Libreria delle donne di Milano

L’Attacco, Foggia, 5 marzo 2011

La storia deve essere riscritta
Ripartiamo dalla Bibbia

di Anna Potito

Nel 1929 Virginia Woolf (Una stanza tutta per sé), parlando della donna, scriveva … Ella pervade la poesia da una copertina all’altra; invece dalla storia è quasi assente. I fermenti di vita e di pensiero che le donne hanno portato nella società nel ‘900 non potevano non invadere la ricerca. Non era più sufficiente annoverare solo nomi di donne illustri, celebrate come eccezionali, ma era necessario ricostruire tutto un tessuto di relazioni scambievoli, di vita e di pensiero, tra donne e tra donne ed uomini. Ricomporre una genealogia femminile frammentata da confrontare con la genealogia maschile consolidata da secoli di patriarcato. La lingua inglese ha consentito alle studiose il gioco linguistico per cui quella che finora è stata His-story (storia di lui) la storia dell’uomo, diventa Her-story(storia di lei), la storia della donna. Purtroppo la lingua italiana non consente questo delizioso gioco e restiamo legate alla radice greca del verbo Fid=vedere, Historia, in cui la storia è narrazione di ciò che è stato visto, di cui c’è documento. Il punto è questo: chi ha scritto la storia? In tutte le società antiche sono stati gli scribi, i sacerdoti, i funzionari, per raccontare le conquiste, i palazzi, i templi, le grandi gesta, narrazioni che vedono al centro solo uomini. E la vita di tutti i giorni, quel quotidiano che è la nascita, la crescita, la morte, l’amore, il pianto, il cibo, la produzione, la conservazione, insomma la vita, dove sono? La scrittura è stata un pretesto per sostenere la repressione o la marginalizzazione delle donne. Ma anche gli scavi sono stati focalizzati su palazzi, fortificazioni, templi, luoghi dell’elite maschile, manca l’attenzione ai luoghi associati della vita femminile, agli edifici domestici, ai materiali della vita domestica, prevalentemente ceramica, che, anche se in cocci, è praticamente indistruttibile. Occorre riscrivere la storia, rintracciare quei materiali poco conosciuti o conosciuti a livello specialistico per recuperare la ricezione delle donne trascurata dalla tradizione maschile, non come storia compensativa ma come storia generale che, in quanto tale, non può escludere la metà dell’umanità. E per fare questo bisogna ricominciare dalla Bibbia, che è il libro della cultura occidentale, le cui radici sono nel giudaismo ma che raccoglie molto delle culture orientali della Mesopotamia e del bacino del Mediterraneo. Un testo che è stato non solo esegesi ma un vero e proprio codice culturale che ha permeato tutti gli aspetti della nostra cultura dall’arte alla letteratura alla poesia alla musica. La religione è stato il fattore centrale che ha influenzato (ed influenza ancora oggi ) il rapporto tra i generi, su base piramidale gerarchica diviso per generi, maschio e femmina, ma anche liberi e schiavi, adulti e giovani, ricchi e poveri, locali e stranieri, sani e malati. Le interpretazioni d’altra parte sono state fatte in relazione ai tempi in cui avvenivano e le tracce sono riconoscibili. Nei testi più antichi, Genesi, Esodo, Numeri le parole della narrazione portano le testimonianze delle culture dell’area israelo-palestinese in cui passavano le miniature legate ai culti, come il vitello d’oro, il serpente di bronzo, mostrando come l’arte ha influenzato la scrittura. Il primo testamento fa anche menzione di divinità femminili in modo polemico o al fine di rigettarle, ma l’ausilio dell’iconografia rende possibile ricostruire i culti delle divinità femminili, ancora presenti nel I sec.a.C. Il racconto della Creazione, attribuito ai sacerdoti del periodo pre o post-esilico, parte dall’idea di un Dio creatore del mondo che attraverso la sua parola chiama il mondo ordinato dal caos, il cosmo dalle tenebre. Poi ordina “che la terra produca piante” e qui entra in gioco il mitico sfondo di una “dea terra”, che nella Genesi è “La madre di tutti i viventi”, fecondata da un dio -cielo dalla cui copula vengono fuori le piante della vita. L’interpretazione misogina del rapporto tra Eva e il Serpente che porta alla “caduta” va rivista alla luce dell’iconografia orientale che vede la donna in più stretto rapporto con il serpente, rispetto all’uomo. Nell’area cananea Qudshu, la Santa, tiene in mano dei serpenti. Sotto il profilo simbolico essi rappresentano la vitalità e il pericolo, la guarigione e la morte. Nelle rappresentazioni pittoriche dell’area egizia ci sono la dea-terra ed il compagno dio-tempo; il dio-tempo uccide il serpente e la dea terra benedice gli alberi. In una società che vive dei prodotti della terra la fertilità è fondamentale: utero, ventre, frequentissimi nella rappresentazione iconografica, nel testo biblico sono nel potere di Dio. Solo Dio ha il potere di aprire o chiudere un ventre ed è ricorrente il racconto di donne che non hanno generato o lo hanno fatto molto tardi, come Sara moglie di Abramo. Un potere forte, di vita e di morte, è nella levatrice, manifestazione della divinità, che è portatrice di sapienza ed è carica di poteri divini che vanno aldilà della persona. Il monoteismo israelita si sviluppa in un contesto politeistico da cui provengono adattamenti. Nella Genesi l’immagine di Dio è impressa negli uomini e nelle donne, Dio non è né uomo né donna, è presente nelle immagini maschili ed in quelle femminili ed è metafora dell’uomo e della donna. Ma la Bibbia ebraica viene scritta in un contesto ormai urbano da uomini che svolgono funzioni fuori casa mentre le donne sono in casa; nella vita dei campi, invece, uomini e donne avevano funzioni scambievoli e ruoli non rigidamente gerarchici. Restano solo le donne eccezionali: Sara e Rebecca, Miriam e Debora, Betsabea e Gezabele, Ester e Ruth. Le grandi figure pubbliche sono uomini: giudici, guerrieri, profeti, sacerdoti, sapienti e la discendenza è patrilineare. Nei fatti pochi vivevano in centri urbani, molti erano ancora contadini, ed è quindi difficile stabilire una corrispondenza univoca tra la parola biblica e il mondo israelita. Anche se il testo biblico le dedica pochi versetti, figura di spicco, vera figura politica di primo piano appare Miriam, la profetessa, sorella di Aronne e di Mosè. E’ colei che salva Mosè mettendolo in una cesta sul fiume Nilo, è colei che lo affida alla figlia del Faraone, è colei che favorisce una complicità di cuoche , servitrici, levatrici, balie per occultare il bambino ebreo, figlio di un popolo nemico. Dapprima un ponte tra due mondi tanto diversi, mediatrice tra la madre e la principessa egizia, poi guida del suo popolo verso la liberazione. Superato il pericolo del Faraone “prese il tamburello cantando e dietro di lei uscirono tutte le donne”. Quando durante il viaggio nel deserto si ammala il popolo aspetta sette giorni per riprendere il viaggio finché non guarisce. Giunti al deserto di Sin all’inizio della nuova luna , il popolo si sistemò a Santo in Kades, lì morì Miriam e fu sepolta e i fratelli Aronne e Mosè si ridistribuiscono il potere. Una relazione di fratellanza, tra uguali.
Una lettura rigorosa che scaturisce da un’originale chiave interpretativa sullo sfondo del contesto culturale, sociale, giuridico e iconografico dell’Antico Oriente presentata da Adriana Valerio, docente di Storia del Cristianesimo presso l’università Federico II di Napoli, teologa, studiosa di storia delle donne, che offre elementi di riflessione per una diversa considerazione del femminile.
La Bibbia e le donne, collana di esegesi, cultura e storia
Diretta da Adriana Valerio, Irmtraud Fischer, Mercedes Navarro puerto
Progetto della Fondazione Pasquale Valerio per la storia delle donne , Napoli
La Torah
Edizione Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2009, Euro 38