20 aprile
2010, Corriere della sera
PIU' LIBERE
O MENO LIBERE? L'eterno vittimismo indebolisce le donne Di
Terragni Marina
Caro direttore, la
cosa importante è che il messaggio passi: è stato tutto inutile.
Il femminismo ha fallito. Siamo tutte meno libere e più sole di 20 anni
fa. Appena possono ci licenziano. Ci costringono alla taglia 42. Le ragazze vogliono
fare le veline. Ci violentano, ci sfruttano. Non ci permettono di autofecondarci
con il seme congelato di uno sconosciuto con pedigree. Neanche la libertà
di affittare l' utero come capita nei paesi civili. Non ci lasciano abortire,
il che, com'è noto, è la nostra passione, preferibilmente nel bagno
di casa, con il bidet e tutte le comodità. Stiamo peggio qui che a Kandahar.
E in menopausa rincoglioniamo, nonostante i cerotti. Siamo messe veramente male.
Andate in un convegno di donne - noi giornaliste ci invitano spesso - e provate
per una volta a non piagnucolare, a non battervi il petto come delle prefiche.
Provate a parlare di rivoluzione womenomics, di femminilizzazione del lavoro,
della grande vitalità del mondo delle donne, di agio conquistato: per esempio
questo, di poter confliggere tra donne sul più grande quotidiano italiano.
Vi guarderanno sbigottite, qualcuna comincerà a opporvi che il capo le
fa il mobbing, e anche la capa, perché si sa che le donne sono tremende
con le donne. E poi, attacca banda: appena possono ci licenziano, ci costringono
alla taglia 42, eccetera. Il vittimismo vende. Conquista le prime pagine. Una
propaganda martellante: siamo le care vecchie vittime di sempre, anzi di più.
E invece gli uomini, guardali lì, che meraviglia. Tutti in formissima.
Pazienza se la recessione in America la chiamano he-cession. Pazienza se nel giro
di un ventennio le nostre ragazze saranno le breadwinner, e i maschi al traino.
Semmai il problema è quello, l'identità maschile che si disfa: basta
essere madri di un ragazzo per averne un'idea. Pazienza se c'è stato un
film come American Beauty, che dovrebbe avere definitivamente cambiato il nostro
immaginario sulle relazioni tra i sessi. Le vittime siamo noi, e guai a chi ci
usurpa il posto. All'apparenza Susanna Tamaro e Maria Laura Rodotà dicono
cose opposte: l'una che la parità e l' omologazione hanno ridotto la portata
della libertà femminile; l'altra che il problema, semmai, sta nella difettosa
emancipazione, nella parità non realizzata, nel fatto che le femministe
italiane hanno perso inutilmente tempo a baloccarsi con il pensiero della differenza.
E invece entrambe contribuiscono vigorosamente alla propaganda di cui sopra (a
noi donne è andata proprio male), si allineano e si danno man forte nel
dipingere una situazione di illibertà e debolezza femminile. Offrono nuovi
argomenti alla vulgata vittimistica che negli ultimi anni ha preso ad assordarci.
Non che non ci siano problemi, per carità. I problemi esistono, eccome.
E il problema numero uno, come dice Luisa Muraro, esponente di punta di quel pensiero
della differenza a cui Rodotà attribuisce la responsabilità principale
delle nostre miserie, è l'attaccamento degli uomini al potere, inteso come
"costitutivo della loro identità". Vuole dire che senza quel
potere che vogliono tutto per sé gli uomini non sanno come essere uomini,
non sono capaci di stare al mondo, anche se in giro ce ne sono alcuni che, preso
sconsolatamente atto della fine del patriarcato, si sono messi a esplorare altre
possibilità. Ebbene, invece di tenere lo sguardo su questo, sull' indebolimento
degli uomini con tutti i guai che si porta dietro, che è la cosa principale
che sta capitando, e proprio in conseguenza di quel femminismo di cui molte negazioniste
si impegnano a minimizzare la rilevanza, invece di parlare di questione maschile,
eccoci ancora qui, con le nostre lacrime e i nostri fazzoletti ricamati. Ma questa
propaganda vittimistica e rabbiosa fa il gioco di controparte, che in questo modo
può negare il vero problema e tenere duro ancora per un po'. Ci indebolisce,
è molto dis-empowering. Fa molta presa sulle più giovani, le induce
ad accontentarsi di quel poco, le tiene lontane dagli orizzonti grandi: tanto
non ci arriverai mai. Accontentati di quella mezz'ora concessa dall' azienda se
il bambino ha la febbre, non puntare a cambiare l'organizzazione del lavoro -
desiderio anche maschile -. Abortisci da sola con un paio di pillole, questa sì
che è libertà, non quella di pretendere che si faccia festa per
il tuo bambino. Lotta per il minimo paritario, alimentando il business milionario
delle pari opportunità e delle sue professioniste, e non per stare nel
mondo con pienezza da donna. Recrimina e mostrati bisognosa, così non li
spaventerai. Non andare baldanzosa per la tua strada, non crearti una vita come
vuoi tu, non approfittare di quelle vertiginose libertà che il desiderio
ardente di altre donne - senza quote, senza parità, senza rappresentanti
elette in Parlamento - ti ha fatto guadagnare. Piangi. E dì che il femminismo
non è servito a nulla. Marina Terragni
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