Libreria delle donne di Milano

Corsera 17-Luglio 2005

ARGENTINA Daniela Padoan incontra le «pazze» di Plaza de Mayo e indaga sul
ruolo delle gerarchie cattoliche negli anni di Videla
Il silenzio della Chiesa, l’urlo delle madri
di CARLO VULPIO

Se è vero che un libro vale quando riesce a farne leggere almeno un altro,
allora Le pazze di Daniela Padoan è un libro di valore. Diciamo subito che
la ricca bibliografia che correda questo «Incontro con le madri di Plaza
de Mayo» stimola la lettura di più di un altro libro sui desaparecidos, il
genocidio argentino avviato nel 1976 dalla giunta militare golpista del
generale Jorge Videla (trentamila persone scomparse, per lo più ragazzi
tra i venti e i trent’anni), ma «il » libro che Le pazze spinge a leggere
più di ogni altro è Niente asilo politico, diario di un console italiano
nell’Argentina dei desaparecidos (Editori Riuniti), di Enrico Calamai, il
diplomatico italiano che durante quegli anni terribili fu tra i pochissimi
uomini delle istituzioni (assieme al presidente della Repubblica, Sandro
Pertini) a non voltarsi dall’altra parte. Al contrario, Calamai rischiò in
prima persona, arrivando a falsificare documenti per salvare vite umane,
come nel 1944 fece Giorgio Perlasca per salvare i «suoi» ebrei ungheresi.
E questo, proprio mentre sul dramma argentino persino la Chiesa cattolica
sceglieva la via del silenzio. Le pazze ha anche quest’altro merito: di
ricostruire, attraverso documenti e testimonianze dirette, un’altra pagina
grigia poco conosciuta della Chiesa di Roma, che oggi meriterebbe di
essere affrontata senza reticenze dallo stesso papa Benedetto XVI, non
fosse altro che per onorare la memoria di quei centoventicinque sacerdoti
e due vescovi (Angelelli e Ponce de León) desaparecidos perché si opposero
ai «nazisti», così li chiamavano e questo erano, che si impadronirono del
potere in Argentina. Anche per quei preti assassinati, furono le madri dei
desaparecidos le prime persone a chieder conto. Si unirono e si misero
alla ricerca dei propri figli e dei figli di tutti, reclamandoli ogni
settimana, per mesi e per anni, in Plaza de Mayo, davanti alla Casa
Rosada, il palazzo del governo. Non ci volle molto ad anagrammare in
pazzia quella piazza che malvolentieri le accoglieva assieme ai loro
fazzoletti bianchi. Pazze, le chiamavano, e come pazze le trattavano.
Fissate. Ammalate di dolore. Incurabili. Dicevano, quasi tutti, anche
importanti uomini di Chiesa, che avrebbero resistito poco in quella loro
ostinata ricerca dei figli, e invece hanno resistito per ventinove anni,
rinunciando anche ai soldi a titolo di risarcimento che l’ex presidente
Carlos Menem aveva loro offerto per «chiudere» la vicenda. Hanno resistito
fino all’altro ieri, quando l’attuale presidente della Repubblica
argentina, Nestor Kirchner, si è pubblicamente dichiarato «figlio delle
madri di Plaza de Mayo» e la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionali
le due leggi, Obediencia debida e Punto final, consentendo di processare i
criminali che erano stati amnistiati.
«Le pazze» ce l’hanno fatta, e senza rinnegare l’attività politica dei
figli. Anzi, difendendo anche quelli che tra loro avevano scelto la
resistenza armata, «perché non è reato opporsi con le armi alla dittatura
e al tiranno». Ma «le pazze», finalmente, sono state anche credute. Grazie
ai documenti della Cia sull’Operazione Condor in America Latina,
desecretati, persino il fronte negazionista (ce n’è sempre uno per ogni
olocausto, genocidio o crimine contro l’umanità) ha dovuto arrendersi
all’evidenza.
Paesi come la ex Unione Sovietica e partiti come l’ex Pci fingevano di non
vedere, nemmeno l’ Unità ne scriveva, mentre le oneste corrispondenze del
povero Giangiacomo Foà per il Corriere della Sera infiltrato dalla loggia
massonica P2 di Licio Gelli, amico di quei generali, presidenti e
cardinali, stentavano a trovar spazio. Ce n’era invece per i Mondiali di
calcio giocati negli stadi in cui si torturavano i dissidenti, non per la
vicenda di Jacobo Timerman, direttore de La Opinión, sequestrato perché
ebreo e dunque sospettato di essere parte di una fantomatica operazione di
conquista giudaica della Patagonia. L’Argentina, grazie anche alla
«collaborazione» del Perù, che si fece sconfiggere per sei gol a zero in
semifinale, vinse il Mondiale contro l’Olanda. Per la cronaca, era
olandese l’unica tv che riprese le madri a Plaza de Mayo e fece fare a
quelle immagini il giro del mondo.