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Circolo della rosa 2 maggio 1995
Patricia Highsmith
di Marisa Caramella*
Trascrizione della registrazione in cassetta a cura
di Serena Fuart
Patricia Highsmith
Non sempre si parla di questa grande autrice
rendendo onore della vera essenza profonda dei suoi romanzi. Spesso si
usano degli stereotipi o dei luoghi comuni che fanno riferimento a lei
come autrice di gialli o di thriller. Non è stato raro trovare
ad esempio, in occasione della commemorazione della sua morte, titoli
di giornali che la descrivono come "La signora del giallo" o
"La signora dell'orrore". Nonostante la sua notorietà,
nonostante sia stata notata da Hitchcock e che dai suoi romanzi siano
stati tratti dei film, di lei non si riesce mai a parlare superando le
voci leggendarie sul suo conto e quindi non si riesce a tracciare un'analisi
più approfondita della sua scrittura.
E' indubbio che questa autrice fosse nota per creare suspence e tenere
con il fiato sospeso ma non si può limitare l'analisi della sua
scrittura solo a questi elementi. Patricia Highsmith nei suoi racconti
sapeva penetrare in profondità l'animo umano e affrontava tematiche
molto impegnate inerenti alla condizione femminile e sessuale.
Nella vita privata e pubblica, Patricia Highsmith si distinse
per il suo carattere riservato e poco propenso ad apparire in pubblico.
Era molto restia ad istaurare relazioni che andassero al di là
di quelle necessarie per la sua sopravvivenza e per divulgare i suoi libri.
Questo fatto naturalmente incise molto sulla divulgazione delle sue opere
che restò sempre al di sotto di certe soglie, quali sarebbero potuto
essere se avesse promosso con maggiore facilità relazioni con pubblico
e giornalisti, lasciandosi trascinare dagli usuali meccanismi di promozione
nel campo dell'editoria.
Forse anche per questo aspetto della sua personalità, in occasione
della commemorazione della sua morte, i suoi editori non promossero particolari
eventi per ricordarla, a parte una piccola celebrazione informale in Svizzera
(paese in cui lei aveva vissuto), alla quale furono invitate davvero pochissime
persone. La sensazione fu che si stesse ricordando un'amica più
che una grande autrice.
Il suo rapporto con il femminismo
Patricia Highsmith non amava che il suo pensiero
fosse incasellato all'interno di una categoria anche se per una buona
causa. Questo valse anche per le sue idee sulle tematiche femministe.
Su questo discorso fu sempre molto riservata e se le venivano fatte delle
domande apposite, non rispondeva, scrollava le spalle come spesso faceva
quando voleva aggirare le domande.
Anche se non rendeva noto il suo pensiero, il suo atteggiamento favorevole
alle donne era riconoscibile dal suo comportamento molto più disponibile
verso le donne rispetto agli uomini. L'unica volta che venne a Milano,
nel 1988, persuasa dal suo editore in occasione della presentazione di
un suo libro, come era solito succedere nel corso delle sue interviste
evitava come meglio poteva di rispondere alle domande. In quell'occasione
non fu diverso e riuscì ad essere particolarmente crudele, soprattutto
con i giornalisti maschi di un certo calibro.
Con le giovanissime giornaliste invece il suo atteggiamento cambiò
radicalmente: riservò loro una genuina attenzione e anche se le
domande che le rivolgevano erano meno impegnate rispetto agli altri giornalisti,
le sue risposte furono assolutamente gentili.
La sua popolarità
In Italia le sue vendite non raggiunsero mai
picchi elevati. In Francia, Germania e nei paesi anglosassoni invece fu
molto più letta.
In America, suo paese natale, non fu mai particolarmente amata. C'è
un solo editore che si occupò di lei, un personaggio importante
che l'adorava, ma, più di tanto, non riuscì a pubblicizzarla
sul mercato, nonostante la nazionalità americana di Patricia Highsmith
e nonostante molti dei suoi libri fossero stati ambientati proprio in
America. Neanche Patricia Highsmith però nutriva un grande amore
per l'America.
Questo attrito ebbe origine da un'esperienza traumatica vissuta in gioventù.
Tutto iniziò quando iniziò una relazione amorosa con una
donna più matura di lei, molto altolocata ma sposata con un figlio.
Il marito, scoperta questa storia, reagì malissimo e riuscì
a far togliere alla moglie l'affidamento della bambina costringendola
anche a lasciare Patricia. Pare che la scrittrice non abbia mai superato
questo trauma che la spinse, tra l'altro, ad abbandonare l'America.
Su quest'esperienza scriverà un libro "The price of Salt"
negando ogni riferimento a fatti personali e utilizzando addirittura uno
pseudonimo per pubblicarlo. Che fosse autobiografico invece fu abbastanza
evidente. Si tratta della prima opera di una donna arrabbiata, non è
un romanzo così profondo e pieno d'immaginazione come gli altri,
al contrario è un po' ricalcato sulla sua esperienza.
I suoi romanzi
Dopo "The price of Salt" Patricia
Highsmith non affronterà più l'argomento sessualità
fino agli anni ottanta, quando la società sembra ammorbidirsi rispetto
ad alcune intolleranze.
Scrive quindi "Il piacere di Elsie". Questo romanzo ha per protagonista
un'altra donna omosessuale ed è ambientato nella New York del Greenwich
Village, alternativa e tollerante, diversa dal background borghese e perbenista
in cui aveva ambientato molti dei suoi romanzi precedenti. Una delle caratteristiche
di questo libro è l'atteggiamento dei personaggi rispetto all'omosessualità,
assolutamente all'avanguardia, atteggiamento che lei porta avanti con
la consapevolezza di trovare sicura comprensione da parte dei lettori.
C'è un terzo romanzo che tratta ancora di questo argomento in cui
la Highsmith è ancora più esplicita: si tratta del suo ultimo
scritto, pochi mesi prima di morire.
Questo romanzo si potrebbe definire quello più esplicito riguardo
al tema dell'intolleranza e in particolare al tema della repressione sessuale;
si intitola "The small gee" ed è ambientato in Svizzera,
a Zurigo. I protagonisti sono un gruppo di personaggi che animano la vita
di un circolo culturale tra cui si trovano molti omosessuali. Questo gruppo
vive e interagisce in una società molto aperta, tollerante e intellettualmente
educata, e sembra quasi che, descrivendo questo ambiente, Patricia Highsmith
abbia voluto parlare di una società quasi ideale in cui avrebbe
amato vivere.
Tra questi personaggi si trova un'omosessuale repressa che, appunto perché
internamente condizionata da pregiudizi, scatena una persecuzione nei
confronti di questo circolo di amici. Anche se non verranno commessi omicidi
il racconto si caratterizzerà per una serie inaudita di violenze.
I suoi romanzi sono considerati romanzi di suspence. Questo
termine però, più che riferirsi alle emozioni che suscita
per gli intrighi narrati, si rifà a un particolare aspetto della
sua scrittura. Tale caratteristica del suo modo di scrivere è capace
di provocare reazioni opposte: dall'irritazione alla fascinazione.
Questo elemento cruciale della sua scrittura risiede nella continua ambiguità
presente in quasi tutti i suoi romanzi, ambiguità che riguarda
tutti gli aspetti dei suoi libri: gli avvenimenti, i personaggi, la loro
vita reale, quella segreta e pensata; c'è un continuo slittamento
dal piano della realtà a quello dell'immaginazione e della follia
omicida.
Inoltre, seppur mai in modo esplicito, la Highsmith presenta l'animo umano
come fortemente ambivalente, portatore di bene e male insieme, e soprattutto
portatore, in ognuno di noi, di un potenziale assassino. Il suo modo di
scrivere coinvolge il lettore in una trama, che ci si aspetterebbe intricata
e invece si risolve in una serie di slittamenti tra normalità e
follia. Questo lascia perplessi parecchi lettori. Anche se i suoi slittamenti
sono quasi impercettibili e risultano ad un lettore non attento od ostile,
noiosi, le situazioni da lei descritte vanno scivolando verso la paranoia.
Questo processo è esasperante da una parte, ma lascia il lettore
appassionato di questo tipo di psicologia con il fiato sospeso.
Questo modo di rappresentare la realtà, che fa convivere all'interno
di uno stesso personaggio il bene e il male, è molto apprezzato
dagli europei, al contrario degli americani, che amano invece suddividere
categoricamente ciò che è buono e ciò che non lo
è, e amano le storie con il lieto fine in cui la giustizia trionfa
su tutto. Infatti è difficile trovare in America autori che lascino
il finale senza che l'assassino sia arrestato e punito. Al contrario,
nei romanzi della Highsmith non è mai così. I suoi personaggi
killer spessissimo la fanno franca, anche se, quando l'ambientazione avviene
in America è più frequente che vengano puniti. Gli assassini
dei suoi racconti inoltre non vengono connotati con caratteristiche negative,
al contrario, sono spesso simpatici come Mr Reapley, uno dei suoi eroi
più famosi.
Un romanzo dove è più presente lo slittamento tra realtà
e follia è "Il Diario di Edith". E' una storia ambientata
negli anni cinquanta e ha per protagonista una casalinga. Questa donna
ha una vita che, secondo le convenzioni sociali, può essere definita
normale. E' sposata e ha un figlio che, pur rientrando nei canoni della
normalità, è un po' strambo.
Le sue stranezze sono piuttosto evidenti dai suoi costanti tentativi di
soffocare il gatto, dalle sue innumerevoli menzogne, dai suoi risultati
assolutamente scadenti a scuola. Nessuno però sembra preoccuparsene,
tanto meno il padre, che per lui nutre una forte ostilità oltre
che un deciso disinteresse. Edith è una donna molto ottimista e
intelligente, scrive degli articoli per riviste politiche di sinistra,
ama l'arte e adora curare la casa. Fondamentalmente passa le sue giornate
chiusa tra le mura domestiche, con il marito e il figlio. Tutto sembra
filare liscio, anche se ogni tanto le capita di provare una certa sensazione
di irrealtà che traspare quando dice: "Mi sento strana",
"Mi sembra che il mondo non sia quello che è
",
tuttavia più di tanto non ci bada, ci passa sopra e continua con
la sua quotidianità che nonostante lo spiraglio di luce fornito
dagli amici intellettuali e vivaci, tutto sommato, è parecchio
monotona. Le cose cambiano quando la famigliola si trasferisce dalla città
alla campagna. Edith si ritrova sola, circondata soltanto dai suoi due
uomini, tra l'altro molto meno intelligenti di lei, e il nuovo ambiente
che la circonda è purtroppo limitato e ristretto. E' a questo punto
che ha inizio una storia di follia, in cui tra l'altro uno dei personaggi
morirà. Su questa morte, Patricia Highsmith, si manterrà
volutamente ambigua: non si capirà mai se si è trattato
di omicidio o di morte accidentale.
Tutto ha inizio quando il marito accoglie in casa uno zio paralitico per
affidarlo alle cure della moglie. Già a questo punto l'ambiguità
della Highsmith si fa sentire: non è chiaro infatti se Edith accogliendo
in casa il malato si rende conto del peso che questa assistenza comporterà
e tace perché abituata a tacere, oppure non intuisce proprio quello
che l'aspetta. Il figlio intanto cresce e diventa sempre più strano:
i suoi risultati a scuola sono ogni giorno più disastrosi, ha una
vita sessuale problematica e ha sempre in sé il vizio di uccidere
animali. Il marito, dal canto suo, è come al solito distratto e
assente, ma la cosa più disdicevole è che si permette di
portare in casa la segretaria, con la quale ha una relazione. Si giustifica
però con Edith confidandole di non esserne innamorato e di volerla
lasciare tra poco. Edith reagisce in modo piuttosto singolare: è
accondiscendente e non fa obiezioni. Tutto sembra filare liscio quindi,
tuttavia qualcosa sta cambiando: Edith non esterna il suo disagio che,
al contrario, custodisce gelosamente, però comincia ad estraniarsi
dalla realtà creandosi una vita parallela, fantastica, e, come
iniziasse per lei una sorta di sdoppiamento, prende un diario, inizia
a scriverci la propria esistenza così come vorrebbe che fosse.
In tali fantasticherie il figlio si trasforma in un ragazzo intelligente
che va a Princeton, il marito se ne va con la segretaria ma con lei diviene
generosissimo, elargendole grosse somme di denaro, cosa purtroppo però
non vera in realtà, e infine il vecchio parente ammalato non crea
grossi problemi. A forza di scrivere Edith si innamora di quest'abitudine
di sfuggire la sua quotidianità e finisce con il perdere davvero
il senso della realtà. Questo non senza conseguenze: le sue opinioni
politiche si radicalizzano così come l' atteggiamento verso i suoi
amici. Il punto focale del romanzo si ha quando il figlio probabilmente
uccide il vecchio parente, anche se non si saprà mai nulla più
delle insinuazioni e dei commenti che l'autrice riserva al fatto. E' dopo
questo evento che la realtà vera irrompe nella vita di Edith. Il
marito, che intanto se ne era andato davvero con la segretaria, decide
di ritornare e scoprire le vere cause della morte del parente. Intende
comunque perseguire moglie e figlio, ma più di tanto non ci riuscirà.
Prima del suo arrivo, infatti, l'impresa di pompe funebri aveva già
provveduto ad imbalsamare il cadavere e quindi non è più
possibile effettuare alcun tipo di analisi. Il medico di famiglia, del
resto, da sempre poco attento e indifferente al malato si guarda bene
dal fare delle obiezioni o dal rimettere in discussione il caso. L'ambiente
circostante, polizia compresa, è assolutamente indifferente all'evento,
indifferenza che è comune anche a molti altri romanzi della Highsmith,
che ci sia un delitto vero o presunto.
Ci si chiede come mai la Highsmith adotti tale struttura.
Alle domande dei giornalisti e alle accuse dei critici lei rispondeva
che più di tanto non le importava far trionfare la legge. Quello
che contava era dimostrare il fatto che chiunque decida di infrangere
le norme sociali e lo faccia con convinzione e sicurezza di avere tutte
le ragioni per farlo, sentendosi assolutamente sopra la legge umana e
divina, può benissimo riuscire senza gravi conseguenze legali.
Ciò che conta è la convinzione e l'assenza di sensi di colpa
o rimpianti.
Proprio su questo tema si può fare un confronto con un'altra autrice,
la Compton-Burnett. Anche lei come Patricia Highsmith rappresenta situazioni
molto particolari e alternative. Narra infatti storie familiari in cui
accadono eventi scottanti che vanno dall'incesto al furto, all'omicidio.
Ma anche in questi romanzi il colpevole non viene né punito né
tanto meno rimproverato da nessuno. Sia i delinquenti della Highsmith
che i tiranni della Compton-Burnett godono di una sorta di potere assoluto,
fabbricano loro stessi le regole per il mondo, allo scopo di tenerlo a
bada, e sono consapevoli che come si fanno le regole così si possono
trasgredire.
Le due scrittici concordano sulla frase il delitto paga, nel senso che
non è affatto vero che la morale che impone una punizione per il
delitto sia sopra ogni cosa. Questa morale è stata costruita da
coloro che sanno che, nel momento in cui l'hanno creata, si può
infrangere in qualunque istante e farla franca. E' l'organizzazione sociale
che tiene in piedi questa sorta di ipocrisia, in particolare l'organizzazione
patriarcale. Entrambe le scrittici mettono in discussione proprio la visione
patriarcale del mondo che detta le regole e assegna i ruoli.
Anche sulla fine di Edith, Patricia Highsmith rimane ambigua. Non si capisce
se questo personaggio si uccida o se la sua morte sia un incidente. Il
fatto è che precipita per le scale proprio quando il marito la
stava raggiungendo con degli psichiatri per portarla in manicomio. Comunque
la cosa più terribile è che, anche nel momento in cui Edith
batte la testa, la questione che la preoccupa di più è quella
di apparire bene e morire con grazia.
"Il diario di Edith" è l'unico romanzo
in cui c'è una donna protagonista. In tutti gli altri i personaggi
principali sono uomini.
Ci sono due romanzi simili a "Il diario di Edith": Si tratta
di "Quella dolce follia" e "Acque profonde". "Quella
dolce follia" è datato 1960 ed è antecedente a "Il
diario di Edith", narra più o meno una storia simile ma il
protagonista è un uomo. Si tratta di un potenziale scienziato che
sa muoversi molto bene nel mondo, è brillante e destinato a un
grande avvenire. Anche lui sceglie di crearsi una vita parallela, si scinde
in due, però la motivazione per cui lo fa non è, come nel
caso di Edith, un problema di riconoscimento di sé, bensì
per un problema amoroso. Patricia Highsmith cambia un po' i canoni comuni
dei romanzi: questa volta si tratta di un uomo che impazzisce per amore,
mentre frequentemente far follie per amore è sempre una caratteristica
attribuita alle donne. Il protagonista del romanzo si innamora perdutamente
di una ragazza che trova dolce e carina. Per lei sconvolgerà la
sua vita, sacrificherà la propria carriera. Le regalerà
una casa bellissima, ma tutto ciò non impedirà che lei sposi
un altro, per giunta un uomo grasso, piccolo e manesco. Il protagonista
reagisce a questo dolore decidendo di vivere una vita parallela, in cui
convincerà la ragazza a divorziare e ad andare a vivere con lui.
Lei intanto, nella realtà, ha avuto figli e sembra contenta, lui
la segue, circonda la sua casa di oggetti che gli ricordano lei, immagina
i viaggi che vorrebbe fare con lei e tante altre fantasticherie, riuscendo
a sdoppiarsi pericolosamente. Pericolosamente perché per difendere
questa doppia personalità sarà costretto ad uccidere: ammazzerà
infatti il marito di lei che, gelosissimo delle avance alla moglie, un
giorno vuole dargli una lezione inseguendolo in macchina. La ragazza sarà
sempre consapevole di chi ha ucciso suo marito, ma sul suo silenzio la
Highsmith sarà ambigua: non si capirà se la ragazza non
reagisce in nessun modo perché sciocca o perché spaventata
dal fatto di avere come spasimante un pazzo capace di uccidere.
Il romanzo si risolve con il suicidio, come tutti i suoi racconti ambientati
in America.
Patricia Highsmith e la politica.
Per quanto in apparenza sembri che la politica
non le interessasse più di tanto, ci sono molti racconti in cui
la Highsmith è dichiaratamente di parte. Ci sono delle cause che
le sono state davvero molto a cuore. Una di queste è la causa palestinese.
Ci sono tre o quattro romanzi in cui l'epigrafe è sempre dedicata
alla lotta palestinese. Pare che lei ci tenesse molto a rendere noto il
suo pensiero, anche se i suoi editori cercavano di dissuaderla, perché
lo ritenevano commercialmente sconveniente. Ma lei fu sempre irremovibile
e decisa sulle sue posizioni.
C'è un serie di racconti inoltre intitolati "Catastrofi più
o meno naturali" che sono molto interessanti perché in ognuno
di essi si approfondisce un tema politico o di attualità.
Uno di questi racconti intitolato "Papa Sesto e la pantofola rossa"
narra di un delirio in cui il papa fa un viaggio in Sud America e stupisce
tutti mettendosi a praticare alle folle la contraccezione e l'aborto.
Tutto questo accade perché, mentre sale sul podio, inciampa e si
rompe un dito. All'inizio non ci bada, ma questo dito si rompe e si gonfia,
comincia a provocargli dolore e a sanguinare. Il sangue cade sulla sua
pantofola rendendola così di colore vermiglio. Questo fatto lo
fa svegliare dal torpore in cui era sempre vissuto, facendogli capire
che tutto ciò che ha predicato sulla sofferenza, in fondo, non
sa nemmeno cosa sia. Infatti, pensa, se un dito rotto può dare
una tale sofferenza, chissà quanta ne può dare un figlio
o, peggio ancora due, indesiderati. Inizia così a farneticare.
Altri racconti sono parimenti inquietanti: in uno si narra di come la
moglie del presidente degli Stati Uniti schiacci per errore un pulsante
che scatena la guerra nucleare, in un altro, sempre a tema ecologico,
racconta di un'invasione di scarafaggi che invadono un grattacielo rovinando
tutto e facendo crollare l'intera struttura; in un altro ancora Patricia
Highsmith difende una donna che decide di affittare il proprio utero per
concedere la possibilità di avere figli anche a chi non può.
La Highsmith si distinse per aver difeso ogni causa politica da lei considerata
più razionale rispetto alla causa opposta, caratterizzandosi per
i suoi ragionamenti semplici e raccontati con fervida immaginazione.
Inoltre ha sempre vantato una grande abilità a far passare per
buone tutte le sue cause. In un romanzo intitolato "Gente che bussa
alla porta" enfatizza un tema, in parte politico, che è quello
del fondamentalismo diffuso in America. Questo romanzo è ambientato
in una cittadina dove il padre di una famiglia "normalissima"
con due figli e una moglie, a un certo punto della sua esistenza si converte
al fondamentalismo di una setta in cui si predica di essere bambini di
Dio. A partire da questa conversione si avviano delle conseguenze tragiche,
tra cui non poteva mancare un omicidio. Questo delitto però non
è programmato, è solo la conseguenza di questo atteggiamento
diffuso di intolleranza, di ignoranza, di irrazionalità che la
Highsmith, in cuor suo, ha sempre detestato.
C'è un altro aspetto curioso di Patricia Highsmith che riguarda
l'opinione che parecchi recensori hanno di lei e cioè che fosse
misogina. C'è una raccolta di racconti intitolati "Piccoli
racconti di misoginia" in cui le protagoniste rivestono una figura
di donna assolutamente stereotipata. Ma l'occhio della Highsmith non è
misogino, tende invece a rappresentare le donne secondo quei canoni che
la società promuove e ha sempre sostenuto. L'intento dei racconti
non è quello di confermare la misoginia diffusa nella società
patriarcale, ma è esattamente il contrario, cioè cerca di
metter in guardia contro il fatto che qualunque ruolo una donna assuma
la porta a non essere se stessa per gratificare gli altri, e questo non
può che farla star male.
*Marisa Caramella è una giornalista oltre ad essere un'appassionata
conoscitrice di Patricia Highsmith, di cui fu la traduttrice ufficiale
e sua consulente editoriale.
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