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Articolo di Io donna, 29 aprile 2005

Ci sono svariate ragioni per essere perplessi sul matrimonio gay, anche noialtri calorosi e devoti amici di gay. La prima è che non è ben chiaro chi sia a volerlo davvero, e perché. Le organizzazioni omosessuali italiane si sono sempre mostrate piuttosto tiepide al riguardo. E anche i singoli gay, a una verifica amicale ed empirica sembrano alquanto distratti, quando non elegantemente insofferenti di fronte all'ipotesi di normalizzazione eterocentrica.
Il matrimonio non è solo questione di "legittime" e di spine da staccare. Il matrimonio non è un diritto tra i tanti, ma un progetto faticosissimo. Il matrimonio è un istituto antichissimo e usurato e pesante quanto basta da non risultare troppo attraente per nessuno, neanche per gli etero, per quanto non si sia ancora individuata una forma materiale e simbolica più congeniale alla triangolazione edipica che consente ai figli di crescere dritti.
Forse oggi si sta parlando di gay per dire qualcosa che ha più a che vedere con l'identità politica di chi lo dice che con la comodità e la serenità dei cittadini omosessuali. Ai quali magari basterebbe non incontrare troppi e ingiusti impicci burocratici e materiali nella libera organizzazione della propria esistenza accanto a chi è loro caro, nella buona sorte degli eventuali acquisti in comune e nella cattiva sorte degli inevitabili malanni: libertà che non può essere più a lungo negata in ragione dell'eccentricità sessuale.
Il frettoloso ed eccitato zapaterismo di pochi politici rischia di entrare in rotta di collisione con gli interessi degli stessi omosessuali, oltre che con il senso comune, che nella sua diffusa e istintiva resistenza all'idea del matrimonio gay va invece ascoltato e indagato. Mi sembra che Laura Boella, docente di Filosofia Morale all'Università statale di Milano, sappia interpretare bene questo senso comune quando afferma che nessun governo transeunte è autorizzato a modificare in profondità con le sue leggi un istituto di lunghissima tradizione, com'è certamente la famiglia.
"Tra diritto e morale" dice "si deve fare una distinzione netta. Trovo giusto che le coppie di fatto, comprese quelle omosessuali, vengano regolamentate. Ma la legge non deve andare oltre il confine dei diritti, degli obblighi e delle responsabilità". Per Boella voler dare un senso alla propria relazione amorosa, eterosessuale o omosessuale che sia, è "un bene immenso per il mondo". Ma in questo la legge non deve mettere il naso. L'articolo 29 della Costituzione deve restare quello che è. La lunga storia della famiglia tradizionale, che pur con tutte le sue crisi mostra di essere un dispositivo di convivenza ancora valido e funzionante, non può essere liquidata con una legge che come un coperchio va a chiudere "il recipiente in ebollizione delle nostre esperienze emotive, morali e spirituali".
Com'è che in questo noi e gli spagnoli, e rispettivi sensi comuni, siamo così distanti? "La Spagna è una nazione in fibrillazione. Anche dal punto di vista filosofico: Maria Zambrano è stata rapidamente spazzata via da Deleuze, da Derrida e dal postmoderno. La Spagna è un paese aereo e volatile, e anche il suo leader lo è. Si muove a salti in un vuoto d'aria, con tutta l'ebbrezza e il rischio che questo comporta. In tutte le questioni umane fondamentali, dalla sessualità alla procreazione, dai sentimenti all'eutanasia, gli spagnoli sono scissi tra l'in-prima-persona e l'in-terza-persona, tra l'io e il cittadino".
Sicché, tutti d'accordo (o quasi) sul matrimonio gay. Ma se poi è tuo figlio a voler sposare un uomo, la bolla scoppia, il sangue ribolle. E la musica cambia.

MARINA TERRAGNI

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