|
da
Leggendaria n.50 (giugno 2005)
PENSARE
IL CAMBIAMENTO
COME DEFINIRE LE CONDIZIONI PER UNA CULTURA E UNA CONVIVENZA TRA SOGGETTI
DIFFERENTI
Intervista di Paola Azzolini a Luce Irigaray
Luce Irigaray,
a Verona nel marzo scorso per un seminario nell'ambito del seminario organizzato
dall'associazione "Il filo di Arianna" sul tema L'insostenibile
violenza delle donne, ci ha gentilmente aggiornato sul suo lavoro
e sulle sue ultime pubblicazioni. Sono passati trent'anni dalla pubblicazione
in Italia, di Speculum. L'altra donna nella splendida traduzione
di Luisa Muraro, ma l'attualità e il valore rivoluzionario del
suo pensiero rimane intatto. Come intatta rimane la ricezione che in Italia
ha trovato la sua filosofia, centrata sulla necessità di recuperare
la mancata esperienza dell'altro, il dialogo fra i generi, che è
alla base di qualsiasi altro dialogo fra entità e individui diversi.
In questi anni Luce Irigaray ha ulteriormente sviluppato la sua riflessione,
affrontando il tema della differenza a livello di democrazia e di linguaggio,
cioè di educazione dei giovani. Secondo Irigaray è necessario
oggi lavorare a livello educativo alla costruzione di un terreno comune
tra i sessi, fatto da un linguaggio e una cultura condivisi, nel rispetto
delle reciproche differenze. Inoltre ha preso posto fra i temi della sua
riflessione quello della felicità e dell'energia vitale.
Quali
sono i tuoi interessi e i tuoi progetti di lavoro in questo periodo?
In questi
ultimi anni lavoro anzitutto alla terza parte della mia opera: definire
e mettere in pratica le condizioni per una cultura e una convivenza fra
soggetti differenti, di cui il paradigma più universale è
la relazione uomo e donna, uomini e donne. La prima parte del mio lavoro
era dedicata alla critica di una cultura basata e gestita a partire da
un unico soggetto, sedicente neutro, in realtà maschile. La seconda
parte era centrata sulla definizione di valori necessari per assicurare
l'autonomia del soggetto femminile. Certo le tre parti si mescolano e
interagiscono: si parla della necessità di una cultura a due soggetti
già in Speculum. Il mio lavoro attuale è più
costruttivo. Probabilmente per questo è meno apprezzato da donne
che si fermano alla critica, alla decostruzione, più che curarsi
di creare una nuova cultura.
Quello
che dici potrebbe spiegare la violenza, di cui sono protagoniste oggi
le donne e di cui tanto si parla?
Forse le
donne che, per tanti secoli, hanno tuonato contro di loro la violenza
patita hanno bisogno di farla uscire, di manifestarla esteriormente. La
critica, una certa comprensione della decostruzione corrispondono a gesti
assai aggressivi di cui sembra necessitano certe donne. Capisco questa
necessità ma temo che fermarsi alla critica o all'identificazione
all'oppressore non possano essere un modo di acquisire una vera autonomia,
soprattutto quando si tratta di un atteggiamento globale e non solo intellettuale.
Per di più non fa sbocciare la felicità. Da lì risulta
un circolo vizioso, in cui la donna genera la propria infelicità.
Sarebbe
interessante avere qualche notizia elle tue recenti pubblicazioni, non
ancora uscite in Italia...
I miei ultimi
libri, stampati per prima in inglese, trattano delle vie per giungere
una cultura a due soggetti più giusta e felice. La Via dell'amore
(The Way of Love) propone cammini, segnatamente nel parlare, per potere
avvicinarsi all'altro ed entrare in dialogo. Cerco di fare sentire come
il fatto di risolvere la questione della convivenza fra i sessi, i generi,
ci aiuta a trattare le altre differenze: di generazione, di cultura, di
razza... Lo stesso atteggiamento vale in ogni caso: rispettare le differenze
dell'altro. È sbagliato opporre o contrapporre la differenza fra
i sessi e la differenza fra le culture o le razze come fanno certi o certe.
Ma è vero che, per prima, è necessario confrontarsi con
la differenza fra i sessi che coinvolge l'intera persona e ci costringe
a coltivare i nostri istinti. E anche stato pubblicato un insieme di venti
testi organizzati in cinque parti: filosofia, linguaggio, arte, spiritualità,
politica, che trattano dello stesso argomento: come elaborare una cultura
che non supponga un soggetto neutro e universale, ma che tenga conto della
o delle differenze in ogni ambito (cfr. Luce Irigaray, Luce Irigaray:
Key Writings, 2004).
Il tuo
lavoro tiene conto della realtà? Non rischia di fermarsi alla teoria?
Il mio lavoro
suscita entusiasmo quando lo conoscono anzitutto da parte dei più
giovani ma provoca anche rigetto, perché tocca la realtà
e chiede di cambiarla, di evolversi. Molti discorsi oggi sono fondati
sull'ideologia, per di più un'ideologia non adatta al presente.
Sono ascoltati dalla gente già convinta, su cui esercitano una
sorta di seduzione e repressione morale che si propaga come ciò
su cui conviene accordarsi. Sono sostenuti dai mass media perché
incontrano il successo di un rumore che si comunica, di cui si parla ma
che non chiede lo sforzo di un cambiamento, per prima di se stessi. Sono
discorsi abbastanza formali e conformisti che tuttora pretendono dì
imporre la loro legge su un pensiero più vicino alla realtà
come quello che si preoccupa di differenza sessuale. Una realtà
difficile da negare!
Dunque
tu non rinunceresti alle tue posizioni, nonostante le recenti polemiche
fra posizioni rispetto all'eguaglianza e quelle che si confrontano con
la differenza?
Non so il
tutto su questo. Non posso nemmeno essere responsabile di tutte le proposte
che si fanno ormai in nome della differenza. Ma senza dubbio resterò
fedele al mio pensiero, qualsiasi siano le resistenze che incontro, qualsiasi
le violenze che patisco a causa di esso. Penso che il mio pensiero non
è ancora bene capito da certi o certe, ma anche che certi o certe
si impegnano perché sia così. È un peccato! Perché
oltre al fatto che questo pensiero è necessario per passare ad
un'altra tappa della cultura, è indispensabile per cambiare i nostri
atteggiamenti, fra l'altro amorosi, nei confronti dell'altro, di ogni
sorta di altro.
Poco tempo
fa ci ha lasciato Renzo Imbeni, con cui tu hai collaborato fra l'altro
quando era vice presidente del Parlamento Europeo. Da questo incontro
sono nati due dei tuoi libri, La democrazia comincia a due e Amo
a te. Potresti rievocare questo personaggio importante e la tua collaborazione
con lui?
La mia stima
per Renzo Imbeni è nata dalla sua capacità di mettere in
pratica le sue convinzioni senza attenersi a belle parole. Renzo Imbeni
è il solo che mi ha salutata dopo il mio intervento all'ultimo
congresso del P.C.I. Mi ha affidato la gestione delle serata dedicata
alla sua elezione al Parlamento Europeo malgrado la resistenza di persone
del suo partito, come racconto nel Prologo di Amo a te. Ha anche
accettato di lavorare insieme a me al Progetto di codice di cittadinanza
nell'ambito del Parlamento Europeo, come spiego in La democrazia comincia
a due. Un uomo di una simile onestà e convivialità,
non si incontra spesso, neppure di una simile disponibilità. Anche
qui temo che molti e molte non hanno capito bene il senso e lo scopo della
nostra relazione: dedicata a una democrazia fondata sulla differenza.
|