dalla vostra curiosità.
L’esposizione inizia con i “Materici” (1957-59), una decina di opere informali in cui l’artista milanese manifesta un’intesse per i materiali, soprattutto poveri e la possibilità di combinarli, piegarli, assemblarli, impastarli per dare forma plastica all’instabilità. Dal ‘61, è una protagonista dell’arte cinetica e programmata e le sue opere diventano un’opportunità costruttiva, in cui il movimento e il gioco sono al centro della ricerca per dialogare con lo spazio e lo spettatore.
Le “Tavole Magnetiche” (1959-1962), seducono per forme geometriche bianche, nere o di colori primari, dalla forza ipnotica, composte con tasselli colorati disposti con magneti in modo casuale sopra una superficie di metallo. Giocate, spostate i tasselli e capirete perché è una mostra interattiva. Osservate le minuscole sfere, che in verità sono palline da ping – pong tagliate a metà e le reti metalliche trasformate in  supporto trasparente ideale, in cui i materiali sono manipolati per sperimentare le possibilità combinatorie di elementi sottratti dal quotidiano. Queste soluzioni aprono la ricerca dell’artista a diverse possibili variabili formali.
Varisco, in Italia e all’estero è conosciuta per gli “Schemi luminosi variabili” (1961-65), un semplice foglio blu di perspex, un disco rotante e un neon, che creano scie luminose e astrazioni formali in continuo movimento, come i “Reticoli frangibili”(1965-1968), fatti con i vetri industriali lenticolari ( oggi introvabili), che grazie alla loro texture trasparente lasciano emergere segni policromi sottostanti.
La staticità di queste opere si rompe se guardate dallo spettatore da diversi  punti di vista. Altri oggetti d’effetto ottico-cinetico ancora più coinvolgente, sono i  “Mercuriali” (1965-71), in cui l’apparire e lo scomparire di forme crea effetti di luce da vedere più che raccontare. Negli anni ’70, Varisco nella sua ricerca in bilico tra stabilità e levità, introduce il caso, con l’obiettivo cogliere imperfezioni e anomalie costruttive più che le regole.
Queste premesse, la portano alla realizzazione di un ciclo di opere fatte con  carte  di scarto su legno, intitolate “Extrapagine” (1974-1982), serie  nata osservando gli errori di rilegatura e pieghe nei fogli di giornali: è l’inizio  di un “se” costruttivo, in cui la sua attenzione si focalizza sul confronto tra opposti: ordine e disordine, dentro-fuori, sotto- sopra, stabilità e dinamismo, elementi che si coniugano in sculture assi metriche e armoniche insieme.
Queste opere sono definite dall’artista: “un pretesto per una verifica dell’interferenza fra il caso e il programma; addirittura di quella parte di casualità che non essendo ipotizzata (esclusa a priori dall’esperienza esaminata ) non ha  nome”.
Prendono vita a partire dall’osservazione di una piega di una pagina, gli “Gnomoni” (1975-1982), il ciclo di opere, in cui, scrive l’artista “il rigore delle convenzioni della geometria è alterato, reso quasi indecifrabile per effetto della semplice operazione del piegare, lungo il perimetro di un quadrilatero”.
Da queste opere fino a quelle più recenti, Varisco introduce il ritmo e noterete che le ombre si dilatano nello spazio. Fluttuare tra un’opera e l’altra vi provocherà una piacevole sensazione di spaesamento percettivo: questo è un altro gioco messo in scena dall’artista che ha contribuito all’allestimento della  mostra e vi trasformerà in protagonisti, poiché anche le vostre ombre modificheranno la fruizione dello spazio.
La piega, che dà la possibilità di materializzare l’ambiguità della percezione, poi diventa scultura, un profilo metallico, quasi tridimensionale dal titolo emblematico “Disarticolazioni” (1991), “Fraktur” (1997) e “Oh!” (1996), in cui  oltre all’ombra il vuoto diventa il protagonista. Provate ad attraversarli questi “Oh!” e capirete che tra il “se” e i “ma” di Varisco sono premesse costruttive per plasmare opere che stimolano alterazioni percettive.
Le sue opere materializzano ritmi arcani impercettibili, contraddizioni  formali in cui il pensiero diventa  una possibilità per creare strutturare diversi spazi.
I “Silenzi “(2005), sculture da aprire realizzate con tante passepartout sovrapposte, vuoti sempre variabili ed estendibili, come sono i  “Quadri comunicanti”,  forme ripetute che incorniciano il vuoto, oblique e mai allineate che  concretizzano l’instabilità e mettono in scena uno spazio della probabilità.
Dal vuoto si passa al pieno, con il ciclo “Risonanza del tocco” (2010), simili a tasti di pianoforte, superfici colorate da sfiorare che amplificano il suo pensiero “se offro delle probabilità non chiedetemi di più” . Questa frase di  Platone invita ad ascoltate il silenzio che contiene probabilità, attese, un prima e un poi, un durante che forse accadrà… se saprete pensare lo spazio come  luogo mentale del dubbio.
Jacqueline Ceresoli

 

foto Ufficio stampaGRAZIA VARISCO SE …
13 settembre – 14 ottobre 2012
Catalogo: Edizioni Gabriele Mazzotta con una scelta antologica critica e nuovi testi di Giorgio Verzotti e Elisabetta Longari
Orario: da martedì a domenica 10.00-13.00  e 14.30-18.30; chiuso tutti i lunedì
Ingresso: libero
Palazzo della Permanente
via Filippo Turati 34
Milano

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