Riccarda Novello
Elena Gianini Belotti, PRIMA DELLA QUIETE
BUR 2005
"A Porciano la giovane non aveva che
nemici.
Più recisi e convinti s'erano mostrati il medico
condotto e il farmacista, che avevano ricordato anche i suoi meriti
durante l'epidemia di colera, la sua generosità, la sua dedizione:
ma costoro erano uomini istruiti, illuminati e riservati, un'esigua,
insignificante minoranza
" Per inesperienza delle cose del
mondo e ingenua sprovvedutezza, la giovane insegnante Italia Donati,
nata il primo gennaio del 1863 e scomparsa il primo giugno 1886, cadde
vittima di un'infame spirale di malevolenza e invidie, per la sua semplice
bellezza, la sua onestà e il desiderio di affermazione personale
come maestra comunale. Erano tempi, ammonisce l'autrice Elena Gianini
Belotti nelle prime pagine del suo toccante romanzo Prima della quiete,
tempi bui, in cui la gente pativa le privazioni estreme, e "l'istruzione
doveva apparire un lusso inconcepibile, una pretesa scandalosa, un'ambizione
colpevole che suscitava soltanto biasimo." E, aggiunge puntuale:
"Sotto il biasimo covava l'invidia."
Niente venne risparmiato a una figura dolce e operosa, "immagine
di gentilezza e ritrosia, sensibilità e timidezza": le infami
tecniche della diffamazione, del vilipendio, la prepotenza e l'inaudita
crudeltà di una comunità pronta a difendere il signorotto
locale, costringeranno questa Italia dal nome così simbolico,
che sperava di costruirsi un futuro con la fatica, la determinazione,
il sacrificio, a una situazione insostenibile di isolamento.
La Gianini Belottiha ripercorso una vicenda drammaticamente reale del
nostro Ottocento, e ha trovato la propria necessaria motivazione nella
storia della madre, maestra elementare, a cui i familiari avevano riservato
solo un' assoluta incomprensione: "perché nessuno
capiva la fatica tremenda di insegnare in una classe di sessanta scolari,
e le buttavano in faccia l'unica vera fatica secondo loro, il lavoro
manuale." Eppure, aggiunge la figlia, "Aveva studiato con
accanimento, senza respiro
"
Ben più tragicamente si concluderà l'esistenza di Italia,
l'innocente travolta dalle feroci maldicenze, e che il maestro di un
tempo ricorderà come "bambina seria e intelligente".
L'autrice conclude il suo libro con una nota appassionata, ricordando
la povera gente massacrata dai nazisti a Fucecchio nel '44, auspica
che la memoria dei martiri del nazifascismo sia conservata e tramandata
alle future generazioni, ma sottolinea anche come lo stesso diritto,
in passato, non fosse riservato a figure come quelle di Italia, "a
una martire del sessismo perché non si dimenticassero gli atroci
delitti consumati contro le donne
E perché le donne, venendoli
a conoscere, si ribellassero all'ingiustizia."
Tra le eccezioni, annota, si distinsero Matilde Serao che scrisse per
il "Corriere di Roma" un articolo sulla solitudine drammatica
di quelle donne coraggiose che affrontavano la via dell'emancipazione,
a dispetto di odiose calunnie e malgrado fossero sottoposte alle angherie
dei poteri locali, e l'azione illuminata del "Corriere della Sera"
che pubblicò numerosi interventi, dimostrando il suo interesse
per questa figura femminile, una delle tante di questa Italia ancora
arretrata, che pagò un prezzo troppo alto per il desiderio di
libertà e autonomia, per la sua intelligenza e dignità.