5 Settembre 2012
Artribune

Silvia Giambrone. Il rito del ricamo e la dimensione del corpo: come cucirsi addosso un racconto

 


La documentazione della performance presentata da Silvia Giambrone al Macro Mattatoio di Roma. Teatro anatomico mette in scena il rito ambiguo del ricamo sul corpo: un vecchio colletto di pizzo diventa tutt’uno con la pelle. Tra simboli sociali e pratiche inedite di narrazione.

 

Farsi cucire addosso un pezzetto di tessuto. Tramutare il tessuto in un’appendice organica: un intarsio sulla pelle, un disegno nella carne. Scriversi addosso, concedersi la pausa di un racconto, come se raccontare fosse esattamente uguale a vivere, come se un racconto fosse una parentesi sul corpo, fatta di segni incarnati, visibili, assimilabili. Descrizioni di una presenza consapevole, in scena.
Il Teatro anatomico di Silvia Giambrone – presentato il 12 luglio 2012 al Macro Mattatoio di Roma, in occasione della mostra “Re-generation” (a cura di Ilaria Gianni e Maria Aliacata) – trasforma lei, l’artista, in una attrice silenziosa, protagonista di una pièce sospesa tra meditazione, metafora ed esperienza fisica. Il merletto che Silvia si fa cucire intorno al collo, offrendo la propria pelle al gesto del chirurgo-sarto, è un accessorio carico di rimandi sottili. Il riferimento è a una specifica dimensione femminile, legata a liturgie ed estetiche proprie di un certo ordine sociale: il colletto da educanda, quello che a scuola guarniva le divise delle bambine, segno di grazia e insieme di disciplina, di ordine e di rigore. L’armonia della normalizzazione.

 

E se il titolo evoca quella dimensione pubblica, quasi teatrale, che avevano un tempo gli esperimenti di dissezione dei cadaveri, apparecchiati sotto al naso di artisti e intellettuali, la drammaturgia breve della performance abita di nuovo uno spazio collettivo, ma per un test dal sapore poetico e insieme politico. La condivisione della dimensione privata del dolore, della costrizione dentro mai tramontati schemi del controllo, si trasforma, sorprendentemente, in bellezza. Nel segno dell’ambiguo, si mescolano il positivo e il negativo, la seduzione e il sacrificio, la schiavitù e la redenzione.
Teatro anatomico mette in scena il rito paziente del ricamo, declinandolo attraverso le soglie e le geografie del corpo. Tra evocazioni di vecchi simboli e pratiche inedite di narrazione.

– Helga Marsala

 

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