Libreria delle donne di Milano

Il manifesto 08 maggio 201

Femminile e maschile, non concordi
di Maria Teresa Carbone

«Che gli uomini e le donne siano belle». Sì, per una volta non è uno degli
infiniti refusi del «manifesto». Belle e non belli, come siamo abituati (o
forse meglio, abituate) da sempre a concordare. È questo il grido di battaglia
lanciato nei giorni scorsi da quattro associazioni francesi - «L'égalité, c'est
pas sorcier», »La ligue de l'enseignement», «Le monde selon les femmes» e
«Femmes solidaires» - per combattere contro un uso radicato e codificato dalla
grammatica, quello della prevalenza del genere maschile, laddove un aggettivo
debba essere concordato in presenza di nomi maschili e nomi femminili.
La regola, spiegano i media d'oltralpe che hanno ripreso la polemica, è stata
fissata in Francia a metà del Seicento da Dominique Bouhours, prete gesuita e
grammatico, nato nel 1628 e morto nel 1702, che l'ha giustificata affermando -
beatamente ignaro del «politically correct» ancora di là da venire - che
«quando due generi si incontrano, bisogna che il più nobile prevalga». (Lo
stesso Bouhours scrisse anche: «Di tutte le pronunce, la nostra è la più
naturale e la più unita. I cinesi e quasi tutti i popoli dell'Asia cantano; i
tedeschi ragliano; gli spagnoli declamano; gli italiani sospirano; gli inglesi
fischiano. Soltanto i francesi parlano nel senso proprio del termine»).
I tempi sono cambiati, natiralmente, ma la regola resta e per questo i
rappresentanti delle quattro associazioni hanno lanciato un appello proponendo
che anziché concordare sempre al maschile, si scelga un criterio detto «di
prossimità», vale a dire che l'aggettivo sia maschile o femminile in base al
nome che gli sta vicino. Già un migliaio di firme si sono aggiunte in fondo
alla petizione, che come accade spesso in questi casi ha attirato anche le
critiche di chi pensa che polemiche simili siano «futili e stupide». Ma ne
siamo proprio sicuri, anzi sicure? Tra i commenti ce n'è uno che vale la pena
riportare per intero: «Questa regola di grammatica imparata fin dall'infanzia
sui banchi di scuola modella un mondo di rappresentazioni nel quale il maschile
è considerato come superiore al femminile». C'è qualcuno, o qualcuna, che può
negare che sia così?