dal sito delle COMUNITA'
CRISTIANE DI BASE www.cdbitalia.it
10 ottobre 2011
Intervista a Luisa Muraro
di Mira Furlani
Luisa Muraro, dopo aver
letto il mio articolo "Uguaglianza: una cultura conservatrice"
mi ha detto di voler fare alcune precisazioni. Da questa sua richiesta
sono nate alcune mie domande a cui lei ha gentilmente risposto.
Mira: So che hai letto il mio articolo pubblicato nel Primo piano del
25 settembre sul sito Cdbitalia. Mi hai detto che è un titolo
un po' provocatorio: perché?
Luisa: La forma di quel titolo si urta con la retorica corrente dei
diritti umani universali, retorica che io non condivido perché
molti diritti umani sono privilegi che vengono di fatto difesi con uno
stato di guerra quasi permanente. Ma quel titolo si urta anche con il
principio di uguaglianza che, almeno in Europa, ha ispirato cose come
una scuola di qualità per tutti e l'assistenza sanitaria offerta
indipendentemente dal reddito. Che sono due grandi conquiste di civiltà.
Mira: Mi hai scritto che una cosa è il principio di uguaglianza
e una cosa è la politica di parità: vuoi precisare?
Luisa: Le politiche di parità uomo-donna sono un'interpretazione
recente del principio di uguaglianza. Queste politiche hanno di sbagliato
che non considerano il valore della differenza donna/uomo, per cui davanti
alle manifestazioni della differenza (per esempio, certe scelte di studio
o di lavoro fatte da donne), le interpretano non come scelte libere
ma come effetti di discriminazioni occulte. E fanno di tutto per cancellarle,
con il risultato simbolico e pratico di fare degli uomini il metro di
misura delle donne. Su questa base, per esempio, il lavoro a tempo parziale
chiesto da molte in certe fasi della loro vita, viene ostacolato e,
nelle statistiche, viene interpretato come un segno di svantaggio femminile.
Il principio di uguaglianza domanda interpretazioni più intelligenti.
Nella società circolano anche originali desideri femminili. In
politica conta principalmente la leva su cui agire per ottenere effetti
desiderabili. In Italia (e non soltanto) il movimento femminista ha
sempre messo l'accento più sui desideri delle donne che sulla
parità con gli uomini. Non così il femminismo di stato
che prevale nelle politiche europee, fissato sulla parità.
Mira: Non ti sembra che in nome dell'uguaglianza la donna sia fatta
oggetto di riformismo utilitaristico?
Luisa: Sì, capita in molti casi, lo svela anche quel linguaggio
pseudofemminista che parla delle donne come di una "risorsa".
Fino a diventare una vera e propria beffa, come nel caso dell'età
pensionabile.
Mira: Secondo te il diritto all'eguaglianza potenzia o depotenzia i
diritti delle donne nella loro differenza dagli uomini?
Luisa: Preferisco parlare di un principio d'uguaglianza, cioè
di un a priori che sta a monte dei diritti. La tua domanda conserva
tutto il suo significato. La risposta non è semplice ma cercherò
di fare il taglio essenziale. Che è questo, secondo me: il principio
di uguaglianza, per se stesso, nel nostro tipo di società, può
fare poco per le donne, in positivo o in negativo. Quello che indebolisce
è non avere cura dei rapporti con altre donne e regolarsi, quanto
a sé, su quello che gli uomini sono oppure vogliono. Anche l'essere
contro gli uomini ha questo effetto dannoso. Quello che ci fa guadagnare
è la presa di coscienza personale (che cosa mi piace, chi sono,
che cosa desidero diventare
), più uscire dal confinamento
familiare per studiare, lavorare, avere autorità, più
la pratica dei rapporti tra donne. Che sono tre fattori che agiscono
in circolo tra loro e rafforzano l'autonomia femminile. Lo dice la storia
recente che, nei rapporti uomo-donna, ha visto un cambiamento favorevole
alle donne e accettato dagli uomini.
Mira: Da molto tempo, forse da sempre, sento il bisogno di dare una
significazione libera della mia differenza di sentire e di agire nel
mondo. Esistono mediazioni capaci di togliere capacità simbolica
all'attuale cultura maschile della rappresentanza, sia in campo laico
che in quello religioso?
Luisa: Non mi piace l'espressione "togliere capacità simbolica"
La potenza simbolica non è mai una minaccia. Se l'altro (o l'altra)
mi porta via il necessario per essere me stessa, forse le mediazioni
che difettano sono quelle tra me e me, quelle necessarie a essere e
a diventare me stessa, che sono le più fini e preziose. Si deve
tener presente, d'altra parte, che la cultura della rappresentanza sta
declinando; le subentra un individualismo portatore di solitudine e
di narcisismi. O di fanatismi. È in questa direzione che oggi
siamo chiamate e chiamati ad agire: che ci siano relazioni di scambio
e non identificazioni, che ci siano conflitti se necessario ma non schieramenti
(o, peggio, guerre), che ci sia mobilità interiore e non fissazione
di sé né chiusura in qualche setta.
Mira: Puoi spiegare cosa intendi per invenzione di "pratiche di
mediazione vivente"?
Luisa: Volentieri, ma lasciami dire che l'ultimo capitolo del Dio delle
donne (1) è dedicato a questo tema. Mediazione vivente significa
esserci in prima persona nelle cose e tra le persone, e non farsi sostituire
da parole già dette, da pensieri già pensati, dai comandamenti
di entità morte. Il Dio vivente è presenza. Che cosa significa
inventare pratiche: si tratta, a volte, di prestare attenzione al come
organizziamo le cose, al come ci mettiamo in rapporto con le/gli altri,
per togliere di mezzo rituali, automatismi, regole inutili, ripetizioni,
cercando gesti e parole dotati di significato, Altre volte, si tratta
di trovare le parole e i gesti della liberazione: di uscire dal seminato,
mi piace dire, e questa è invenzione in un senso più forte.
Mira: Secondo te l'attuale protagonismo femminile segna la differenza
dagli uomini?
Luisa: Sì, certamente, se non abbiamo in testa un'idea tutta
fatta della differenza femminile (cioè, uno stereotipo). Ma cerco
di interpretare la tua domanda. Mi chiedi, forse, se non prevalga fra
le donne l'imitazione degli uomini. No, secondo me, ma un certo imitazionismo
permane, specialmente nella vita pubblica. Un segnale di ciò
è nella preferenza per i titoli al maschile, preferenza che hanno
espresso molte di quelle che fanno carriera: il sindaco, il deputato,
il segretario, ecc. Non tutte: la presidente della Confindustria parla
di sé al femminile, per esempio. Negli altri paesi europei il
neutro-maschile è stato superato e di Angela Merkel, per esempio,
si parla come della cancelliera.
Mira: Anche nelle Comunità cristiane di base alcuni uomini si
stanno interrogando sulla loro differenza nei confronti delle donne.
Alcuni gruppi donne delle CdB il 2-3-4 dicembre prossimo faranno il
loro 19° Incontro naz.le separato e tu sarai con loro. Pensi sia
giunto il momento che donne e uomini possano fare agire la loro differenza,
per andare oltre l'uguaglianza dei diritti come assimilazione ai valori
maschili esistenti?
Luisa: Ogni realtà umana ha i suoi tempi e le sue esigenze. All'incontro
dei gruppi donne delle CdB io sono invitata, cioè sarò
ospite e non ho titoli per esprimere valutazioni come quella che mi
chiedi. In generale, direi, è finita la politica che fissa i
tempi in cui una cosa va bene o non va bene, in generale. La separazione
va bene. Lo scambio uomini-donne in presenza, va bene. Ma, in un caso
o nell'altro, che si opti per la separazione o per lo scambio in presenza,
si tratta di possibilità offerte a noi, donne e uomini, e poste
oltre l'assimilazione ai valori maschili esistenti. Non tutti, non tutte
colgono la possibilità di andare oltre? È il bello della
libertà
(1)
Luisa Muraro, Il Dio delle donne, Mondadori 2003.