22 Ottobre 2016

Scala di grigio

dal 22 ottobre al 26 novembre 2016

Chiostro arte contemporanea, Saronno, viale Santuario 11

Info www.ilchiostroarte.it –  info@ilchiostroarte.it – telefono 029622717

Opere di

Arcangelo, Lucio La Pietra, Paola Mattioli

A cura di Cristina Casero

Inaugurazione, sabato 22 ottobre ore 17

Il Chiostro arte contemporanea inaugura la stagione con una mostra nell’ambito del suo ciclo di “dialoghi a tre”. Sono collettive concentrate sull’incontro ideale fra artisti diversi per linguaggio, ma accomunati da tematiche o corrispondenze iconografiche ed è il colore grigio che accomuna alcune delle serie condotte dagli artisti scelti per la mostra. Arcangelo e Paola Mattioli espongono già da anni con la galleria, mentre Lucio La Pietra entra per la prima volta negli spazi del Chiostro, riempiendoli con il vibrante e denso mondo di segni e suoni delle sue videoinstallazioni.

“Scala di grigio” è il titolo della mostra, perché quasi tutte le opere, con un solo paio di eccezioni volute, sono modulate su un pentagramma di note di grigio. Nell’ambito pittorico la creazione del colore Grigio è stato per secoli sottoposto a teorie e a sperimentazioni. La concezione classica considera il grigio come un “bianco sporco”, quindi ottenuto aggiungendo al colore Bianco quantità variabili di colore Nero. Tuttavia, esistono altri metodi per ottenere il Grigio: è il caso del grigio ottenuto mescolando in quantità uguali i tre colori primari (Blu, Rosso e Giallo). Insomma è un colore neutro, ma anche ambiguo nelle sue variabili apparentemente infinite.

Questa mostra vuole essere l’occasione di verificare, attraverso il lavoro di tre artisti che usano media molto diversi, come l’espressione possa passare per un linguaggio basato sul segno e sulla gradazione luminosa, non necessariamente illuminata dal cromatismo. Le luci e le ombre costituiscono, infatti, il lessico delle opere in mostra, sebbene il loro dialettico rapporto venga declinato da ciascun artista secondo le proprie inclinazioni.

I quadri di Arcangelo, scelti tra quelli realizzati nella decade tra metà anni Ottanta e Novanta, con l’intento di ripercorrere una fase importante dell’artista, sono un travolgente fiume di materia pittorica che storicamente reagisce al concettualismo degli anni Settanta, ma diviene una rappresentazione pittorica anche e proprio di tale esperienza. La pittura di Arcangelo accoglie in sé un codice di linguaggio essenziale, per quanto evocativo e struggente nei suoi rimandi alla terra d’origine dell’artista, il Sannio.

Luci, sagome e buio, ecco gli elementi che contraddistinguono alcuni lavori di Lucio La Pietra, artista video e filmaker di successo per le redazioni più giovani della televisione. I ritmi de “La Città che scorre” sono infatti quelli incalzanti della città attuale, ma anche nella videoinstallazione “…ma l’amor mio non muore..”, dedicata all’isola di Filicudi, si é testimoni di  un breve e folgorante accadimento, che porta a riflettere sulla fragilità dei luoghi incontaminati. “I miei monumenti” è un video dedicato ad alcuni simboli della nostra società, con tutto il loro portato di memoria. La quarta produzione voluta per la mostra è “Neoeclettismo”, in cui l’affastellamento di figure e segni grafici ci racconta della bellezza di una cultura aperta a tutte le influenze. I video sono redatti in bianco e nero, quasi un manifesto di scrittura per Lucio La Pietra, capace di fermare lo sguardo di chiunque passi vicino alle sue opere, come un mago, quasi un moderno sciamano digitale.

Per Paola Mattioli, celebre Signora della fotografia italiana, assistente di Ugo Mulas e quindi protagonista in una Milano intensa e politica, gli scatti in bianco e nero sono una parte sostanziale della sua ricerca. Sono stati scelti con l’artista una triade di immagini del gruppo “Capolavoro”, con visioni astratte della materia ferrosa: i minuti interstizi del freddo metallo divengono nuvole poetiche e volatili, come per le “Eclissi” fotografate nel 1999 a Sant’Anna di Stazzema. La componente ironica e affascinante di Mattioli è invece presente nella sequenza “Shangai Express”, dove il soggetto è l’ombra, ambigua e danzante, delle sue stesse mani che fotografano.

L’allestimento scelto dalla curatrice e dalla gallerista Marina Affanni propone un dialogo tra le opere dei diversi artisti e ne nascono affascinanti accostamenti. Ad accompagnare la mostra sono le voci degli stessi autori che raccontano di alcuni aspetti della loro ricerca in un’intervista condotta da Cristina Casero, che così ha voluto rafforzare la coralità visiva delle opere.

 

Arcangelo

Nasce ad Avellino nel 1956. Studia all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 1981 decide di trasferirsi a Milano dove conosce e frequenta numerosi artisti. Sono questi gli anni in cui Arcangelo va elaborando una pittura scura, una vena personalissima e riconoscibile che, pur nascendo nel clima artistico dominato dalla Transavanguardia, si precisa fin da subito per il forte legame con le suggestioni derivanti dalla sua terra d’origine.. Negli anni ’80 nasce il primo ciclo di lavori intitolato “Terra mia”, col quale partecipa alla collettiva “Perspective”, in occasione di Art Basel, Basilea. Seguono le personali alla Galleria Tanit di Monaco di Baviera e alla Galleria Buchmann di Basilea e la collettiva “Nuovi Argomenti” al PAC di Milano. Espone in mostre personali alla Galleria Janine Mautsch di Colonia, Harald Behm di Amburgo e Klaus Lupke di Francoforte. Nel 1987 espone al P.A.C. di Milano, al Museum der Stadt di Esslingen, alla Galerie Maeght-Lelong, Paris e alla Edward Totah Gallery, Londra,  dove Arcangelo apre un suo studio londinese. E’ il periodo di una pittura cromaticamente ridotta ai soli pigmenti del bianco e del nero, con l’ausilio di una componente fortemente gestuale e con una particolare attenzione verso i materiali, che lo avvicina semmai alla sensibilità degli artisti Poveristi. Arcangelo afferma infatti un’appartenenza tutt’altro che folkloristica alle sue radici. Il suo Sannio, terra aspra e dura, celebrata in molte sue visioni, è una zona geografica di stratificazioni multiple, un crocevia di culture e di storie che serba traccia dei popoli che vi abitarono: dai sanniti ai romani, dai longobardi ai bizantini. La continuità e la coerenza del lavoro, nei successivi dieci anni, non gli impedisce di apportare varianti anche significative alle sue opere, che si caratterizzano come veri e propri cicli: le Navi, le Montagne, gli Altari, i Misteri, Verso Oriente e Tappeti Persiani. La superficie si frantuma, entra qualche colore, si raggruma nuovamente, si copre di scritte, viaggi attraverso tutti i “luoghi lontani” del mondo. Oggi antichi segni e nuovi pittogrammi si affastellano sulle tele dell’artista, completando l’alfabeto pittorico che ha reso riconoscibile ed unico il suo stile.

 

Lucio La Pietra

Nato a Milano nel 1977 é laureato in Design al Politecnico di Milano. Lavora e sperimenta nel campo delle arti visive. E’stato docente all’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha fondato un’agenzia di grafica, una casa di produzione video e un fablab. Ha esposto le sue video installazioni alla Triennale di Milano,  alla Galleria Cà di Frà di Milano, al Museo Maxxi di Roma, al Museo MAGA di Gallarate, alla Biennale d’Arte di Filicudi.

 

Paola Mattioli

Nata a Milano nel 1948, si è laureata in filosofia con una tesi sul linguaggio fotografico. Da molti anni si dedica professionalmente alla fotografia di ritratto, ma affronta anche i temi legati alla visione critica, alla complessità del linguaggio visivo e alla specificità di quello femminile, a grandi e piccole storie che affronta con uno sguardo lontano dal classico reportage, con una sottile distanza che mette in gioco con leggerezza e rigore. In ogni sua ricerca emerge la costante riflessione intorno al senso del vedere e del fotografare: un tenace filo rosso che lega gli uni agli altri tutti i suoi lavori. Del suo lavoro è lei stessa a dire di aver scelto di stare contemporaneamente su due piani, uno narrativo e uno concettuale. Nel primo caso privilegia storie connotate da forti nodi tematici, talvolta di impronta sociale o politica; in questo ambito si inscrive anche il ritratto che considera una sintesi di ciò che una persona mostra come suo punto centrale. Alla dimensione concettuale appartiene, invece, lo sguardo che si interroga su quanto sta facendo, la volontà di accostare visioni e linguaggi diversi in una sintesi in cui finalmente si riconosce.  Tra i soci fondatori dell’associazione AMICI del Museo di Fotografia Contemporanea, collabora alla rivista “via Dogana” della Libreria delle Donne di Milano e conduce un insegnamento di fotografia al corso di Psicologia e comunicazione dell’Università Milano Bicocca. Ha esposto in diverse mostre personali e collettive fra cui Immagini del no (1974), Donne allo specchio (1977), Cellophane (1979), Ritratti (1985),  Statuine (1987), Ce n’est qu’undébut (1998), Trieste dei manicomi (1998), Un lavoro a regola d’arte (2003), Regine d’Africa (2004), Perturbamenti (2005), Donne Donne Donne (2012). Tra le sue pubblicazioni Ungaretti, lettere a un fenomenologo (Scheiwiller, 1972), Ci vediamo mercoledì (Mazzotta, 1978), Donne irritanti (Federico Motta, 1995), Regine d’Africa (Parise, 2004), Fabbrico (Skira, 2006), Dalmine (Skira, 2008), Una sottile distanza (Electa, 2008). Nel 1996 ha vinto il Kodak European Gold Award per l’Italia.

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