Libreria delle donne di Milano  
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Mi è venuta voglia di mandarvi questo piccolo testo, qui allegato. L'ho scritto tre giorni fa, volendo soltanto giocare con le parole, ma andando avanti ho capito che questo gioco era la forma con cui qualcosa poteva rivelarsi ai miei occhi. È qualcosa che ha a che fare con l'esistenza di donne come voi, che fate del mettervi in gioco (nel privato e nel pubblico) un nuovo modo di stare dentro le relazioni e di essere dentro la vita. Semplicemente, ho voglia di giocare con voi!
Con simpatia Giacomo Mambriani

Passare all'adesso

Io passo. Faccio il passo più lungo della gamba, e passo. Sgombro il passo, e passo. Passaggio di passione, per non appassire. Posso. È pazzesco. Come un cerchio tracciato col compasso. Decido di rischiare, e passo. Come Pessoa? E chissà se ritorno, poiché spesso passare vuol dire nel vuoto saltare.
Si era circondati da alte mura, di terra e di sassi. Si viveva in uno spazio ridotto, di cui si credeva di avere il possesso. Di tanto in tanto si abbaiava, ci buttavano un osso. Passavano gli anni, nel fosso. A stento si respirava, addossati gli uni agli altri, e si cercava di non passare per fessi. Si rubava denaro, tempo, affetto e sesso. Ed ecco che il destino cala l'asso (di solito è l'amore che fa un passo): il muro, d'incanto, si abbassa, e felici e tremanti si passa.
Tutto diventa mobile, bellissimo. E si sa che nulla veramente cessa. È l'adesso. Salvare l'adesso diventa l'unica grande passione, la dolce ossessione. Niente più punti fissi, né tassi di interesse, né sorpassi assassini. Nessuno è pessimo. La mia superficie si adatta alla tua: ritmo di concavo e convesso. Accetto di essere perplesso. Semplice e complesso. Non gioco più al ribasso, non dico più: "Abbasso!". Non giudico le masse (però evito la ressa). Assecondo il flusso, abbagliato dai mille riflessi del sole sulle acque.
Meno riflessione, più passione. Poco "abbastanza", molto "assai". Disponibilità all'assaggio. Massicce dosi di passeggio. Naturale alternarsi di alti e bassi. Lunghi filari di cipressi. Dopo la cunetta c'era un dosso. Scopro che mi piacciono i capelli rossi. Clarice Lispector insegna che vivere è un lusso. Sfuggo alle pressioni, rispetto le depressioni. Mi affaccio sugli abissi. A volte non capisco quel che dico, o quel che dissi. Procedo, senza farmi processi. E sono più leggero: anche fallire può essere un successo. E so che felice non sarò mai, se non adesso.

 

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