Libreria delle donne di Milano
paradiso "A volte penso che il paradiso debba essere un continuo infinito leggere" (Virginia Woolf, luglio 1934)

Laura Colombo
Tzvetan Todorov, LA CONQUISTA DELL'AMERICA
EINAUDI 1992

La conquista dell'America di Todorov non è propriamente un romanzo, tuttavia non può essere definito un saggio senza che si perda qualcosa di essenziale, ossia il fascino della narrazione, del racconto che fa emergere la vita.
Infatti Todorov ridisegna la storia della scoperta del nuovo mondo mettendone in rilievo il significato simbolico quanto alla questione della scoperta dell'"altro". Dunque l'incontro con i nativi americani diviene il luogo privilegiato per osservare l'incontro dell'Europa con il suo altro, momento segnato da un esito tragico. Si verifica infatti il più grande genocidio della storia dell'umanità, sinistro antesignano dei massacri che costellano tutte le storie di conquista. Il libro è dedicato a una sconosciuta donna maya (che ha fatto una brutta fine), e l'effetto straniante del racconto di questa donna, citato in epigrafe, getta una luce su quella che secondo me è una delle possibili letture del testo: la prospezione morale, il carattere necessario della scoperta dell'altro. Questa scoperta chiama innanzitutto a una responsabilità individuale, essendo ampio lo spettro nella quale si dispiega: dall'altro visto come un semplice oggetto appartenente al mondo circostante, fino all'altro visto come un soggetto a un tempo uguale e differente dall'io, passando per tutti i possibili gradi intermedi. Ma è una scoperta che ha anche una storia, ha forme determinate socialmente e culturalmente, che Todorov iscrive nella prospettiva di un'affermazione dell'esteriorità dell'altro che si accompagna al riconoscimento dell'altro come soggetto. In tale prospettiva non può verificarsi un'identificazione con l'altro, nella pretesa fantasmatica di servire la sua causa, né un'assimilazione dell'altro a sé, per sostenere con più forza le proprie ragioni appropriandosi della sua voce. La via da intraprendere è invece quella del dialogo, che non rinuncia alla propria voce tralasciando ogni pretesa di assimilazione. Todorov ci presenta quali sono i tratti caratteristici della scoperta dell'altro: un amore non unificatore, che riconosce l'altro nella sua autonomia; la condizione dell'esule moderno, che ha perduto la patria senza conquistarne un'altra, per il quale tutto il mondo è un paese straniero; la posizione dell'etnologo, che fa vivere il dialogo tra culture dove nessuno ha l'ultima parola. Disegna anche le figure speculari, che sono parodie di questo incontro: il relativismo generalizzato, dove tutto si equivale, tutto si riduce al punto prospettico da cui si guarda, cui corrisponde la rinuncia di ogni valore; la scomparsa dell'io nel noi, con le conseguenti derive totalitarie; l'eclettismo e il pluralismo, che rendono discrezionale una presa di posizione. E proprio questa esplorazione dei tratti caratteristici della scoperta dell'altro e delle loro parodie, porta Todorov a delineare una possibilità che possa portare nuove modificazioni nella vita di ciascuno così come nella società: vivere la differenza nell'uguaglianza, perché non si dà comprensione di sé, se non attraverso la comprensione dell'altro. In altre parole, per non arrivare all'identificazione dell'altro a me (o procedere proiettando il mio io sull'altro), e per non adottare la dicotomia superiore-inferiore, è necessario trovare la giusta opposizione, che costituisca un campo semantico e storico in cui l'io e l'altro abitino in libertà e nel riconoscimento reciproco dato dalla relazione.
Questo libro è dunque una lettura emozionante, uno studio sulla storia della conquista dell'America che non vuole essere "scientifico", ma pone ben in evidenza il taglio teorico dell'indagine, vale a dire la scoperta dell'altro. Proprio qui sta il suo valore, in questo passo indietro rispetto all'obiettivismo.Ed è tale arretrare che fa di questo testo un lavoro altamente politico.