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Dal settimanale
Area - Maggio 2003
Il male
nel lavoro
Tiziana
Filippi
Dalla fine
degli anni Novanta, ha raccontato recentemente Anna Maria Mori sul Manifesto,
sono state poste a Parigi le prime targhe commemorative in ricordo dei
bambini ebrei deportati dalla Francia dal 1942 al 1944. Finora sono state
posate in una quarantina di scuole. All'origine di questa iniziativa,
che si sta estendendo anche ad altre città della Francia, ci sono
Annette e Jacques Klajnberg che , allora bambini , sono sopravvissuti
per caso. Da alcuni lavori di ricerca risulta che siano stati deportati
dalla Francia verso i campi di sterminio 11 mila bambini, 2 mila dei quali
di meno di sei anni.
La tragica sorte dei bambini ebrei in Francia era emersa nel 1961 nel
corso del processo ad Eichmann - che era stato il responsabile dell'organizzazione
dei treni che portavano gli ebrei nei campi di sterminio- quando venne
alla luce la vicenda di 4 mila bambini che nell'estate del '42 erano stati
separati dai genitori e sequestrati dalla polizia francese nel centro
di raccolta di Drancy, in attesa di essere deportati. Hannah Arendt che
aveva assistito al processo a Gerusalemme, racconta nel suo La banalità
del male che nel corso di quell'estate del '42 si era proceduto alla deportazione
degli ebrei stranieri apolidi con la piena collaborazione delle autorità
di Vichy, che poterono dimostrare così tanto zelo grazie a una
radicata xenofobia francese nei confronti degli ebrei stranieri. Era stato
Laval in persona , allora primo ministro , a proporre che le deportazioni
fossero estese ai bambini al disotto dei sedici anni. Pare che allora
non si sapesse ancora che cosa significasse "trasferimento"
.
L'industria
nazista del crimine era un apparato complesso che aveva bisogno della
collaborazione di tutti. Funzionari, tecnici, impiegati, uomini di scienza
: ognuno nel suo ambito, definito da una oculata divisione del lavoro,
doveva svolgere coscienziosamente il proprio lavoro contribuendo direttamente
o indirettamente alla "soluzione finale". Eichmann, che era
lo specialista dei trasporti ferroviari, disse, nel corso del suo processo,
che si sentiva liberato da ogni colpa perché stava facendo il suo
dovere conformemente agli ordini. Non aveva nulla a che fare con lo sterminio
fisico perché era fin troppo occupato dal lavoro che gli avevano
ordinato . L'opera di sterminio era anche a pieno titolo un lavoro come
tutti gli altri con i suoi problemi le sue difficoltà tecniche,
che volenti o nolenti andava eseguito , e quindi tanto valeva farlo scrupolosamente.
La consuetudine e la banalità dei gesti che si compivano nel lavoro
insieme con la sottomissione all'autorità consentivano di non pensare
al significato di quello che si stava facendo. Gli stessi poliziotti degli
Einsatzgruppen , la cui specialità erano le esecuzioni di massa,
si concentravano sugli aspetti tecnici e sull'organizzazione razionale
del lavoro per uccidere nel minor tempo il maggior numero di ebrei e tendevano
così ad allontanare da sè la percezione degli effetti del
male che stavano facendo . Himmler, capo delle SS, consigliava di non
pensare "che orribili cose sto compiendo", ma piuttosto "che
orribili cose devo vedere nell'adempimento dei miei doveri, che compito
terribile grava sulle mie spalle!".
Il fatto
che il male abbia potuto compiersi attraverso la normale routine del lavoro
ha fatto pensare allo psichiatra e psicologo Dejours che debba esserci
un legame profondo tra il rapporto che abbiamo con le forme consuete di
organizzazione del lavoro e il fatto che il male possa trasformarsi in
qualcosa di banale (cfr. Area del 13.12.'02).
In questi ultimi decenni abbiamo assistito a un gravissimo e progressivo
deterioramento delle condizioni di lavoro insieme a una crescente indifferenza
nei confronti di chi soffre dentro e fuori il mondo del lavoro ( i disoccupati)
. In questo processo, nel quale è stata cooptata la maggioranza
della popolazione ( chi come complice zelante , chi come semplice consumatore
di hamburger McDonald's), le ingiustizie, la sopraffazione e la marginalizzazione
dei più deboli sono ormai considerate qualcosa di consueto , di
inevitabile , qualcosa di banale che non suscita più indignazione.
Per questa ragione secondo Dejours il concetto di Hannah Arendt di banalità
del male diventa centrale per capire che cosa stia succedendo nell' epoca
odierna.
Possiamo considerare come una rinnovata forma di banalità del male
nel lavoro le ristrutturazioni, i licenziamenti (senza preavviso), la
messa in discussione di alcune conquiste sociali acquisite, il subappalto,
il lavoro precario, il dovere delle ore supplementari , il lavoro illegale
, i compiti pericolosi per la salute ora aggravati dalle infrazioni alle
legislazioni sul lavoro, gli incidenti crescenti sul lavoro, i metodi
di gestione e di direzione manageriali caratterizzati dalla disumanizzazione
dei rapporti di lavoro. La banalità del male è anche la
paura quotidiana di non essere all'altezza delle esigenze dell'impresa
, la mancanza di un riconoscimento , la minaccia del licenziamento , il
clima di precarietà , le pratiche quotidiane dei ricatti e delle
insinuazioni per sottomettere un altro. E' anche paradossalmente la costrizione
a lavorare male , per rispettare tempi e procedure contraddittorie, che
pone il lavoratore in una condizione di disagio. La cancellazione , grazie
al clima di minaccia e alla concorrenza tra lavoratori , delle tracce
di quello che non funziona e delle opinioni divergenti, insieme con la
produzione e la diffusione sistematica di discorsi menzogneri che servono
a occultare la realtà del lavoro e le condizioni di disagio e di
sofferenza in cui viene svolto.
Il male nel
lavoro e la sua negazione sono stati sotto gli occhi di tutti con la recente
tragedia dello shuttle. Quasi un anno fa sette dei nove esperti membri
del comitato di consulenza sulla sicurezza della Nasa avevano fatto presente
la necessità di incrementare il bilancio prevedendo seri problemi
di sicurezza. La risposta è stata il loro licenziamento con la
motivazione che si trattava di una operazione di svecchiamento del comitato
con del personale più giovane. Si suppone che siano stati questi
giovani da valorizzare a non ritenere pericoloso il danno all'ala sinistra
dello shuttle che era stato notato alla sua partenza.
La questione centrale è che il male nel lavoro viene praticato
e legittimato in nome delle necessità dello stesso lavoro, della
sua qualità e della sua efficienza: il male nel lavoro non è
considerato a rigore un male , ma qualcosa di ineluttabile, qualcosa che
fa parte del suo "naturale" meccanismo di funzionamento, un
dovere al quale non ci si può sottrarre perché non dipende
da noi.
D'altra parte , similmente all'efficienza nazista, l'odierna esecuzione
del male necessita della collaborazione della maggioranza. Ogni lavoratore
sa dalla sua esperienza quanto sia importante la messa in gioco della
sua soggettività per far funzionare ogni impresa , ogni servizio
, sia privato che pubblico. Ognuno sa quanto sia importante lo zelo nel
lavoro , a tutti livelli , sia nel sottomettersi agli ordini che nell'impartirli.
Anche oggi si tratta di non pensare al senso di quello che si sta facendo
e di dare spazio agli stereotipi del realismo economico e delle guerre
concorrenziali tra imprese che presentano il male come un prezzo inevitabile
da pagare per salvaguardare la libertà e il benessere . In un sempre
rinnovato clima di guerra , si fa appello alla virilità in nome
della giusta causa del lavoro per mettere a tacere la paura , le esitazioni
, il senso morale offeso e per pretendere rendimenti sempre più
elevati e abnegazione nel sopportare e nell'infliggere la sofferenza e
le ingiustizie.
La banalità
del male è oggi anche tutto quel tempo che il lavoro toglie ai
genitori per poter stare quietamente con i propri figli e aiutarli a crescere.
C'è bisogno di tanto tempo per stare con i figli - ha detto recentemente
Umberto Galimberti su La Repubblica commentando l'autorizzazione , da
parte dell'agenzia federale americana per i farmaci , dell'uso del Prozac
(uno psicofarmaco che ha come effetti collaterali la diminuzione della
crescita) per i bambini e per gli adolescenti depressi - , c'è
bisogno di tanto tempo per creare quella fiducia di base che consenta
ai bambini di crescere se non felici, almeno sereni, o quantomeno non
depressi.
Abbiamo cominciato con il parlare di bambini per tornare a parlarne passando
attraverso la questione del lavoro. Vale allora la pena di ricordare cosa
successe in Francia dopo quell'estate del '42. Quando i tedeschi chiesero
il permesso di deportare anche gli ebrei non apolidi i francesi si rifiutarono
di collaborare . Era ormai chiaro che cosa significasse "trasferimento"
e si cominciò a disubbidire sabotando la deportazione degli ebrei
in generale. Ma anche altri ,utilizzando ogni occasione e ogni interstizio
offerto dalla realtà , disobbedirono o si sottrassero agli ordini
(l'agire per sottrazione è tra l'altro una pratica diffusa nelle
strategie di sopravvivenza femminile) . Come per esempio la polizia belga
che non collaborò . O i ferrovieri belgi che , quando i tedeschi
affidavano loro un treno di deportati , non sigillavano gli sportelli
oppure organizzavano delle imboscate in modo che gli ebrei potessero fuggire.
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