Libreria delle donne di Milano
paradiso
"A volte penso che il paradiso debba essere un continuo infinito leggere"
(Virginia Woolf, luglio 1934)

 

Franca Chiaromonte
Alice Ceresa, BAMBINE
Einaudi, 1990

Alice Ceresa è morta un anno fa. Aveva settantanove anni. Era una grande scrittrice.
Il suo Bambine (Einaudi, 1990) lascia senza fiato.
Per la storia che racconta: la storia di "una piccola famiglia", "un nucleo sotto vuoto che si esprime in operazioni infinitesimali di cui è difficile se non impossibile seguire percorsi meno banali delle semplici incombenze del vivere materiale".
Per la scrittura fredda, scarnificata: niente da invidiare a Ivy Compton Burnett. La scrittura come lavoro di precisione; fatica per fare che quella parola sia quella e solo quella.
Per lo sguardo spietato sul genere umano. E sul genere umano femminile.
Mi piace l'occhio spietato di una donna su altre donne. Mi piace quando è attraversato, quello sguardo, dal senso di una condivisione e di una scommessa pietosa perché alta, senza sbavature, senza ritorno, sulla propria differenza femminile.
Bambine è tutto questo: niente a che fare con l'esaltazione di supposte qualità femminili capaci di redimere il mondo. Banalità del male. E del bene. Donne senza qualità.
E si apre la strada della libertà. Libertà pura. Libertà senza aggettivi. Uno stile di vita. Lo stile di Alice Ceresa.