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Roma - Fondazione Olivetti, 26 settembre
2006
Goliarda Sapienza, L'arte della gioia
presentazione di Clara Jourdan
Ringrazio
Pia Mazziotti per avermi invitata a questo incontro che mi ha dato l'occasione
di leggere ancora una volta L'arte della gioia, che avevo già
letto nelle edizioni precedenti (1994 e 1998): è veramente un'opera
che a ogni rilettura offre nuove emozioni e nuovi suggerimenti di riflessione.
E così voglio dire qualcosa di questo libro a partire dalla mia
esperienza di lettura, io sono una donna che legge e ama la scrittura
femminile, in particolare il romanzo. Sono anche venditrice di libri,
alla Libreria delle donne di Milano, ma mi sento più che altro
una lettrice. Ricordo che quando ho letto quel piccolo libro rosso appena
pubblicato da Stampa Alternativa (che poi ho saputo essere solo la prima
parte del romanzo) l'ho subito consigliato e regalato alle amiche. Lo
trovavo coinvolgente e agghiacciante, poetico e brutale, erotico e divertente.
Le avventure e le scoperte di quella bambina e poi adolescente alla ricerca
di una via d'uscita dal "destino" e disposta a tutto con una
spregiudicatezza insieme sconcertante e toccante, mi avevano conquistato.
Al punto che quando poi uscì il romanzo completo, rimasi un pochino
delusa dal seguito, meno scoppiettante e più ponderoso.
Invece, rileggendo adesso L'arte della gioia, ho trovato tutto il libro
estremamente interessante, una miniera di pensiero femminile sul mondo,
sulle donne, gli uomini, le relazioni umane, la vita, la storia... Anche
il cambiamento di registro dopo la prima parte, mi pare che risponda al
percorso narrativo, perché Modesta, la protagonista, da ragazza
che era è diventata una donna adulta. Comunque non voglio entrare
in un discorso di critica letteraria, non è il mio campo.
Tra le chiavi di lettura possibili del romanzo, che sono sicuramente molte,
vorrei scegliere quella del pensiero, in particolare come pensiero politico,
anche perché tutto il libro è permeato da una forte passione
politica. Ha ragione Angelo Pellegrino a dire nell'introduzione a L'arte
della gioia (da lui curato) che Goliarda Sapienza si faceva chiaramente
torto a definirsi scrittrice ideologica. È riduttivo, in effetti,
così come è chiaramente riduttivo il sottotitolo "romanzo
anticlericale", poi tolto nell'ultima edizione. Però vorrei
riscattare il senso di queste definizioni intendendole oltre che come
consapevolezza dell'importanza delle idee, soprattutto come espressione
di un preciso desiderio di nominare la realtà. Un desiderio che
ho trovato realizzato anche nel libro da poco ripubblicato (Rizzoli) L'università
di Rebibbia, dove effettivamente il mondo carcerario ci appare in modo
nuovo rispetto alle letture correnti di quella realtà. E questo
per me è fare politica attraverso la scrittura. Perciò io
intendo e apprezzo Goliarda Sapienza come una scrittrice politica, che
va oltre le ideologie, anche oltre le proprie ideologie, che pure ci sono.
Infatti se è innegabile che L'arte della gioia sia ideologico,
c'è molto molto più di questo, come pensiero politico. Vorrei
mostrarlo brevemente in due aspetti per me notevoli del romanzo.
Uno è lo sguardo sulla storia. Che L'arte della gioia voglia essere
anche un percorso nella storia del Novecento si capisce dalla data di
nascita della protagonista, nata appunto il 1° gennaio del 1900: la
storia d'Italia attraverso la storia di vita di una donna. Ma quello che
mi ha molto colpita è il modo con cui L'arte della gioia ci parla
di quella storia del Novecento che si trova sui libri di storia (cioè
non tanto la cosiddetta vita quotidiana ma proprio gli avvenimenti e i
personaggi più noti): ce ne parla attraverso un punto di vista
femminile, un punto di vista che si sente che è di una donna. Un
punto di vista che pervade tutto il romanzo, si trova espresso un po'
in tutti i dialoghi e i racconti dei fatti, non solo nelle parole della
protagonista e degli altri personaggi femminili. E che ci fa entrare nella
storia direttamente: non ci sono lunghe narrazioni degli avvenimenti,
spesso basta una frase, un dettaglio, per aprire un squarcio in profondità
sul Novecento, che ci fa capire l'essenziale, sulle guerre, sul fascismo,
e soprattutto sulla storia del pensiero e delle pratiche politiche, sul
mondo dei rivoluzionari e degli antifascisti (tra cui viene nominata anche
la madre dell'autrice, Maria Giudice). Cito, per fare solo un esempio,
un frammento di un dialogo tra Modesta e l'amico Carlo che le ha raccontato
della "compagna Montessori": "La rivoluzione con fiabe!
È bello, però", dice Modesta. E lui: "Certo, principessa.
Ma prima ci sono problemi leggermente più seri da risolvere: la
disoccupazione, la fame..." E lei: "Mi pare di capire che la
Montessori fa rientrare la fiaba in questi problemi seri. La fiaba, insieme
al pane, è il cibo dei bambini, ed è importante che il cibo
sia diverso" (p. 189 dell'edizione 1998). Come si vede da questo
frammento, nel romanzo viene messa in scena sia l'interpretazione maschile
corrente delle politica, delle questioni cruciali del Novecento, del rapporto
tra i sessi anche come contributo femminile alla politica degli uomini,
sia lo spostamento operato da una donna che si mette in gioco a partire
da sé.
Inoltre, questo scambio tra una donna e un uomo sulle cose più
importanti, mostra l'altro aspetto che volevo evidenziare nel romanzo:
L'arte della gioia fa emergere l'essere donna come un essere in relazione.
Infatti il percorso di vita della protagonista si snoda attraverso le
sue relazioni, più o meno riuscite, più o meno felici ma
sempre vissute con intensità. Cioè tutto quello che succede
e le succede, passa sempre attraverso le relazioni. Relazioni con donne
e relazioni con uomini. E in particolare tante forme diverse di relazioni
tra donne. Nel percorso della vita di Modesta incontriamo tutte le tipiche
esperienze femminili, dallo studio al lavoro, dallo stupro all'aborto,
dall'amore per le donne all'amore per gli uomini, dalla maternità
alla politica ecc. e c'è posto per tutti i sentimenti, compresa
la misoginia femminile, e per tutti i comportamenti, compreso l'omicidio
premeditato. È quindi una storia di vita che si può intendere
come una rappresentazione dell'infinito universo femminile. Non della
bontà femminile. Un universo con al centro il desiderio femminile
e che si rivela sempre più, man mano si va avanti nel romanzo,
essere costituito da relazioni. Le relazioni che costellano l'esistenza
della protagonista continuano a vivere in lei anche quando l'altra persona
non c'è più. Fino alla fine Modesta si misurerà con
le donne e gli uomini su cui si è appoggiata per pensare, per agire
e per sentire. È vero che queste relazioni inizialmente si potrebbero
definire strumentali, perché vengono cercate e usate per raggiungere
degli scopi, ma proprio il bisogno estremo in cui Modesta si trova, lo
stato di necessità che la porta a mettersi in relazione fa sì
che le relazioni diventino la sua vita e la trasformino profondamente,
cessando quindi di essere strumentali.
Per finire, posso non essere d'accordo con alcune cose che scrive Goliarda
Sapienza, con alcune sue idee e giudizi, ma in questa rappresentazione
di una donna come un essere in relazione mi sono riconosciuta, ho trovato
qualcosa di molto vero di me. E ho sentito l'autrice vicina alla politica
delle donne come la intendo io.
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