Libreria delle donne di Milano
paradiso
"A volte penso che il paradiso debba essere un continuo infinito leggere"
(Virginia Woolf, luglio 1934)


Circolo della rosa 21 marzo 1995

Ricerca della verità in Marina Cvetaeva
di Sylvie Coyaud

Trascrizione della registrazione in cassetta a cura di Laura Minguzzi

Un personaggio terrorizzante, conosciuto attraverso la traduzione di Elsa Triolet, che non aveva capito niente di lei e così anch io non avevo capito niente, finché non l ho letta in una nuova traduzione, quella di Serena Vitale e ho scoperto la Cvetaeva attraverso la sua massima traduttrice. Poco conosciuta nella sua lingua originale, il russo. Io non leggo poesia, e non so il russo, ma sono rimasta affascinata dal suono dei suoi versi. Nei sei libri che ho letto, fra cui Il poeta e il tempo e Il mestiere di scrivere, lei afferma che la verità dei poeti è la più inafferrabile, invincibile. E lo è veramente stata?

Nata nel 1892, lei è stata. Sa il tedesco, la madre, musicista, esige che la figlia Marina sappia suonare. Il padre dirige il museo Puskin, che lui stesso ha creato. Marina non diventa musicista, la madre è delusa. La sorella Anastasia è più carina, meno brillante, ma è amata per quello che è. Prova risentimento verso la madre. A sei anni comincia a scrivere e racconta della madre, delle tracce di musica rimaste in lei, come le pozzanghere che rimangono dopo un' onda del mare. Viaggia con la madre malata di tubercolosi in Italia, a Nervi. E' profondamente in rivalità con la sorella per l'amore della madre. Abbandona la scuola, scrive e pubblica a sue spese.
Siamo nella Russia prerivoluzionaria, vivace, in un periodo di boom economico. Marina ha successo, è ricca, piena di vita, molto festeggiata. Si sposa nel 1912 con Sergej Efron, per metà ebreo e malato di tubercolosi, nonostante tutti la consiglino di non farlo. Lei ha 19 anni, lui 18. Ha una figlia Arianna.
Prima contraddizione: la donna, il bambino. Scrive: "Amo le donne che in battaglia non hanno conosciuto la paura, capaci di maneggiare una spada e una lancia. Ma so che soltanto nella prigione della culla sta la banale felicità".

La cosa più bella che hanno i russi è la loro lingua, dice Josef Brodskij, poeta russo, premio Nobel, e per la loro lingua sono disposti a morire. Io mi vergogno un po' a tradurre la Cvetaeva dall'inglese.
Cvetaeva scrive benissimo in tedesco e in francese. Dopo due anni di vita in comune, scoppia la guerra e il marito parte per il fronte, come infermiere, un po' anche per non essere sempre il signor Cvetaeva e vivere all'ombra della moglie.
Marina incontra Sofia Parnok, che aveva avuto rapporti solo con donne e, per due anni, ha una relazione con lei, nonostante scriva sempre al marito dicendogli che pensa sempre a lui. Poi, dopo l'incontro con il poeta Mandel'stam, lascia la Parnok. Si amano come poeti, ma la cosa non si ferma qui. Da dove viene questa tenerezza?
In seguito ha una relazione con Sonia Holliday di cui scrive nelle raccolta di versi dedicati a Sonecka, pubblicati in italiano dalla Tartaruga: "Non sfuggiremo all'inferno, noi, mie appassionate sorelle, noi, che abbiamo cantato le lodi del Signore, nel frutteto di meli del Paradiso, sicuramente ci ritroveremo all'inferno.

La Parnok è stata il grande amore femminile della Cvetaeva. Ritorna dopo diciotto anni a questa relazione, pubblicando nel 1934 un libro, Mio fratello femminile, in francese, indirizzato a Nathalie Cliffort Barney, ricca ereditiera americana, che si era trasferita a Parigi, e che Marina aveva conosciuto nel suo salotto. E' un'obiezione a Lettere all'amazzone, dove l'amazzone era lei, la Cliffort Barney, che aveva avuto mille avventure, con scrittrici, attrici ecc. e in cui il leimotif di Marina è che non si può vivere d'amore, alla fine rimane il bambino dice così?? . Non esiste l'amore femminile, a meno che una donna non sia immaterna o depravata e chiama Confraternita dei lebbrosi, le donne che vivono insieme. Di cose opinabili ne ha dette molte la Cvetaeva..

Siamo nel 1916, lei è sola a Mosca. Scrive il ciclo Insonnia: "Nell'immensa città mia, la notte, il vento soffia. Liberatevi dalle catene del giorno. Nera come una pupilla io ti amo notte penetrante". Mentre la luce la risucchia, la notte penetrante è il suo regno. E' ancora felice in questo periodo.

1917. Scoppia la rivoluzione. Il marito, il signor Cvetav non riesce ad avere molto spazio nella sua vita. Raggiunge l'Armata bianca e lei fa la cosa che non avrebbe dovuto fare. In piena guerra va a declamare un inno alla Germania e scrive un poema L'accampamento dei cigni, tradotto da Serena Vitale, dedicato ai giovani uomini dell'Armata bianca. La morte lo ha sbiancato: era un rosso è diventato un bianco. Qui vedo una verità, lei dice una parola sensatissima sulla guerra, sui rossi e sui bianchi. Il ruolo della poesia nella cultura russa è importantissimo, per cui nessuno la condanna per i suoi versi fuori luogo. Mosca piomba nella fame, lei è disperata. Muore di fame la figlia Irina di due anni. Alja è ammalata. Scrive alla sorella. Fa un ritratto di Mosca bellissimo: comizi, dibattiti, teatro, spettacoli, un pullulare di mille iniziative. Dal diario della figlia Alja: "Mia madre è molto strana. Non è come una madre. A Marina non piacciono i bambini piccoli. Ama la poesia e la musica. Va sempre di fretta.. legge di notte, le mani di Marina sono piene di anelli. I suoi occhi sono pieni di divertimento".
Il marito scappa a Praga e vive nella comunità degli immigrati con una borsa di studio del governo ceco. Marina parte per raggiungerlo, ma si ferma a Berlino. Fra gli immigrati diventa famosa. La casa editrice Elikon la pubblica, vive bene. Poi raggiunge Sergej Efron a Praga, ma là si innamora di un dongiovanni, Rosevic, e scrive il Poema della montagna. In lei c'è qualcosa di smisurato.

Serena Vitale dice di lei: "La dismisura è la sua patria". Nella sua prefazione al Paese dell'anima, le sue verità sono sempre bizzarre. Afferma: "Voglio essere amata per quello che sono, non voglio essere inventata". Ma lei stessa inventa quelli che ama. Come sempre era accaduto: a Berlino, a Praga, a Mosca; vuole spostarsi, e va a Parigi col marito. Incontra Nina Berberova, che ne fa un ritratto micidiale, Natalija Gonciarova, la pittrice. Mantiene tutti col suo lavoro, la figlia e il marito. Vivono in miseria. Scrive le poesie sbagliate, fuori luogo. Scrive su Majakovskij per le riviste degli immigrati russi, contrari alla rivoluzione. Majakovskij è vissuto come un uomo e morto come un poeta. Alle critiche, e all'isolamento a cui si condanna, risponde che non cambierebbe per nulla al mondo quello che sta facendo. Continua a difendere Majakovskij in un ambiente del tutto ostile. "Solo quelli come me dovranno rendere conto all'ultimo giudizio della coscienza, ma se esiste l'ultimo giudizio della parola, io sono pura".
Ha una corrispondenza epistolare con Boris Pasternak e, attraverso di lui, con Rilke. Rilke si spaventa quando lei gli scrive nel Settimo sogno. Lui è malato e lei non lo capisce. Lui non vuole vedere nessuno: "Voglio dormire con te, voglio venire da te, affondare la mia testa sulla tua spalla sinistra, ascoltare il suono del tuo cuore e baciare il cuore". e interrompe la corrispondenza. Perde un appoggio, perché Rilke la considerava una sua pari. E' insoddisfatta di Parigi, infelice e vorrebbe tornare a casa, a Mosca, ma Pasternak cerca di dissuaderla. Lei lavora, scrive e non si accorge della realtà che cambia; il marito è reclutato dal KGB e cerca di far ritornare gli emigrati, che poi una volta in Russia vengono uccisi da Stalin. Parte la figlia Anastasja, che a Parigi faceva propaganda per l'URSS e dopo scoppia il caso Rais. Uno dei comunisti rivoluzionari che faceva la spia a Parigi viene ucciso da Efron. Arrestano lei, il marito scappa. La interrogano, lei lo vedeva ancora nell'Accampamento dei cigni, dice così?? la verità è inafferrabile, ma secondo la polizia francese è pazza. Non capiva cosa stesse succedendo e non sapeva quello che il marito faceva. Soffre di nostalgia della patria. Scrive: "Dove, assolutamente sola, trovarmi per quali sassi a casa, ogni casa mi è straniera, ogni tempio vuoto e tutto fa lo stesso e tutto è uguale. Ma se lungo la strada mi appare un sorbo".
La figlia le scrive che sta bene e lei torna nel 1939. Ma ormai c'è ala guerra.
La Cecoslovacchia è occupata, lei scrive un ciclo di poesie bellissime, fra le quali Baraban, Iil tamburo, echi di guerra e barbarie. Scrive poesie di sconvolgente bellezza. Continua a scrivere lettere, Il paese dell'anima. Molti l'aiutano in quel periodo, il principe Mirskij, la Berberova, la Goncarova, ma le sue condizioni sono molto difficili. La sua casa è inabitabile, come ci racconta la Berberova.
A Mosca intanto arrestano il marito e la figlia. Pasternak le trova una casa. Intanto i tedeschi invadono la Russia e lei che sa il tedesco rischia di essere presa per una spia. Tutto le si rivolta contro. Spera che Pasternak le trovi una casa a Peredelkino, ma lui ha una vita troppo ingarbugliata e inoltre è pericoloso frequentarla, visti i precedenti del marito, che ha militato nell'Armata bianca, e visto che la figlia è prigioniera in un gulag.
Si autoesilia da Mosca e va in una piccola città, Elabuga. Sentendosi già morta perché non scrive più, scrive una lettera alla sorella: "Non conosco nessuno più timido di me stessa. Sto cercando un gancio da un anno, ma dappertutto c'è l'elettricità. Da un anno ho preso la misura della morte".
Nell'agosto del 1941 si impiccherà, dopo una lite con il figlio Mur, che si trovava con lei a Elabuga.

Dopo venti anni di silenzio, negli anni sessanta viene di nuovo pubblicata. Forse è più grande di Pasternak, di Esenin, di Mandel'stam. E' rinata inafferrabile. Io non ho afferrato chi è lei. Posso dire che è tutto quello che io non vorrei essere. Lei vive e non vive. La sua scrittura ci rende felici. Ma fa di tutto per distruggersi e nella distruzione produce poesie meravigliose. Nessuna era alla sua altezza. Io temo che non l'avremmo riconosciuta. Le sue amicizie vivono nella distanza, con chi non c'è. Anche con Pasternak, lei gli dice di non andare da lei. Non vuole incontrarlo, è un suo pari. Gli altri sono bambini.
Lei nasce con libertà. Scrive:"Questo mondo è mio". Va a Parigi a 16 anni da sola, fuma, scrive, questo prima della rivoluzione. La sua parola è senza fondo, come bellezza, infinita. Se ha sedotto e stregato me, è una vera seduttrice.
Vorrei che fosse tradotta in italiano la biografia di Karlinskij edita in inglese, da cui io ho ampiamente attinto, e soprattutto che fosse tradotta l'opera omnia della Cvetaeva da Serena Vitale. Bisogna supplicarla. Ha già tradotto le sue lettere. In francese sono tradotte male. In inglese meglio.
In America si trovano otto volumi delle sue poesie. Anche i cicli sono molto importanti, per esempio L'acchiappatopi.

Le lettere tradotte: Il paese dell'anima e Deserti luoghi.

Poesie che mi sono piaciute: Amo i ricchi, molto divertente, è una presa di posizione in difesa della povertà. Mirskij la sta mantenendo, la invita al ristorante e lei non guarda nemmeno il cibo. Ai bianchi, Ai rossi, L'autobus, è una presa in giro, la gente è paragonata a piselli che bollono.

Ha la capacità di spaziare su tutto.
La sua lingua è una musica, con una resa universale.