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Commento all'articolo di Piero Sansonetti
di Lia Cigarini
Piero Sansonetti è un giornalista
politico che io stimo molto sia per la capacità di fare una cronaca
precisa ed intelligente di grandi e complessi avvenimenti come sono stati
i raduni di Porto Alegre, di Firenze e di Parigi, sia per la passione
politica che gli permette di captare il linguaggio e la realtà
che cambia.
Tuttavia, nel racconto del forum di Parigi (L'Unità 17 novembre
2003), segnalando la presenza importante delle donne, Sansonetti usa un
linguaggio politico vecchio, prefemminista e contradditorio. Parla, cioè,
di "questione femminile". E sembra ignorare che questa è
una formula che rispecchia un pensiero inconsapevolmente maschilista.
Ben più grave però è un altro punto. Egli sembra
non sapere che da trenta anni il movimento internazionale delle donne
(in particolare in Italia, Germania, Spagna, Polonia, Francia e parte
degli Stati Uniti) ha criticato e decostruito il potere dando esempio
di un agire politico che lo aggira.
Perciò la sua ricostruzione della discussione su questo tema appare
contraddittoria e non corrispondente alla realtà. Egli, infatti,
dice che la forza del movimento no-global sta nel fatto che non si è
mai posto l'obiettivo del potere e sostiene che da qui partirebbe la nuova
battaglia delle donne. E' vero il contrario: per anni le donne riunite
in piccoli gruppi hanno messo in parola la loro esperienza del mondo tentando
di costruire un altro ordine di relazioni tra donna e uomo a lato della
politica maschile di potere. E da quelle pratiche e da quel sapere ha
preso ispirazione il movimento no-global, come sottolinea Naomi Klein
con la celebre sintesi; "il movimento dei movimenti è donna".
Il ragionamento di Sansonetti continua così: il movimento vuole
trasformare il potere in semplice meccanismo di organizzazione e così
si abolisce il vantaggio maschile che sta tutto nel potere. Ed ecco risolta
la questione femminile!
Poi riferisce dell'applaudito discorso di Gundrum Schyman dirigente della
sinistra svedese che, partendo dalla constatazione che più della
metà numerica del mondo, le donne, sono fuori dal potere, chiede,
perché ci sia più democrazia, una spartizione numericamente
equa del potere. Siamo in piena confusione. E' una confusione che ha origine
nello stesso movimento i cui dirigenti hanno sempre privilegiato il femminismo
di denuncia e di rivendicazione del potere. E non vedono le pratiche politiche
che mettono in discussione il potere alla sua radice, nella sessualità,
nell'esperienza quotidiana di rapporti tra uomini e donne. Dico cose che
molte hanno già segnalato, specialmente a Firenze, penso in particolare
alla critica mossa da Paola Melchiorri.
Qui a me non interessa tanto la discussione nel movimento no-global bensì
capire come mai Sansonetti e insieme a lui tanti uomini sensibili ad una
collocazione dignitosa delle donne nella politica democratica (che è
comunque equilibrio di poteri) o addirittura attratti dalla pratica politica
delle donne, alla fine danno l'impressione di non capire le nuove questioni
poste dal movimento delle donne.
Quasi mi viene da dire: ma allora esiste una questione maschile. Mi riferisco
alla identificazione di sé uomini con un punto di vista universale,
che non può non comprendere in sé tutto e tutti, identificazione
che l'uomo difende spesso a forza di sordità verso la compagna
della vita o quella di riunione, seduta lì, al suo fianco.
Lia Cigarini
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