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DWF / Mostrare il cambiamento. Donne politica
spettacolo I, 2005, n. 4 (68) ottobre-dicembre
Recensione: "Le pazze" di D.Padoan
di Laura Colombo
Il libro di Daniela Padoan Le pazze. Un incontro con
le Madri di Piazza de Mayo (Milano, Bompiani 2005), che recentemente
ha ricevuto il premio letterario "Nino Martoglio", è
un racconto a più voci, dove l'autrice opera un paziente lavoro
di tessitura della storia di un gruppo di donne straordinarie, basandosi
su una serie di testimonianze che lei stessa ha raccolto nel corso degli
ultimi anni, durante i viaggi in Italia delle Madri e in un suo recente
viaggio a Buenos Aires. La storia delle Madri si intreccia con la storia
del loro paese, l'Argentina degli anni bui dei regimi militari e dei governi
che formalmente si dichiaravano democratici, che Daniela Padoan tratteggia
in modo preciso e circostanziato, accostando il rigore scientifico della
sua ricerca storica alla viva voce delle testimonianze.
Si tratta di un libro particolare, che rompe i confini della "grande
storia" mettendoci di fronte al mondo interno di queste donne, che
- nella condizione di estrema necessità della dittatura e della
scomparsa dei figli - si intreccia e si misura con il mondo esterno.
La polifonia, cifra caratteristica di questo libro, è giocata su
diversi livelli.
Il primo è la viva trama di relazioni tra l'autrice e le Madri
nella zona apparentemente neutra dell'intervista, dove due voci differenti
dialogano nel desiderio di far emergere il percorso di coscienza individuale
e politica delle Madri, attraverso le diverse tappe in si ricostruisce
l'affiorare della loro lotta sempre più dirompente. Il fitto scambio
tra l'autrice e le Madri alla ricerca di "parole che contengono verità",
l'incalzare delle domande per andare a fondo sulla loro concezione della
politica e sulle loro pratiche, diventa così il tramite, il luogo
privilegiato della comunicazione, reso tale dalla scelta di Daniela Padoan
di esserci fino in fondo nella relazione con loro. L'autrice sceglie di
stare dalla parte delle Madri, senza tuttavia tesserne aprioristicamente
le lodi. Tratteggia con maestria il quadro di quello che possiamo definire
un vero e proprio laboratorio politico lasciando parlare la progettualità
delle Madri, evidenziando in che modo la loro rappresentazione del possibile
e del desiderio ha fatto germogliare semi di libertà nel cuore
della necessità più cruda.
I frammenti intimi che vengono così recuperati, le riflessioni
che le Madri riescono a porre con capacità e profondità,
sono resoconti dal basso, descrizioni dall'interno di esperienze concrete,
analisi estranee al sistema interpretativo dominante: così il quadro
storico si arricchisce, si illumina di una prospettiva inedita, che altro
non è se non il rovesciamento e il tramonto del paradigma vittimistico.
In questo modo, percorsi che potrebbero essere interpretati come inessenziali,
esperienze relegate ai "margini", spesso anche da chi ne è
protagonista, paradossalmente diventano il centro della Storia, il punto
prospettico da cui leggere il presente e trarre la forza per una lotta
sempre rinnovata.
Il livello più manifesto della polifonia che anima il libro è
però la coralità della voce delle Madri, un prodursi di
voci singole e pur tendenti a costituire un'espressione collettiva, armoniosa
e multiforme. Le loro parole ci rivelano una crescita interiore, una modificazione
rivoluzionaria, resa possibile dalla radicalità della loro mossa
politica: un'estrema contestazione dell'abuso dei militari e una tenace
difesa dei valori che avevano imparato a riconoscere nella propria interiorità,
dopo averli osservati nei figli. "Non ero abituata a essere autonoma,
ma ci sono situazioni in cui di colpo apprendi tutto quello che il dolore
ti costringe a imparare, e allora scompaiono la paura, l'inesperienza
e la timidezza" . Ecco che, proprio nella situazione di grande sofferenza
rappresentata dalla scomparsa dei figli, e nella fortissima contraddizione
sociale imposta dal regime, si è sviluppata una coscienza che ha
permesso alle Madri di mutare quella condizione avversa, pur attraversandola
pienamente. Proprio questa capacità di trasformarsi ha consentito
loro di affrontare in modo attivo una contraddizione a un tempo individuale
e collettiva: "non gli avremmo mostrato che ci stavano facendo soffrire;
gli avremmo mostrato, invece, che eravamo disposte a lottare contro tutto
e contro tutti. [
] all'inizio andavamo in piazza per una necessità
personale, ma poco a poco abbiamo capito che la lotta individuale non
aveva senso, e che lottare solo per il proprio figlio non faceva crescere
niente. Diventammo un gruppo di un'ottantina di madri. Parlavamo di quello
che ci era successo durante la settimana, di quello che potevamo fare,
se era riapparso qualcuno, e iniziammo a sentire che la piazza ci apparteneva.
[
] è stato in quel nostro camminare a braccetto, una accanto
all'altra, parlandoci e conoscendoci, che abbiamo costruito il nostro
pensiero" .
Il lavoro politico delle Madri non ha permesso solo una loro modificazione
soggettiva, ma anche la creazione di una diffusa coscienza di lotta che
è stata un trampolino di lancio verso la vita e una possibile trasformazione
della società, la riappropriazione di una verità, seppur
dolorosa. "Fu terribile renderci conto che tutto era così
perverso, ma ciò che ci diede forza era che potevamo vederlo e
provarlo, anche per le altre: perché le madri che non lo vedevano
con i propri occhi, non lo potevano credere [
] c'erano molte madri
che non vedevano, non credevano. Per questo è stato giusto uscire
di casa, scoprire tante cose, rompersi la testa contro i muri, e alla
fine trovare le prove per poter raccontare, per poter dire la verità,
anche quando era così dolorosa" .
Le Madri hanno operato l'invenzione di pratiche politiche di lotta generatrici
di libertà, capaci di rendersi evidenti, chiare, leggibili da chiunque,
al di là di dichiarazioni e speculazioni. Sono pratiche che Daniela
Padoan definisce di "spiazzamento", perché nate da un'intenzionalità
tendente a scostarsi dalla collocazione che l'ordine simbolico attribuisce
a ciascun attore sociale: "il nostro non era coraggio, era decisione,
chiarezza su quello che volevamo. Il coraggio è un'altra cosa.
Per noi è essenziale agire, non solo pensare; siamo convinte di
quello che facciamo e di quello che vogliamo, ed è questo a darci
forza. [
] Noi avevamo la nostra pazzia e i militari il loro ordine,
che cercavano disperatamente di mantenere. A disarmarli, era proprio il
nostro modo di scardinare quello che per loro era normale. [
] Essere
lì in piazza a dire al mondo e alla società argentina, così
indaffarata a ignorare quello che succedeva, che non tutto era così
normale come volevano farci credere" . Sono pratiche che coinvolgono
appieno le Madri e immettono sulla scena pubblica la loro forza, l'originalità
delle loro invenzioni. Pratiche costantemente vissute ed elaborate per
far fronte di volta in volta alle differenti situazioni politiche e sociali;
infatti, non solo nel momento della dittatura, ma anche nei periodi in
cui era stata ripristinata la democrazia formale, le Madri si sono esposte
al rischio della verità, per creare le condizioni di possibilità
di un protagonismo sociale al di là della condizione di isolamento
in cui il regime, con la forza, teneva gli individui, e al di là
della condizione di ripiegamento su una quotidianità normalizzata
e poco consapevole che la democrazia, con mezzi più ambigui, perseguiva.
Perciò hanno rifiutato di accettare la dichiarazione di morte dei
figli, che avrebbe messo la parola fine a un'esperienza di vita e libertà
attraverso un grottesco risarcimento economico . Ed è per questo
che negli ultimi anni le troviamo accanto alle lotte degli operai che
occupano le fabbriche chiuse in seguito alla crisi del 2001, e, ancora,
grazie alla loro sapienza nel comprendere e abitare il presente, vediamo
il loro impegno nell'Università popolare delle Madri, essendo per
loro centrale lo sviluppo della consapevolezza e dell'educazione.
Si tocca qui un punto che ci offre una riflessione sul presente, sul nostro
esserci, sulle forme della politica. Il modo in cui le Madri abitano la
loro vita e la politica, è quello della responsabilità assunta
in prima persona, anche nel momento in cui sostengono altre lotte, altre
pratiche. Le Madri sono accanto alle nuove forme di auto-organizzazione,
alle inedite relazioni sociali nate in questi ultimi anni per arginare
i disastri delle politiche neoliberiste perché ritengono necessario
"creare un nuovo modo di fare politica, legato alla responsabilità
che ti chiama in causa in prima persona". Non si tratta di ripetere
ciò che le Madri hanno fatto, ma di sapersi giocare ed essere in
grado di inventare la propria vita e la politica in uno spazio sociale
condiviso e partecipato. Questo le donne e gli uomini del movimento dei
piqueteros lo sanno, ed è evidente in alcune loro testimonianze
dirette.
Le pagine di questo libro distillano i fatti restituendoceli
nel loro senso più puro; qui i movimenti, le idee, le emozioni,
le conseguenze di un'ostinazione si mescolano, e arrivano al lettore carichi
di una forza arcana e affascinante.
Daniela Padoan ci accompagna abilmente in un viaggio che, attraverso diverse
fasi, ha portato le Madri a un ribaltamento (dal silenzio alla parola,
dal privato alla scena pubblica, dall'annientamento del dolore a un protagonismo
autentico). Un viaggio necessariamente destrutturante, che ci interroga
sulla questione essenziale del senso che ha per noi la politica nella
sua accezione più ampia, che comprende la vita di tutti e ciascuno.
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