Libreria delle donne di Milano

Alias 7 ottobre 2006

JUDITH BUTLER
Le "Spinoza Lectures" di Judith Butler

L'etica che viene dall'opacità dell'io
di Ida Dominijanni

Le Nel crollo delle categorie del politico che non cessa di verificarsi nel nostro presente, crolla anche la distinzione fra politica e morale che è stata parte costitutiva del paradigma della modernità.
Che si tratti di legittimare la guerra o di combattere il terrorismo o di destituire i dittatore, l'etica si presenta paradossalmente come il braccio armato della politica: l'intervento della Nato in Kosovo è stato l'annuncio di questo paradosso, la risposta americana all'attacco dell'11 settembre il suo trionfo. Non la razionalità geopolitica ma il linguaggio del Bene e del Male regolano le mosse sulla scena internazionale: nei Balcani ci siamo andati per ragioni umanitarie, in Afghanistan e in Iraq perché l'occidente era stato aggredito e questo lo legittimava ad aggredire sua volta.
Ogni volta non ne va solo del ridisegno del mondo, ma dello statuto dell'umano: il nemico, che sia un despota o una rete terrorista, viene mostrificato e disumanizzato sì che il primato occidentale dell'umano possa essere riconfermato.
E di volta in violata, perché l'operazione sia efficace nel profondo, viene riesumato quello statuto del soggetto sovrano, presente e trasparente a se stesso, certo della propria identità, che la tarda modernità novecentesca aveva decentrato e destituito: a ben guardare, c'è precisamente questa posta in gioco ontologica dietro gli appelli neo e teocons, negli Stati Uniti e in Europa, a reagire all'invasione degli altri e dell'altro con un rafforzamento del noi e dell'io. Questo quadro storico e politico e ben presente nell'ultimo lavoro di Judith Butler proposto da Feltrinelli, Critica delle violenza etica
("Campi del sapere", nella ineccepibile traduzione di Federico Rahola, pp.184, Euro 18,00), che pure è il più accademico fra i libri della filosofia femminista americana disponibili in italiano, come è accademica l'occasione
che lo origina, un ciclo di "Spinoza lectures" all'università di Amsterdam nella primavera del 2002: Ma non a caso le domande e le risposte che lo attraversano sono, diversamente articolate, le stesse che attraversano il più immediatamente politico Vite precarie (Meltemi 2004), cinque saggi scritti sull'0nda dell'11 settembre e della reazione americana al crollo delle Torri gemelle: Nell'uno e nell'altro, Butler delinea un'ontologia del presente, contrassegnata dalla fragilità, dall'esposizione del sé all'altro, dalla relazionalità, in opposizione all'etica della violenza e alle rinnovate pretese della sovranità (del soggetto sovrano e dello Stato sovrano, l'uno all'altro connessi) che stanno diventando il paradigma normativo dell'Occidente ferito d'inizio millennio.
Ma rispetto a Vite precarie, questa Critica della violenza etica - che pure cronologicamente lo precede di poco - va più a fondo filosoficamente, in un corpo a corpo serrato, tipico dello stile del pensiero di Butler, con alcuni autori della sua genealogia di riferimento: Hegel, Nietzsche, Adorno, Foucault, Lévinas, con un'altra filosofa femminista, Adriana Cavarero, come compagna di percorso, e uno psicanalista, Jean Laplanche, come chiave di volta del discorso. Figura di spicco nel pensiero poststrutturalista, Butler sente l'attacco che al soggetto post-strutturalista viene sferrato oggi da più parti, Papa compresa, sotto forma di accuse alle sue derive relativiste e nichiliste; sì che nel suo ragionamento la proposta di un'etica pubblica non violenta è tutt'uno con la dimostrazione dell'eticità del soggetto non sovrano: Che l'io novecentesco e postnovecentesco inaugurato dal pensiero negativo e dalla psicoanalisi sia un soggetto "infondato, incoerente e opaco a se stesso", insomma non significa che sia un soggetto a-morale, significa viceversa che la morale va ripensate su questa base ontologica, senza nostalgie per il soggetto razionale, trasparente, sovrano della mlorale
cartesiana e kantiana. La fine di questo soggetto è irreversibile, "un lutto necessario" delle nostre fantasie di controllo e padronanza; ma lungi dall'esentarci da obblighi morali ci obbliga altrimenti, a costruire un patto sociale fondato non più sul contratto, come nel paradigma politico moderno, ma su termini che il paradigma politico moderno non contempla: dipendenza, passività, vulnerabilità, esposizione all'altro, relazionalità.
Quest'ultimo termine è quello decisivo, giacchè se fondamento c'è del soggetto, esso sta proprio nella relazionalità che lo costituisce destituendolo dal suo fondamento tradizionale. Nasciamo e viviamo tutte e tutti in relazione con altri e con la madre in primo luogo, ed è questo che fa della singolarità non un'identità chiusa e autosufficiente ma un'apertura; del legame con gli altri non un accessorio ma un vincolo necessitato; dell'interlocuzione con l'altro non un dialogo fra un "io" e un "tu" separati e compiuti ma una sospensione dell'"io" e del "tu". Butler si muove nel solco di una ricerca sulla relazione come base della soggettività che accomuna la migliore filosofia femminista internazionale - il dialogo con Cavarero di Tu che mi guardi, tu che mi racconti parte da qui -, ma radicalizza il discorso e fa bene, perché anche la categoria della relazionalità rischia di perdere, da quando è stata accolta nel lessico politico mainstream, la sua forza dirompente. E non a caso il suo ragionamento procede dalla dinamica del riconoscimento hegheliana alla "convocazione" originaria della genealogia della morale nietzschiana al "primato dell'altro" di Lévinas; ma approda infineal transfert psicoanalitico come modello di un'etica sociale rivoluzionata. .È lì infatti, nella scena del transfert, che possiamo rivivere da adulti le relazioni primarie che ci hanno messe/i al mondo, nutrendoci e altresì traumatizzandoci;
è lì che l'altro si presenta nella sua figura - l'analista - più investita di domande e tuttavia assolutamente inappropriabile, è lì che si impara ad elaborare violenze e traumi antichi senza vendicarsene proiettandoli sull'altro; è lì che si bsperimenta la dipendenza dell'altro come risorsa e non come zavorra; è lì infine che si praticano le immense possibilità ma anche i limiti invalicabili del discorso e della pretesa di fornire un resoconto coerente del sé e della propria biografia. È lì, in sostanza, che emerge l'opacità ineliminabile del soggetto a se stesso, la sua non-trasparenza: ed è da lì
che può delinearsi "un'etica fondata sulla nostra condivisa, generalizzata e parziale cecità a noi stessi."
Giacchè "sospendere la pretesa di un'identità propria e di una assoluta coerenza con se stessi è un buon antidoto alla violenza etica che esige che manifestiamo e conserviamo sempre una nostra identità costante nel tempo", che la pretendiano altresì dall'altro e che la scagliamo come un arma contro l'altro.
Questa etica dell'essere in relazione, originariamente vulnerabile e dipendente, da sempre -ovvero fin dai legami primari - offeso, invaso e sedotto dall'altro, mai del tutto padrone di sé, diventa così un'alternativa agli appelli identitari,
all'onnipotenza narcisistica che riesce a nutrirsi anche del senso di colpa, all'aggressività dei potenti legittimata dall'essere stati vittime della violenza altrui. E apre all'amore come categoria politica, se è vero che "essere trascinati dall'amore significa non sapere perché sia ama nel modo che si ama, farsi trascinare e costringere dalla nostra stessa opacità, dalle zone d'ombra e di non-conoscenza" Dove? Oltre il territorio del contratto, dove non serve la rivendicazione, perché proprio lì, nel superamento del diritto a cui, come scrive Adorno, "l'amore allude col suo muto gesto", che si può davvero diventare umani.

SCAFFALE BUTLER
Di Judith Butler, filosofa Californiana fra le più amate e discusse del panorama femminista internazionale, sono disponibili in italiano Scambi di genere (Sansoni 2004, opinabile traduzione di Gender Trouble, il libro del 1990 che l'ha resa famosa, consacrandola Come teorica queer) Corpi che contano (Feltrinelli 1996) La rivendicazione di Antigone (Bollati Borighieri 2003) Vite precarie (Meltemi 2003), La vita psichica del potere (Meltemi 2005) Critica della violenza etica testimonia la più recente curvatura del percorso di Butler, che la porta ben oltre il dirompente inizio di Gender Truble, come lei stessa argomenta in Undoing Gender (Routle-dge 2004) di prossima uscita (Meltemi): la sua recezione italiana, troppo legata alla sua immagine di partenza, dovrebbe giovarsene. Per un confronto fra posizioni diverse all'interno di una comune matrice femminista postrutturalista, dr. Il resoconto di un recente incontro in Polonia fra Butler e Rosi Braidotti in www.metamute.org