| Da
Chair febbraio 2011
E se vostra nonna fosse stata una centaura? di
Silva Fedrigo Quante
volte nei vecchi film abbiamo ammirato splendide emancipate signore come Grace
Kelly guidare eleganti decappottabili attraverso bucolici percorsi di campagna?
Ad un certo punto Hollywood sdoganò la donna al volante: era impossibile
ignorarlo, sempre più donne guidavano, per necessità, desiderio
di libertà o ovvio esercizio di una pari opportunità. Ma le moto?
Dove sono le moto? Perché non compaiono donne in moto nei film, in televisione,
negli spot pubblicitari, nelle riviste? E se compaiono perché sono di solito
pin-up accostate alla moto come "decorazione" e mai come vere bikers?
Perché si dice spesso che per le donne è difficile guidare una moto?
In fondo oggigiorno ci sono donne che svolgono compiti ben più complessi
e faticosi, una volta tipicamente maschili. Viene un sospetto. La macchina
è diventata un bene di massa, buona parte dei modelli non rappresenta più
il motore come potenza, sport e libertà, ma è lo strumento utile
e quotidiano che serve per la gita domenicale della famiglia o per portare a scuola
i bambini. Una macchina così la guidano anche le mamme, alle donne è
permessa. La moto invece continua a suo modo ad essere uno status symbol: più
che un mezzo di trasporto, uno oggetto associato ad un piacere e a uno stile di
vita. Libertà, esplorazione, indipendenza, assenza di vincoli, orari, ruoli.
E forse questo territorio ancora non è considerato "cosa da donne".
Eppure le motocicliste ci sono e c'erano. Basta andare a cercarle, frugare
nella rete, negli archivi delle associazioni e nei libri e sbucano personaggi
superbi. Come Dot Robinson, australiana, figlia di un progettista e designer di
sidecar emigrato negli Stati Uniti per allargare il proprio business nei motori.
Dot cresce tra le motociclette ed è una delle pioniere delle due ruote
al femminile. Negli anni '30 e '40, partecipa col marito, anche lui motociclista,
a molte competizioni in diverse categorie, e, nonostante le difficoltà
e l'ostilità che trova nell'ambiente, ne vince alcune di rilievo. Con
Linda Dugeau, biker incontrata in una gara, nel 1941 crea Motor Maids, la prima
associazione americana che promuove il motociclismo tra le donne. Continuerà
a viaggiare in moto, anche su distanze lunghe e lunghissime, fino all'età
di 85 anni, collezionando una cosa come un milione e mezzo di miglia percorse. Bessie
Stringfield non fu da meno. Nata in Jamaica ma cresciuta negli States, guida la
sua prima moto, una Indiana Scout, a sedici anni. Poco più che adolescente,
viaggia attraverso gli Stati Uniti guadagnandosi da vivere con spettacolari numeri
da stunt nei parchi divertimenti. Spesso, a causa dei comportamenti razzisti che
incontra nei suoi viaggi, è costretta a dormire sulla stessa motocicletta
su cui si sposta. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale lavora come corriere
civile, trasportando in moto documenti per l'esercito da una base militare all'altra.
E' la prima donna afro-americana ad attraversare in solitaria gli Stati Uniti,
e lavorando per l'esercito farà la traversata otto volte in quattro anni.
Nel 2002 è entrata nella Motorcycle Hall of Fame: una specie di Nobel delle
due ruote! Incrociando foto e informazioni frammentarie in rete si trova notizia
di un'altra biker inarrestabile, piena di charme e carisma. La leggendaria
Anka-Eve Goldmann, alta, bella, tedesca, famosa per le sue straordinarie prestazioni
negli anni '50 e '60 su moto che nessuno all'epoca pensava una donna potesse guidare
e controllare: le pesanti e potenti BMW R67/3 e R69. Non solo: la signorina
Goldmann correva nei circuiti più impegnativi e difficili, come Nurburgring,
lasciando tutti a bocca aperta, al contempo scrivendo reportage e pezzi di vario
genere per le riviste di settore. In quanto donna, però, non viene ammessa
a partecipare a competizioni superiori come i Gran Premi. Ma non si accontenta
delle gare: è in sella tutto l'anno, con ogni condizione atmosferica, e
proprio per questo inizia a disegnare e progettare abbigliamento tecnico in pelle,
che oltre che bellissimo (tuttora un riferimento di stile ineguagliato) fosse
davvero caldo, comodo e funzionale. Fu lei a inventare la famosa zip diagonale
sui giubbetti da moto, particolarmente comoda per le biker donne. Freddo, pioggia
e neve, nulla la ferma. Partecipa anche ogni anno al celebre Elephant Rally,
una specie di esperienza estrema per qualunque biker che abbia il coraggio di
correre sulla neve e il fango. E come loro ce ne sono davvero tante. Ogni
tanto riemergono da soffitte e vecchie scatole altre foto ingiallite di signorine
compostissime su moto luccicanti o di amazzoni temerarie come Anke- Eve, e qualcuno
le mette su internet. Perciò il mio consiglio è: se non sapete
ancora tutto, ma proprio tutto di vostra nonna, date una controllatina ai vecchi
album e ai ricordi di gioventù. Chissà che non la troviate orgogliosamente
in posa su un Guzzi o un Gilera, pronta a sgasare, via, verso strade di campagna,
curve e vento. |