Libreria delle donne di Milano

il manifesto - 30 agosto 2001

"Colpa del movimento? Il teorema è crollato"
IDA DOMINIJANNI

Fra i membri del comitato d'indagine su Genova, Antonio Soda, Ds, non smette di battere su un punto: garantire il diritto di manifestare spetta alle forze dell'ordine, non al movimento. Non si può scaricare sul movimento la colpa di non aver isolato "i violenti" nei cortei di Genova. Ieri Soda e altri con lui hanno segnato un punto. A fronte delle dichiarazioni d'impotenza di Colucci, dall'audizione di Andreassi risulta non una impreparazione un fallimento della strategia "anti-guerriglia".

Quali novità introduce l'audizione di Andreassi?

La tesi del governo recita che le forze dell'ordine non sono riuscite a fronteggiare la situazione a causa della permeabilità, anzi della connivenza, dell'intero movimento coi "violenti". Ora emerge un altro quadro: grazie anche alle indicazioni fornite dal centro di prevenzione di La Barbera, si sapeva benissimo come si sarebbero mossi i Black bloc, e per accerchiarli era stato predisposto un piano che prevedeva l'uso di reparti mobili agili. La mattina del 20 infatti venne mobilitato - contrariamente a quanto sostenuto da Siracusa - il Tuscania. Il quale però "sbagliò strada", dice Andreassi. Dopodiché i reparti "agili" diventano pattuglioni lenti incapaci di qualunque controllo del territorio. Perché?

Andreassi dice: per evitare un altro caso Giuliani, ovvero reazioni inconsulte da parte di carabinieri troppo esposti...

Sì, ma in realtà elude il punto. L'uso dei reparti mobili era stato stabilito dall'ordinanza del questore del 12 giugno: chi cambia quell'orientamento, quando e perché? Come mai, se come ci dicono i capi dei reparti conoscevano Genova alla perfezione, il capo del Tuscania "sbaglia strada"? Il piano approntato a giugno doveva rispondere a tre obiettivi: garantire lo svolgimento del G8 e la sicurezza dei "grandi", garantire il diritto di manifestare pacificamente, isolare i violenti. Mancato il terzo obiettivo, crolla anche il secondo. Chi ha cambiato il piano non ci ha pensato?

Fallimento dunque, non sorpresa e impreparazione.

Sì. Tecnicamente, l'unico obiettivo mantenuto è stato quello della sicurezza dei grandi. Politicamente, il teorema che ci era stato presentato - situazione ingestibile a causa dell'incapacità del movimento di isolare i violenti - crolla miseramente di fronte a questo fallimento della strategia dell'ordine pubblico. Ed è un teorema insostenibile: caricare sul movimento il compito di espellere le frange violente significa, di fatto, invitare tutti a starsene a casa, alla faccia del diritto di manifestare. Lo stesso Andreassi ha dovuto ammetterlo.

Andreassi prima è parso annettere le Tute bianche ai "violenti", poi le ha ascritte alla parte "dialogante" del movimento, salvandone la pratica di negoziazione con le forze dell'ordine....

Sì, ma questa oscillazione di giudizio nei confronti del movimento o di alcune sue parti resta uno dei punti più opachi dei lavori del comitato. Sulle Tute bianche, Pericu ha detto che il loro attacco alla zona rossa era virtuale, La Barbera che si trattava di una "sceneggiata concordata", Andreassi di manifestazioni che restano sul confine della legalità, altri di un attacco selvaggio... Chi ha interesse a focalizzare tanto il discorso su di loro? E perché questo pendolo fra fiducia e diffidenza?

Ci sono altri punti opachi?

Sull'incursione alla Diaz: si decide di farla senza il reparto celere, La Barbera consiglia di lasciar perdere, il blitz va avanti e in quel modo. Sui servizi: le informazioni che hanno fornito, secondo La Barbera erano del tutto inutili. Si ripropone il solito interrogativo sull' intelligence...

Con questi punti in discussione, come fa il presidente Bruno a contare su una relazione finale unitaria?

Se si ammettono i fallimenti di strategia e gli eccessi commessi in un quadro generale di perdita del controllo della situazione, si può anche approdare a una relazione unitaria. Ma se la tesi resta quella del movimento connivente coi violenti, è chiaro che noi diremo la nostra con una relazione di minoranza.