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Manifesto 3 Aprile 2005
Il papa
a cavallo e la campagnola
La Pulzella della chiesa militante. Il vescovo a capo del tribunale di
Rouen ha dovuto confrontarsi pubblicamente con una indomita ragazzotta
che andava a cavallo vestita da uomo. Una di quelle cose che i papi tendono
a evitare. Giovanni Paolo II non ha rappresentato un'eccezione
LUISA MURARO
Un papa è morto e un altro sarà eletto. Sarà sicuramente
uno di sesso maschile, perché la scelta si fa tra i membri del
collegio cardinalizio che sono tutti di quel sesso, e perché il
papa è una persona consacrata con un sacramento riservato agli
uomini strettamente intesi, maschili. Quest'enfasi sulla differenza sessuale
e questa preminenza del maschile, che ancora vige nella Chiesa cattolica,
non è moderna, ma è significativa, perché ci ricorda
l'avvento del patriarcato che ha estromesso le donne dai luoghi sacri
sostituendole con gli uomini. Ancora ai nostri giorni, la presenza di
chierichette durante la messa colpisce l'attenzione. Anche Giovanni Paolo
II era un uomo. È stato un uomo generoso di sé, bisogna
dire, ma prima di pensare a lui personalmente, c'è una domanda
che voglio porre: chi è, che cos'è un papa? La risposta
la ricaverò da un contesto molto speciale, il processo di condanna
di Giovanna d'Arco, perché, senza tante disquisizioni, fa capire
chi-che cosa sia un papa. I fatti sono noti, siamo a Rouen nel 1431, il
tribunale ecclesiastico, presieduto dal vescovo Pierre Cauchon, cerca
di salvare la sua dignità e, al tempo stesso, di compiacere gli
inglesi che volevano una condanna a morte, ma Giovanna, una campagnola
appena diciassettenne, con stupefacente bravura non cade nelle trappole
teologiche. «Io amo la Chiesa», risponde ad un certo punto,
e poi, a una domanda successiva, «mi rimetto al Signore».
Non ti rimetti all'autorità della Chiesa? le chiede il giudice.
Al che lei protesta: «che Dio e la Chiesa siano una cosa sola, mi
sembra chiaro». Ecco il varco per un'altra trappola! Il giudice
le spiega che le cose non sono così semplici: se parliamo di Chiesta
trionfante o celeste, formata da Dio con gli angeli, i santi e le anime
salvate, è vero, ma c'è la Chiesa militante costituita dal
papa, dai cardinali, dal clero, dai buoni cattolici e assistita dalla
Spirito santo. Da lì in avanti, la domanda del giudice diventerà:
Giovanna, ti sottometti alla Chiesa militante?
Ed ecco chi
è il papa: il capo della Chiesa militante. (Detto tra parentesi,
nella Chiesa celeste il titolo vale zero, perché lassù vale
solo l'amore di Dio e del prossimo.) Comunque sia, bisogna dire che quando
era su questa terra Karol Wojtyla quel titolo lo ha portato molto bene,
aveva le physique du rôle, uno sguardo fiero, una voce inflessibile,
un portamento vivace e combattivo che la malattia ha completamente cambiato
senza privarlo dell'impronta militante o militare, quella dei grandi invalidi
di guerra d'un tempo. E, soprattutto, era sempre impegnato a combattere,
dalle battaglie per assicurare alla sua persona e alla sua chiesa una
costante presenza nei mezzi di comunicazione di massa, a quelle per far
valere la dottrina cattolica nel mondo. Forse, nel suo slancio, ha combattuto
qualche battaglia di troppo, penso in particolare alla politica vaticana
nella Jugoslavia che andava in pezzi. Ma possiamo giudicarlo un infortunio,
largamente compensato dal suo impegno per la pace. Da ricordare non c'è
solo la condanna della guerra dell'Iraq, ma anche la netta presa di posizione,
ahimè quanto poco ascoltata, contro l'intervento armato della Nato
in Serbia. D'altra parte, la «chiesa militante» conosce anche
errori, eccessi, deviazioni, sconfitte ... Non si tratta certo di una
passeggiata in carrozza. Semmai, per questo papa, è stata una cavalcata.
(Anche Giovanna è andata a cavallo, durante alcuni mesi della sua
breve esistenza.) Quella del papa defunto è stata una lunghissima
cavalcata, di quelle che spaccano la schiena, lo dice anche il sottotitolo
del suo ultimo libro, Memoria e identità. Conversazioni a cavallo
dei millenni (Rizzoli 2005). Che posizione scomoda.
La questione
che vorrei sollevare è però diversa da un giudizio storico.
Ho parlato di trappole: nella distinzione fatta dal giudice ecclesiastico
a Giovanna, fra la chiesa in cielo e quella sulla terra, la trappola consisteva
nel costringerla a separare e quasi a contrapporre quello che nella sua
esperienza e nel suo sentimento non aveva soluzione di continuità,
gli angeli infatti venivano a indicarle il da farsi e, ormai chiusa in
prigione, c'erano due sante, Caterina e Margherita, che le facevano visita
ogni giorno. La separazione tra cielo e terra la mette in difficoltà,
ma non cade nella trappola del ribellismo scismatico. Al giudice che martella
sulla sottomissione alla Chiesa militante, risponde «Io credo nella
Chiesa di quaggiù, ma le mie azioni e le mie parole le sottopongo
a Dio che me le ha ispirate». E quando lui incalza: «Vuoi
forse dire che non hai giudici in terra, nemmeno il Nostro Santo Padre?»
lei gli risponde: «Conducetemi da lui e gli risponderò».
L'insegnamento
della santa è chiaro. La definizione data sopra, capo della Chiesa
militante, non basta, bisogna anche che questo capo sia uno dal quale
si possa andare a parlare, uno che esercita la sua autorità senza
prendere il posto che è di Dio nel cuore umano, bisogna che il
suo potere non entri in conflitto con l'ispirazione divina, perché
anche Dio, qualche volta, chissà, può voler dire la sua
(non dico «comandare») senza interposta persona.
Che cosa
dire di Giovanni Paolo II da questo punto di vista? La risposta non mi
sembra facile. Quando viveva in Polonia, scriveva poesie. In una, che
cita nell'ultimo libro, si parla della libertà con parole che io
condivido: «La libertà - una continua conquista! Non può
essere soltanto un possesso! Viene come un dono, ma si conserva mediante
la lotta». L'autore, però, intende la lotta per salvaguardare
la cultura nazionale (Pensando patria è il titolo della poesia),
il luogo della lotta essendo la storia, che è un'idea interessante,
ma la lotta che ci fa liberi prosegue ad un altro livello, più
interessante, quello della trasformazione di sé. Va detto che sullo
sfondo del suo discorso il papa mette una figura escatologica, la patria
celeste, che però tende a restare là, sullo sfondo. Sto
pensando al racconto che lui fa di un convegno di teologi dell'Europa
orientale. La loro, spiega, è più che teologia nel senso
occidentale, è anche testimonianza di ciò che significa
sentirsi nelle mani di Dio. E questo, aggiunge sorprendentemente, crea
«una seria difficoltà» in quanto i loro documenti «sconfinano
spesso nell'ambito dell'inesprimibile». Sono parole che giustifichiamo
se dette da uno scienziato. Si capisce che a dettarle al papa era la preoccupazione
di chi ha bisogno di parole chiare perché deve guidare e istruire,
e non pensa al suo bisogno di essere guidato e istruito. Insomma, senza
ombra di dubbio, quella che sentiamo è la voce del capo della chiesa
militante. La sentiamo risuonare anche nel breve capitolo sul rapporto
della Chiesa con lo Stato. Io non sono illuminista e sono critica verso
la modernità, per cui seguo il papa polacco quando, a proposito
della cultura del secolo XX, parla di una grande devastazione morale e
spirituale. Ricordate i commenti degli europei superstiti del maremoto
asiatico, pieni di ammirazione per la generosità e la serenità
di quelle popolazioni così duramente colpite... facevano il confronto
con la nostra miseria mentale e il nostro egoismo sociale, senza nemmeno
sospettare che anche noi in passato eravamo come quelli là. Ma
quando egli parla della risposta, quello che riesce a dire è la
sua preoccupazione perché i credenti sono poco combattivi e non
fanno valere i propri diritti in ambito religioso, con i mezzi democratici
disponibili. Che risposta è mai questa, se è vero, com'è
vero, che la miseria spirituale della nostra civiltà colpisce anche
i credenti? E facilmente li trasforma in fanatici settari o in ipocriti
opportunisti. Farei torto all'autore di quelle righe facendogli dire che
la mobilitazione democratica dei credenti è una risposta sufficiente,
tanto più che Giovanni Paolo II non ignora che la democrazia ha
dei limiti. Hitler - il suo esempio preferito - è stato eletto
democraticamente. Voglio solo dire che a leggerlo, ad ascoltarlo, quello
che si sente parlare è l'uomo a cavallo, il capo della chiesa militante,
non si sente la voce dell'uomo disposto ad ascoltare la giovane contadina
visionaria di Domrémy. Lui, più di tanti altri, aveva modo
di sapere che sulla scena della storia succede spesso che la lotta tra
il bene e il male diventa un teatro in cui quello che prevale è
la messa in scena che occulta la sopraffazione e inganna le persone semplici.
Karol Wojtyla da giovane, come noto, fece anche l'attore. Continuò
a farlo tutta la sua vita, io dico, anzi dovette, e l'ha fatto bene, secondo
me, bene nel senso buono della parola, mostrando quello che voleva mostrare,
è ovvio, ma lasciando vedere il resto. Si è esposto al giudizio
umano come uno che non pensava soprattutto a sé ma al suo compito.
Anche lui, per finire, è riuscito a morire. Cosa comunissima, d'accordo,
ma non per questo meno grande, come insegna la poetessa Emily Dickinson,
un vero exploit mistico.
Siccome adesso
si volta pagina, con una dose di presunzione che non mi manca, vorrei
qui aggiungere in finale un'osservazione polemica nei confronti del papa
defunto, che potrebbe tornare buona a qualcuno. Il vescovo a capo del
tribunale di Rouen ha dovuto confrontarsi pubblicamente con una donna
della chiesa militante, una indomabile ragazzotta che andava a cavallo
vestita come un uomo. Questa è una di quelle cose che i papi tendono
ad evitare. Giovanni Paolo II non ha rappresentato un'eccezione. Gli piaceva
fare riferimenti all'autorità femminile, ma sempre e solo autorità
di donne della chiesa trionfante, Maria Vergine, in primissimo luogo,
e poi altre, Edith Stein o, nel libro citato sopra, santa Faustina Kowalska.
Troppo facile. La distinzione fra la chiesa di lassù e quella di
quaggiù, che non è da buttare, non è stata fatta
per imbrogliare la mente delle persone semplici, ovviamente, né
per favorire il patriarcato. Mi hanno insegnato che è stata fatta
per confondere la logica di questo mondo.
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