Libreria delle donne di Milano

15-5-2002 Corriere della Sera

Maternità, la sconfitta delle quarantenni
Un libro-inchiesta sull' «equivoco» della fertilità possibile anche in età avanzata: colpa delle false promesse della scienza.
DANIELA MONTI

MILANO - Ci hanno detto che per avere un figlio si potevano anche aspettare i quarant' anni e un' intera generazione di donne ci ha creduto, posticipando la maternità dopo lo studio, la carriera, la conquista di un certo equilibrio personale, l' incontro con l' uomo giusto. Adesso un libro rimette tutto in discussione, facendo da cassa di risonanza a quello che i ginecologi vanno ripetendo da qualche anno, quasi sempre inascoltati: non è vero che non è mai troppo tardi, non è vero che non ci sono dei limiti. La scienza della fecondità può fare miracoli per una venticinquenne con le tube ostruite, oppure una trentaduenne che ha un partner con sperma «debole», povero di spermatozoi. «Ma per la sterilità relativa all' età non c' è terapia», attacca l' economista americana Sylvia Ann Hewlett nel suo «Creating a Life», presa d' atto di una disfatta, inchiesta amarissima su quello che le donne credevano di aver conquistato e sul poco che invece hanno ottenuto. Perché avere un figlio fra i 38 e i 40 anni è molto più difficile di quanto si creda: per una che ci riesce, c' è una pattuglia di donne, magari equilibratissime, magari coltissime, che passerà il resto della vita a scontare l' illusione (alimentata da una certa scienza medica) di poter fermare le lancette dell' orologio biologico. «Un terribile equivoco: il maggior numero di problemi di infertilità è legato proprio all' età troppo avanzata delle donne», conferma Eleonora Porcu, responsabile del Centro di fecondazione assistita dell' Università di Bologna, una figlia avuta a 34 anni («età ai limiti», dice), dopo l' assunzione all' Università, e un rammarico: essere caduta lei stessa nell' equivoco, «ne volevo un' altra, ma non ce n' è stato il tempo».

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TERRIBILE EQUIVOCO - «Sulla fecondità in età matura circola un ottimismo falso, ingiustificato», riassume Eleonora Porcu. La riprova sta in un' indagine dell' Associazione statunitense sull' infertilità che dimostra quanta superficialità e ignoranza avvolga questi temi, in Europa come negli Usa: 9 giovani donne su 10 si dicono sicure delle proprie possibilità di restare incinte a 40 anni e 4 su 10 sono convinte che la fertilità cominci a declinare dopo i 38. Un disastro: la «finestra» temporale per avere bambini è molto più stretta di quanto si vuole credere e l' ideologia, il femminismo, la sacrosanta voglia di affermazione femminile non c' entrano. Sono i fatti, punto e basta. «Già a 30 anni comincia ad esserci una minore capacità complessiva da parte dell' organismo di produrre ovuli veramente capaci di essere fecondati», spiega la ricercatrice bolognese. «Questo non significa che non sia possibile avere una gravidanza anche dopo i 40 anni: è possibile teoricamente, ma molto improbabile». E le tecniche di fecondazione assistita? «Può avere senso fare trattamenti poco invasivi - risponde Eleonora Porcu -. Per esempio, la superovulazione. Con questa tecnica le possibilità di restare incinta aumentano di un 4-5% per cento. E arriviamo al 15-20%». Ma più in là di così non si va.

MADRI A 25 ANNI - Il tempo giusto? «Bisognerebbe cercare di avere bambini fra i 25 e i 30 anni, perché è tutto più semplice. Purtroppo un altro equivoco è quello legato alla pubblicità data ai casi di nonne-madri: a molti non è stato chiaro che lì c' era una donazione di ovulo da una donna giovane ad una anziana. Non si trattava, quindi, di gravidanze fisiologiche», chiude la Porcu. D' accordo la scrittrice Hewlett: forse la soluzione è dedicare gli anni fra i 20 e i 30 a costruirsi una carriera, poi prendersi una pausa e avere figli, «farete alcuni compromessi, ma avrete il tempo per rientrare in gioco». Facile? «Le donne hanno vinto tutte le battaglie, ma stanno perdendo la guerra - commenta amaro il sociologo Sabino Acquaviva -. Occorrerebbe un programma politico serio per invertire la tendenza nella natalità. Ma, per quanto mi guardo in giro, non vedo niente di nuovo».

«Non fate come i maschi, date la precedenza alla vita privata»
Farkas Alessandra

NEW YORK - «Volevo scrivere un libro - spiega Sylvia Ann Hewlett - per celebrare le conquiste della generazione di donne pioniere che dagli anni 70, grazie al femminismo, hanno abbattuto ogni barriera». Ma dopo aver studiato per anni un foltissimo campione di donne d' affari, ricche e plurilaureate, la celebre economista e scrittrice di origine inglese ha dovuto invertire la rotta.
«Creating a Life», Creare una vita, il suo ultimo controverso libro appena uscito in America, usa le statistiche per distruggere il mito femminista della superdonna che può avere tutto: carriera, figli e famiglia. «Chi ritarda la maternità - è la sua tesi - si autocondanna ad una vita senza figli».
«I numeri parlano da soli - spiega la Hewlett - il 42% delle dirigenti americane a 40 anni non ha figli. Anche avvalendosi delle ultime tecniche scientifiche, a quell' età solo il 3-5% di loro riesce a rimanere incinta. Ciò spiega come mai appena lo 0,1% dei bambini americani nasca da mamme di 45 anni».
E' un problema soltanto americano?
«Niente affatto, la biologia è la stessa per l' italiana o la francese. La fertilità di una donna comincia a declinare a 27 anni e precipita dopo i 35. Il motivo è semplice: nasciamo con tutti i nostri ovuli che col tempo si esauriscono. Quando raggiungiamo i 40 anni i pochi rimasti sono spesso difettosi e anormali».
Però nel suo studio il 90% delle donne sono convinte di poter diventare mamme a 40 anni.
«Ed è proprio questo lo scandalo. Queste donne sono vittime delle false promesse di un' industria della fertilità che si serve dei mass media per gridare troppo facilmente al miracolo. Illudendole di potersi dedicare con comodo alla carriera, relegando figli e famiglia in ultimo. E invece l' orologio biologico è brutale e una volta perso il treno, non c' è più nulla da fare. Ma la colpa è anche della nostra cultura».
In che senso?
«E' stato un grande errore clonare il modello del maschio aggressivo e competitivo, cercando di applicarlo all' universo femminile. Soprattutto perché dal mio studio risulta che solo il 7% degli uomini si sentono completamente realizzati. Anche se sulla carta hanno tutto - carriera, moglie e figli - la maggior parte del padri si lamentano d' essere talmente schiacciati dal lavoro da non potersi dedicare sufficientemente alla famiglia. La nostra cultura del lavoro penalizza sia gli uomini che le donne».
C' è luce alla fine del tunnel?
«Certo che c' è. Dovremmo prendere esempio da ditte come Ernst&Young, Merck e Ibm che offrono ai propri impiegati settimane lavorative ad orario ridotto. Il mio consiglio alle giovani donne: date la precedenza alla famiglia e cercate di mettere nella vita privata la stessa energia che usate nella carriera. Solo così finirete per realizzare entrambe. Il che, dopotutto, è ciò che il 90% delle donne vuole».