Luisa Muraro
Diane Wood
Middlebrook,
ANNE SEXTON. UNA VITA
Le Lettere,
1998
Finito di remare. La biografia di Anne
Sexton
Ho incontrato la poetessa Anne Sexton (1928-1974)
mentre scrivevo Il Dio delle donne, per alcune sue poesie della raccolta
che s'intitola The Awful Rowing Toward God (Il tremendo remare
verso Dio). Le trovai in un'antologia pubblicata dall'editore Crocetti
di Milano e curata da Rosaria Lo Russo, Antonello Satta Centanin, Edoardo
Zuccato, L'estrosa abbondanza. Più recentemente, presso
Le Lettere di Firenze, Rosaria Lo Russo ha curato l'antologia intitolata
Poesie su Dio.
Anne Sexton non compare nel mio libro, perché non l'avevo sufficientemente
dentro. Adesso? Sì, sicuramente la citerei per quei versi di
lei che gioca a poker con Dio: lei ha una scala reale all'asso ma Lui,
ridendo, cala cinque assi e vince, lei è arrabbiata ma sente
un canto di giubilo, un Rejoice-Chorus, allora ride anche lei, ride
il mare, ride l'isola - dov'era approdata a furia di remare - e ride
l'assurdo ("The Island laughs. The Absurd laughs"). In effetti,
l'idea che vivere sia come giocare a poker con un baro con la B maiuscola,
spiegherebbe molte cose, tra cui anche che la faccenda può finire
bene, come in questa poesia, The Rowing Endeth (Finito di remare).
E la vita di Anne Sexton? Tirò avanti con l'aiuto di molta chimica
("I like them more than I like me", dice riferendosi alle
pasticche), della scrittura, dell'affetto fedele di un marito e di alcune
amiche, dell'amore che aveva per le due figlie, di cui però non
sapeva prendersi cura, e finì con un suicidio, esattamente trent'anni
fa, all'età di quarantasei anni, qualche anno in più della
sua compagna Sylvia Plath.
Di Anne Sexton in quanto protagonista di una biografia ho avuto notizia
l'estate scorsa, in un grosso saggio di Juliet Mitchell, Pazzi e
Meduse. Ripensare l'isteria alla luce della relazione tra fratelli e
sorelle (tradotto da Ester Dornetti e pubblicato dalla Tartaruga).
Ho scoperto così che Anne Sexton, una ricca casalinga di Boston,
oltre che donna di notevole bellezza, a ventott'anni, dopo il secondo
parto, finì in un reparto psichiatrico da dove la fece uscire
quello che sarebbe diventato il suo primo psicanalista, il dottor Martin
Orne, il quale ha l'ulteriore merito di aver messo la sua paziente sulla
strada della creazione artistica. Ho scoperto inoltre che la sua storia
è stata ricostruita in un'accurata biografia voluta da una delle
figlie, autrice Diane Wood Middlebrook, ANNE SEXTON. UNA VITA
(tr. it. di Claudia Rusconi e Gloria Gordigiani, Le Lettere, Firenze
1998), biografia che racconta, insieme, un pezzo interessantissimo
del farsi del femminismo negli Usa, tra gli anni Sessanta e Settanta,
quando la gender theory non era nata e la presa di coscienza ha significato
dare parola ad un'esperienza femminile accettata come tale.
Leggere una biografia è come indossare l'abito di un altro, qualcuno
ha detto. Quella di Anne è un abito suntuoso. C'è l'odio-amore
per la madre, la perdita traumatica di una zia amica e complice, l'innamoramento,
la vita domestica, la maternità, il senso d'inadeguatezza, la
sofferenza che diventa insopportabile, la scoperta di sé nella
relazione analitica, la presa di coscienza attraverso la scrittura,
il successo, il contraccolpo e, ancora sempre di nuovo, il senso d'inadeguatezza,
i tentativi di suicidio, l'ospedale psichiatrico, la dipendenza dalle
persone e dai farmaci, le amiche che le stanno vicine, il bisogno coatto
di piacere, il bisogno di essere amata, la madre che muore di cancro,
le figlie che diventano grandi, il marito che non ce la fa più,
il divorzio, la solitudine nella casa da cui gli altri sono andati via
La biografa c'informa che la sua protagonista indossò, per morire,
una vecchia pelliccia della madre, e commenta la sua fine con una strana
immagine: "Alla sua famiglia, frantumata dal divorzio, la morte
della Sexton sembrò la fine di un lungo assedio". Così
la commenta, per parte sua, Juliet Mitchell in Pazzi e Meduse:
"L'isterico non può ammettere che la morte sia assoluta:
questo rifiuto ad accettare l'assenza di significato della morte è
manifesto nel suicidio della poetessa Anne Sexton (un'isterica conclamata)".
Ma quest'assenza di significato, chiedo, è vera per tutti? è
vera anche per le poetesse? Anne Sexton ha tentato che non lo fosse
e a me pare, sarò anch'io un'isterica, che ci sia riuscita
"There is hope. There is hope everywhere. I bite it", canta
in Snow: "C'è speranza. C'è speranza ovunque. Io
l'addento". "My death the same", la mia morte tale e
quale, scrive a commento della storia di Giona, il personaggio biblico
mangiato e poi sputato dalla balena, in una poesia che s'intitola Making
a Living (Guadagnarsi da vivere).