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Liberazione
- 30 agosto 2006
Il
caso Natascha: complicità femminile o ipocrisia maschile?
di
Lea Melandri
Dietro la
sorpresa, la delusione, il visibile disappunto, non si può non
sospettare la difesa a oltranza di quello stesso potere o privilegio maschile,
che molti vorrebbero confinare nelle sue forme estreme, abnormi,
mostruose, chiedendo che a combatterle siano le donne che
ne subiscono le conseguenze. Il mostro e la bella,
il predatore e la preda, uniti da un legame di amore e odio, attrazione
e repulsione, che li proietta fuori dalla storia, finiscono per essere
una di quelle invarianti che la società patriarcale si scrolla
ogni volta di dosso, per non dover riconoscerne la matrice al proprio
interno, e assumersene in qualche modo la responsabilità.
Rientra in questo tentativo di stornamento anche la spiegazione
che Edoardo Boncinelli ha dato delle vie insospettabili della
complicità femminile. Dopo averci aperto, assieme ad
altri audaci navigatori della scienza, le strade dellimmortalità,
promesso invecchiamenti meno rapidi, rigenerazione di organi in disuso,
nascite perfette, esenti da ogni rischio, e dopo aver salutato nella lettura
del genoma umano il manuale necessario a costruire un uomo
(E. Boncinelli, G. Sciarretta, Verso limmortalità? , Cortina
2005), lascia alquanto perplessi il ritorno in campo di una natura
animale, istintuale, chiamata a supporto dellamore romantico.
Le componenti essenziali del rapporto sentimentale sarebbero,
per Boncinelli, la sessualità «finalizzata alla riproduzione»
e «un attaccamento reciproco» modellato sul legame madre-figlio,
«presente in molte specie animali» e fondamento delle «cure
parentali»: nutrimento, protezione, sicurezza. Lunica differenza,
rispetto al mondo animale, sarebbe che i «cuccioli» delluomo
restano tali molto più a lungo, tanto da contagiare ruoli, affetti,
vincoli, della coppia adulta. Dai «recessi del cuore umano»
sarebbe affiorato in Natascha, bambina e adolescente segregata da un uomo
più anziano di lei, un «barlume di istinto materno verso
il figlio discolo ma in fondo bisognoso di protezione».
Sulle radici
preistoriche di ogni amore felice, sulla beatitudine delloriginaria
fusione del figlio e della madre, Freud ha scritto pagine di innegabile
verità. Ma, guardate attraverso una soggettività femminile
capace oggi di pensieri e parole propri, si è fatto chiaro anche
limmaginario che le sostiene, il ricongiungimento armonioso che
luomo ha continuato a sognare, come riparazione a tutti gli strappi
e gli steccati che ha messo tra sé e il corpo che lha generato,
perché restasse sempre tale, aperto alle sue nostalgie di bambino,
e perché, al medesimo tempo, non potesse nuocere alla sua autonomia
di individuo.
Il determinismo
biologico, calato qui con rara pesantezza e ingenuità a fronte
di una esperienza effettivamente singolare, ma per ragioni opposte - di
maturità, saggezza, comprensione dei bisogni umani-, dovrebbe far
riflettere sulla discrepanza profonda che si è aperta tra una cultura
maschile arroccata sui suoi pregiudizi, le sue rimozioni, i suoi privilegi,
e voci femminili straordinariamente lucide, capaci di aprirsi un varco
e un ascolto pubblico, anche attraverso una semplice lettera.
E il breve scritto con cui Natascha ha voluto zittire curiosità
morbose di cronisti, giudizi affrettati e deformanti di esperti.
Nel guazzabuglio dei suoi pensieri, e nella tomba
che lha vista comunque crescere «giovane donna con un interesse
verso la cultura e la lettura», Natascha dimostra di aver conosciuto
quei tratti umani, come la pietà, lamore, la sottomissione,
la forza, la solitudine, langoscia, che molti, cresciuti allaria
aperta e nella libertà ancora stentano a considerare come bisogni
ugualmente presenti, pur nella loro contraddittorietà, nellesperienza
di ognuno.
Il discrimine
tra lamore e la violenza, che la legge disegna in modo netto, ha
linee molto più aggrovigliate quando lo si riporta allesperienza
vissuta, e, soprattutto, quando non si ha fretta di cristallizzarlo entro
schemi preconcetti e semplificatori. E lì, su quellambiguo
confine tra sentimenti opposti, che sfumano i concetti di normalità
e anormalità, innocenza e perversione, tenerezza e
rabbia. «Io ero più forte. Mi teneva in palmo di mano e ai
suoi piedi», dice Natascha, del suo sequestratore. Una metafora
che esce, è vero, dalloscurità di un crimine odioso,
ma che scopre, per così dire, lacqua calda: una
generalizzata e ancora largamente condivisa rappresentazione del rapporto
tra i sessi.
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