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2 Febbraio 2009 Ma
lo stupro oggi è orrore insostenibile
di
Letizia Paolozzi Qualcosa
ancora sullo sfregio inflitto alle donne. Può sembrare un'eresia in
tempi di vendette suggerite e invocate, gogne mediatiche, roghi appiccati "per
divertimento", eppure continuo a pensare che è cresciuta la sensibilità
sociale, anzi, l'insopportabilità dello stupro. Provo a spiegarmi. Al
Consiglio di sicurezza dell'Onu viene approvata all'unanimità (il 20 giugno
del 2008,) la risoluzione 1820 che classifica lo stupro arma di guerra. A sponsorizzarla,
oltre trenta paesi, tra i quali l'Italia, che finalmente nominano la ripugnanza
di fronte a uno scempio perpetrato per umiliare il nemico, il suo suolo, la sua
patria. E per umiliare il corpo femminile giacché si ripete in un luogo
appartato, accanto a una discoteca, alla fermata della metropolitana di un paese
che non è in guerra. Un paese dove però la televisione, i giornali
pieni di interviste, i commenti, le prese di posizione di politici, di amministratori,
del ceto intellettuale si rendono conto dell'obbrobrio. E solidarizzano, nonostante
la stortura dei messaggi, l'esibizione delle viscere, lo sguardo strabico che
si appunta soprattutto sulle violenze compiute da extracomunitari. Anni fa
questa solidarietà non l'avremmo sentita. Anni fa della ragazza aggredita
di notte al capolinea dell'autobus, davanti al garage di casa, all'angolo del
locale notturno, si sarebbe detto: "Se l'è cercata". Non assisteremmo
a un simile cambiamento senza quel femminismo che aprì allora un conflitto
durissimo per "rompere la teoria secondo la quale ogni donna era in realtà
colpevole dell'abuso sessuale che aveva subito" (l'ha scritto Lucia Annunziata
sulla "Stampa"). Fu un profondo cambiamento. Come tutti i cambiamenti
ha i suoi lati oscuri. Giacché l'autonomia che le donne oggi possiedono
significa non solo lavorare, andare a ballare, viaggiare da sola ma anche sognare
il mestiere di velina, la apparizione al Grande Fratello, il contratto da signorina
tette-al-vento. Significa che uno squinzissimo presentatore fa sganasciare il
pubblico con l'esaltazione delle sue parti anatomiche. E significa che la pubblicità
va a parare al corpo femminile. E' vero, la nudità esibita toglie valore
alle donne. Allora, a quei programmi, a quella pubblicità dovrebbe opporsi
il femminismo (si domandava Ida Dominjianni sul "Manifesto")? Rispondo
per me. Non mi piace lo sbracamento della cultura di massa quando offre immagini
degradate delle donne (ma anche degli uomini). Tuttavia, ho troppo rispetto della
loro autonomia per non sapere che a decidere di sé sono le donne stesse. [
] Dal
momento che (in un numero enorme di casi) sono padri di famiglia, fidanzati, fratelli,
mariti, amanti a uccidere, stuprare, maltrattare le donne tra le pareti domestiche,
piuttosto che rubricare la galleria di orrori dall'accanimento sul corpo femminile
al rogo dell'indiano sotto la voce violenza (Miriam Mafai su "Repubblica"),
non sarebbe giusto - giacché non tutti gli uomini stuprano ma gli stupratori
sono tutti uomini - anche cominciare a interrogarsi sulla sessualità maschile? Rita
Bernardini, radicale eletta nelle liste del Pd, è andata in carcere a verificare
la condizione dei rumeni di Guidonia. Gli insulti, una violenza speculare, sono
fioccati nel suo sito. Ha spiegato di averci trovato "tanto sesso, tanta
sessualità repressa". Il femminismo sulla sessualità degli
uomini si è interrogato e lo fanno le Case delle donne maltrattate. Anche
qualche uomo ha detto che "la violenza contro le donne ci riguarda". Ci
si potrebbe aspettare soprattutto questo dalla politica e dall'informazione, più
che soffiare sul fuoco razzista, per inciso un'altra forma di violenza molto spesso
maschile, e più che strologare sulle frasi del premier o sulla "tolleranza
zero" e chi la applica e chi no.
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