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Corsera -
4 febbraio 2005
No
alle mutilazioni genitali, vince il fronte delle donne
Sono 120 milioni le bambine e le donne africane menomate Bonino: «È
la prima sconfessione pubblica di questa pratica»
Alla Conferenza di Gibuti i religiosi hanno tentato di far dichiarare
legittima l' escissione parziale del clitoride ma le delegate si sono
ribellate
Cecilia Zecchinelli
DAL NOSTRO
INVIATO GIBUTI - È terminata con urla e fischi, poi con grida di
vittoria e abbracci tra le delegate la Conferenza sull' eliminazione delle
mutilazioni genitali femminili (Mgf, per gli addetti ai lavori), in corso
per due giorni a Gibuti, l' ex colonia francese sul Mar Rosso. Un tentativo
dei religiosi islamici partecipanti all' incontro di dichiarare «legittima
l' escissione parziale del clitoride a condizione che ad eseguirla siano
specialisti e chirurghi» è finito nel nulla dopo le fortissime
proteste delle donne presenti al convegno. Una vera rivolta che ha spinto
il ministro del Culto di Gibuti a dichiarare che «in nome di Dio
misericordioso e clemente, quella frase viene cancellata dal documento
finale». Organizzata dal governo locale e da No Peace Without Justice,
l' Ong per i diritti umani fondata dall' europarlamentare Emma Bonino,
all' interno della grande campagna lanciata nel 2003 al Cairo contro la
«circoncisione femminile», la Conferenza aveva visto per due
giorni una spaccatura profonda. Da un lato gli Ulema islamici: una quarantina
di religiosi con copricapi ricamati e barbe intenti a scambiarsi erudite
citazioni da Corano e Detti del Profeta in arabo classico, sul tema degli
organi genitali femminili e sul fatto che la loro asportazione - simbolica,
parziale, totale - sia proibita, legittima o perfino obbligatoria. Una
discussione quasi surreale se non fosse che sono almeno 120 milioni le
bambine e le donne africane colpite ancora oggi da Mgf, con diffusioni,
in Paesi come Gibuti o la vicina Somalia, fino al 98% della popolazione
femminile. Dall' altro lato donne di tutto il mondo, soprattutto africane.
Attiviste dei diritti umani, responsabili di Ong, medici, ma anche ministre
di governi, che hanno raccontato i primi successi della campagna e discusso
le nuove sfide. Emma Bonino ha annunciato che «dopo otto Paesi,
anche Gibuti ha ratificato il Protocollo di Maputo», coraggiosa
carta dei diritti della donna africana lanciata nel 2003, che sancisce
anche l' illegalità di ogni mutilazione e che entrerà in
vigore quando i Paesi saranno 15. La ministra degli affari interni del
Kenya, Linah Kilimo, ha spiegato come «la questione Mgf sia finalmente
passata da una questione privata a un ambito di politica nazionale e regionale».
Ma è stato nella stanza laterale, quella degli Ulema, che si è
potuto capire come la battaglia sia ancora in corso. Accerchiati da donne
allibite, gli Ulema si sono dilungati in dissertazioni anatomiche-religiose
che per la prima volta nella storia hanno avuto un pubblico. Il numero
due della potente università religiosa egiziana di Al Azhar, sheikh
Ismail El Deftar, ha ammesso che «nel Corano non c' è indicazione
di questa pratica». In sostanza, ha però concluso, se la
mutilazione totale (clitoride, piccole e grandi labbra, ovvero la cosiddetta
circoncisione faraonica diffusissima in Africa centro-orientale) «è
proibita dall' Islam», quella parziale «è legittima
anche se non obbligatoria, purché non abbia conseguenze per la
salute». Stesso parere da un altro sheikh di Al Azhar, Mohammad
Othman. E ben più pesanti sono stati gli interventi degli Ulema
locali: l' imam gibutino Mohammad Amin ha perfino dichiarato, tra gli
applausi, che «ogni tentativo di rendere illegittima la circoncisione
parziale porterà noi religiosi a dichiararla obbligatoria».
«È vergognoso, gli Ulema sanno benissimo che l' Islam, come
ogni religione, non ha niente a che fare con questo orrore», ha
detto Boge Gabre, epidemiologa etiope. «Molti di loro difendono
le Mgf ma poi la evitano alle loro figlie, sanno quanto è orribile»,
ha dichiarato indignata Hawa Aden, attivista somala. «Non mi ha
sorpreso questa levata di scudi - ha commentato Daniela Colombo, presidente
della Ong per i diritti della donna Aidos, partner della conferenza -.
Tutte le religioni sono contro la donna». Ed Emma Bonino, soddisfatta
della conclusione della Conferenza, ha sottolineato: «Per esperienza
so che quando un dibattito diventa pubblico è già quasi
una mezza vittoria, si esce da una mielosa generalizzazione, si scoprono
i giochi. Il problema, adesso, è fargli uscire sempre più
allo scoperto. E andare avanti».
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