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- Giugno 2006 Recensione
di: Vita Cosentino (a cura di), Lingua bene comune, Città
Aperta Edizioni, Enna 2006, pp. 258, euro 16 di MARCO LORENZINI
La
lingua che usiamo nel nostro vivere quotidiano dà immagine e forma alle
cose, alla sostanza delle cose e alle relazioni tra persone; persone che sono
soggetti di plurime collettività (culturali, socio-economiche, politiche)
e allo stesso tempo individui consapevoli di essere tali quando sanno stare con
gli altri. La lingua è lo strumento che influenza e giustifica questo fine,
è un sapere particolare trasmissibile al quale si può educare, ma
la visione illuminista che legava questa padronanza alla emancipazione è
entrata in crisi come la modernità. La globalizzazione mediatico-linguistica
ha riproposto il problema politico della lingua oltre i temi della forma e della
funzione, perché la massificazione globalizzata ha accelerato i processi
di liberazione collettiva, ma ha schiacciato la voce di ogni individuo. Ecco perché
la parola che scaturisce dalla relazione è un ponte gettato sul rumore
di fondo della globalizzazione, una forma di orientamento simbolico che funziona
come struttura assente, ma agente sulle competenze linguistiche. Allora riflettere
sulla lingua come bene comune è questione politica aperta che ci ripropone
la domanda su come nasce e cresce un soggetto linguistico in uno spazio di relazione
pubblica. L'introduzione di Paola Bono ci informa che il libro è un
percorso di riflessione collettiva che, a partire da una proposta di Vita Cosentino
(curatrice della pubblicazione con Guido Armellini, Gian Piero Bernard, Paola
Bono, Laura Fortini, Antonietta Lelario), ha coinvolto esponenti del movimento
dell'Autoriforma gentile, della Società Italiana delle Letterate, del GISCEL
(Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell'Educazione Linguistica) del Piemonte
e del Circolo Bateson di Roma. In questo libro a prender parola sono soprattutto
le insegnanti, non più vestali che difendono il fuoco sacro della grammatica,
ma sciamane invisibili della parola che riflettono sulla forza di trasformazione
del linguaggio, sul rapporto tra oralità e scrittura, sull'errore e sull'importanza
delle differenze, sulla lingua che è in grado di inventarsi un possibile
nuovo mondo. |