Libreria delle donne di Milano

il manifesto - 1 marzo 2005

Vite senza criterio
IDA DOMINIJANNI

Il sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) sta ripubblicando una serie di documenti femministi degli anni Settanta e Ottanta sull'aborto. Si tratta del femminismo che, tanto per citare il titolo del più famoso fra i documenti in questione, sull'aborto "faceva un lavoro politico diverso" da quello dei radicali e di tutto lo schieramento che rivendicava la possibilità di abortire come un semplice diritto. Il "lavoro politico diverso" consisteva nel mettere a fuoco, prima che l'atto dell'interruzione di gravidanza, la sessualità femminile e maschile e le contraddizioni che sottostanno alle gravidanze indesiderate; nell'ascoltare il racconto dell'esperienza femminile - e di nuovo: delle sue contraddizioni - sulle gravidanze non accettate e interrotte, con le relative implicazioni e conseguenze psicologiche; nel sottrarre la pratica abortiva al controllo statuale e alle norme, infatti quel femminismo dell'aborto non chiedeva la legalizzazione bensì la depenalizzazione. Ma non è tanto su quel lavoro politico che voglio tornare, quanto su una conseguenza valida anche per il dibattito di oggi sulla procreazione assistita e sulla ricerca sulle staminali che Luisa Muraro ne trae in un suo articolo Sulla vita umana, pubblicato sempre nel sito. Da quel lavoro, scrive Muraro, abbiamo tratto "un semplice criterio, e cioè che la vita umana, vita di un essere senziente ma anche parlante, arriva a questo mondo passando necessariamente attraverso l'accettazione di una donna che la accoglie, la coltiva per consegnarla al resto dell'umanità". Non siamo ancora nella sfera dei diritti-doveri, che viene dopo, precisa Muraro, e aggiunge: "Il passaggio della libera accettazione di una donna, noi lo abbiamo sentito come un criterio regolatore che esonera da domande del tipo oggi corrente e così fuorvianti, come `ma l'embrione è vita umana?'. Questo criterio vale come un principio, perché più a monte c'è altro, sì, ma non si può andare a indagfare saltando quel passaggio, pena la caduta in quella mostruosità che la cultura medico-scientifica, lasciata da sola, ha conosciuto e può tornare a conoscere".

Questo criterio - che come la stessa Muraro osserva porterebbe a regolare le questioni della procreazione assistita sulla base di una legislazione sobria e di una sapienza delle relazioni solida invece che di una legge pesante e invadente - è quello che più manca nel dibattito sul referendum sulla procreazione assistita che impazza sui giornali. Dibattito in cui le voci maschili sopravanzano largamente quelle femminili, e hanno spesso un suono rigido, anche quando lavorano dalla parte giusta, cioè contro la legge 40. Ad esempio i due editoriali di ieri della Stampa e del Corriere della sera, firmati rispettivamente da Gian Enrico Rusconi e Giovanni Sartori, argomentano efficacemente alcune ragioni per rifiutare la legge e contrastare i militanti della "difesa della Vita". Rusconi, impugnando gli ultimi risultati delle bioscienze, scrive che il processo della vita si articola in fasi diverse, che giustificano gradi di tutela diversi fra il concepito, l'embrione e il neonato, ai quali non si possono attribuire la stessa compiutezza di vita e gli stessi diritti. Sartori argomenta che la nozione di vita non è la stessa di vita umana, che la vita umana non comincia col concepoimento ma con la coscienza, che una vita futura non è la stessa cosa di una vita vivente, e che dunque i diritti dell'embrione non possono essere quiparabili a quelli dei nati, e le cellule staminali degli embrioni devono poter essere utilizzate per la cura dei viventi. Tutto condivisibile, comprese le distinzioni fra fede ragione e laicità che sorreggono i due ragionamenti. Qualcosa però manca, in un punto cruciale. Quello della mediazione fra la promessa di vita e la vita, fra l'embrione e la persona, fra il concepito e il neonato. Quella mediazione è il corpo femminile, il desiderio e le relazioni affettive e sociali che lo muovono a diventare o a non diventare portatore di un'altra vita. Senza di essa, non c'è vita e anche la più sapiente, scientifica e laica risposta al problema di quando la vita comincia resta una risposta sterile.