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il manifesto
- 7 luglio 2004
Cara Redazione del sito,
ricordare cosa sia successo solo pochi mesi fa a Milano è sempre
più difficile con la gran quantità di notizie tremende che
ci arrivano da tutto il mondo.
E più difficile ancora andare a ritrovare le emozioni e i sentimenti
che, insieme ai ragionamenti, ognuna/o di noi a provato/fatto nei giorni
degli scioperi “selvaggi” dei tranvieri; forse gli unici ricordi
vivi che mi restano sono quello di lunghe camminate e il pensiero che
“hanno fatto bene, nonostante tutto hanno ragione loro”.
L’articolo che vi propongo mi è servito per questa “rimemorazione”.
La solidarietà, che spontaneamente, anche con forti contraddizioni,
si è creata tra uomini e donne di Milano e personale ATM è
un processo che non si è interrotto con la conclusione della vertenza.
Anzi mi sembra uno dei frutti più belli di quella lotta “selvaggia”.
Forse l’ammissione del giornalista di “non averci capito nulla
di quello che stava succedendo potrà permettere di sperimentare,
nella pratica, altre forma di stare con diverse dal passato e più
relazionali.
Chissà…io almeno lo spero!
Umberto
Varischio
E Milano
la fredda scoprì di amare quei «selvaggi».
La strana solidarietà dei meneghini a chi si ferma. Pochi l'hanno
capita, nessuno l'ha intercettata
di Luca Fazio
«II tranvieri sono dei bastardi». Il primo dicembre 2003 bisognava
tapparsi le orecchie per resistere alla tentazione di assaltare i depositi
dei tram. La televisione istigava la «sacrosanta rabbia popolare»,
intervistando un esercito di anziane signore inferocite che proprio quella
mattina dovevano correre in ospedale. Lo sciopero «selvaggio»
dei tranvieri milanesi, uno dei momenti più straordinari di lotta
sociale degli ultimi anni a Milano, aveva «messo in ginocchio la
città». E anche chi di solito sostiene sempre le ragioni
dei lavoratori - il manifesto compreso - quella mattina non capì
proprio nulla di ciò che stava accadendo. Eppure la strada, non
inquadrata dalle telecamere, raccontava già tutta un'altra storia.
I milanesi
erano con i tranvieri. Non è una statistica, ma lo erano più
o meno tutti. Non si spiega altrimenti come la città abbia potuto
sopportare con tanta pazienza diversi giorni di blocco totale a sorpresa
della circolazione. Organizzarsi per andare al lavoro senza mezzi, e senza
lamentarsi, era un modo per partecipare indirettamente a una lotta semplice
e condivisa da tutti: «Siamo in tanti a guadagnare mille euro al
mese, fate bene a scioperare voi che potete bloccare la città»,
ripetevano in molti.
E tra uno
sciopero e l'altro (la protesta è andata avanti fino gennaio),
era improvvisamente venuto meno il divieto di parlare al conducente: «Bravi».
Era successo che a Milano, dopo anni di silenzio, i cittadini più
o meno consapevolmente avevano colto l'opportunità di esprimere
un malessere diffuso e rivendicare condizioni di lavoro e salari dignitosi.
Eppure, chi
di mestiere dovrebbe intercettare il disagio e trasformarlo in politica,
quel tram lo ha perso. Se nelle prime ore pochi avevano capito cosa stava
succedendo, successivamente nessuna forza politica, sindacale o «disobbediente»
ha saputo intercettare quel disagio per allargare la lotta ad altre categorie.
[…]
Paradossalmente, durante quelle strane giornate quasi euforiche, mentre
molti cittadini tifavano per i tranvieri, le forze di sinistra più
organizzate, centri sociali compresi, non sono state in grado di organizzare
iniziative di appoggio, fosse anche laterali come un presidio, una manifestazione
o un semplice dibattito. Soltanto dopo, a bocce ferme, con il brutto contratto
firmato - 81 euro di aumento a livello nazionale, più 25 euro per
chi ha stipulato gli indigesti accordi locali - qualcuno ha abbozzato
riflessioni sull'occasione persa per tutti.
[…]
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